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7 SU SETTE - Mitizziamo i criminali? Certo, in mancanza di meglio...

Creato il 24 ottobre 2010 da Calcisulcalcio
7 SU SETTE - Mitizziamo i criminali? Certo, in mancanza di meglio...Non è una battuta e, anche se lo fosse, c’è poco da ridere. Già non avevo digerito più di tanto la mitizzazione che giovani e meno giovano avevano attuato riguardo le figure del “Libanese”, “Freddo”, “Dandy” e di tutta la “Banda della Magliana” arrivata a tal punto che ovunque andavo, alti o bassi borghi che si voglia, toccando l’argomento era sempre presente qualcuno che millantava “Mio padre (o zio, cugino, amico ecc…) faceva parte di… Aveva a che fare con…” e via discorrendo. Quando poi, oggi stesso, ho appreso la notizia che al così popolare terzetto della periferia romana è stata addirittura dedicata in questi giorni una compilation a firma di molti noti cantanti e gruppi musicali, con pezzi inediti dai titoli molto eloquenti riguardo la suddetta mitizzazione tipo “Il sangue è Freddo” oppure “Il re Libano” (o Libano il re, o il re Libanese, non mi sovviene) devo dire che qualcosa ha cominciato a girarmi molto velocemente, e vi assicuro che non era la testa. Passato lo sconcerto momentaneo, però, devo dire che un senso, seppur macabro o paradossale, alla trasformazione da sanguinari assassini a miti del passato l’ho trovato. Anzi, ne ho trovati addirittura due. Il primo, abbastanza semplice, è che quando un film o una serie televisiva ottiene un successo pari a quello di Romanzo Criminale, il significato trasmesso o le interpretazioni fuorvianti che tale significato genera suo malgrado perdono di importanza, di fronte ad interessi di altro tipo. A chi interessa infatti, se adolescenti ancora non pienamente consapevoli di se stessi prendono a modello spacciatori ed assassini, raccontati più o meno cavallerescamente, quando l’indice di ascolto arriva alle stelle? E non mi si venga a dire che la serie è stata censurata proprio per paura di comportamenti emulativi dei giovani, perché ha soltanto cambiato rete (o orario) e io stesso la seguo ancora spesso. Il secondo, invece, non mi vergogno di dire che non sembra troppo strano neanche a me. Personaggi come quelli citati, infatti, potrebbero risultare abominevoli in contesti di legalità e correttezza, o in presenza di tali valori morali da giudicare fuori da ogni limite umano i loro comportamenti. Condizioni piuttosto difficili da trovare in una società in cui centinaia di persone si lasciano morire, con la scusa che non sono stati dimostrati collegamenti scientifici tra la causa e l’effetto, pur di risparmiare sullo smaltimento dei rifiuti radioattivi. O in cui i governanti hanno spesso meno scrupoli dei rapinatori e si confezionano leggi per favorire chi è in torto. Per concludere, dove il fine giustifica sempre e comunque i mezzi. Idiozie? Non credo, se non fosse altro per l’ormai dato di fatto che lo stesso Stato Italiano, quando ne ha avuto bisogno, non ha avuto remore nel servirsi dei signori di cui stiamo parlando, sorvolando sui loro delitti in ragione dei suoi interessi. Cosa ha a che vedere tutto questo con il punto dal quale siamo partiti? Mi sembra facile… In una società dove i delinquenti peggiori vestono colletti inamidati e stanno ben comodi sulle poltrone del potere, facendo il bello e il cattivo tempo senza rischiare mai in prima persona, per forza di cose il bandito vecchio stampo, malvagio, assassino o ladro che sia, che però ha la coerenza di esserlo fino in fondo senza nascondersi dietro cavilli burocratici e via dicendo, che conduce una vita dedita al crimine perché lo riconosce come l’unica strada alla speranza di una vita migliore, assume un aspetto quasi cavalleresco, di chi oppone all’ingiustizia, all’ipocrisia, al marcio della società l’unica arma di cui non può essere privato dalla società stessa, la violenza. Quindi, mitizziamo i banditi, o semplicemente pendiamo dalla parte dell’abominio più coerente?
di Andrea Mariani

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