Pubblicato da fabrizio centofanti su novembre 28, 2011
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El Pueblo de la Iglesia de Nuestra Señora la Reina de Los Angeles de Porciúncola. Gli angeli, Los Angeles, LA, un bel nome, forse non c’è modo migliore per chiamare una città.
La luna: me la ricordo in mezzo ai rami che parevano un merletto, un pezzo pregiato di biancheria intima steso contro il cielo.
Il mare era un panno azzurro ondulato, su cui galleggiavano materassini e bagnanti di ogni età.
Difficile dire quali fossero le cause: la povertà, il degrado; la criminalità cresceva a vista d’occhio.
Le nuvole scorrevano come il fumo di una sigaretta – ho ripreso dopo vent’anni: lo stress, il bisogno di fermarsi un attimo, nel caos.
Il tramonto è una striscia gialla che divide dalla notte, una pepita d’oro scivolata dalle mani di un Dio che preferisce i versi alla ricchezza.
Così, da un giorno all’altro, si scatenò l’inferno: strano a dirsi, nella Città degli Angeli.
Fuma, la luna, se ne infischia della sua salute, tanto, un giro vale l’altro e l’universo è pieno di pianeti con il fegato a pezzi, col sistema nervoso logorato.
Il tramonto: chi l’ha inventato? Dio doveva essere ragazzo quando pensò a una cosa così bella, doveva essersi preso una cotta importante o forse era solo la prima sigaretta.
Si sentiva il crepitare dei mitra e dei fucili, la città era in fiamme come un calzino rovesciato, come il viso di una donna che è stata colta in fallo.
L’auto procede lenta, in mezzo al traffico: ti chiedi se la gente chiusa nelle scatole a motore la pensi come te, se avverta qualcosa che manca a questa storia che si chiama vita.
Il mare, adesso, è una strada grigia che porta dall’altro lato dei sogni – sai, dove i desideri si avverano, dove se immagini una cosa la stai già sperimentando.
La Città degli Angeli era un tappeto di fuoco venduto a metà prezzo al cliente dalla pelle bianca.
Di che colore è la guerra? A volte sembra azzurra, a volte nera, come il mantello della morte.
No, la strada grigia conduce dritta al sole, che ora si pettina i raggi con le mani di idrogeno ed elio.
Hanno chiamato diecimila soldati e piazzato le mitragliatrici in ogni angolo strategico, nella Città degli Angeli, dove ora volano solo le urla e le pallottole.
Ma la guerra è la scia bianca delle bombe, il beige degli zaini e il color carne della carne dei soldati, imbottiti di eroina.
Ti chiedi quale sia il desiderio più profondo: ho pensato che il sole abitasse dentro me, m’invadesse coi raggi di luce purissima per riscaldare le mie notti brevi, tra una chiamata in ospedale e una sirena della polizia; è possibile sognare un sogno simile, è possibile vivere, amore, provare per un solo istante quella che chiamano felicità? Solo tu puoi dirlo: di che colore è la sconfitta, qual è il sapore della rassegnazione disperata?
Tutto questo per l’arresto di un ubriaco, un angelo perduto nell’inferno di Los Angeles; o forse la disoccupazione dilagante, gli stipendi da fame, la mancanza d’istruzione.
La guerra è una città piena di polvere, un incendio di speranze, ridotte in cenere dalla contraerea dell’avidità, dalle cluster bombs dell’arroganza.