da qui
- Come sta, signor Leopoldo?
Il dottor Peltre sorride sotto i baffi: non sembra preoccupato per la situazione clinica del suo paziente.
- Discretamente. Può dirmi come sono finito in questa stanza?
- E’ una storia lunga: non so se riuscirò a ricostruirla. Un uomo con soprabito beige e scoppola scura, da cui usciva una ciocca di capelli biondi e spettinati, si è presentato in accettazione con un alito pesante da alcolista. Gli impiegati hanno cercato di farlo allontanare, ma lui insisteva sulla necessità di soccorrere un turista svenuto presso la piramide del Louvre. Alla richiesta di maggiori dettagli sull’identità del malcapitato, l’uomo ha cominciato a delirare, raccontando la storia di un personaggio letterario che starebbe tentando di risollevare le sorti del romanzo, dato per defunto da fonti autorevoli nel campo. All’inizio ci sarebbero state apparizioni di scrittori del passato – Kafka, Joice, Mann, Musil, Dostoevskij – che avrebbero dato pareri e consigli su come evitare l’estinzione. Poi sarebbero entrate in ballo le scuole di scrittura: la Ricco Barocco, la Bottega di scrittura di Giulio da Padova, con il loro interesse a perpetuare un desiderio, forse un’illusione: quella di moltiplicare gli scrittori (naturalmente a pagamento), per sopperire all’assenza di scritti, in base a un’ipotesi statistica. Il tema finanziario avrebbe scatenato rivalità feroci, sfociate in una guerra vera e propria con spargimento di sangue, oltre che d’inchiostro: a farne le spese sarebbe stato lo scrittore Beppe Geenna, trucidato insieme con i suoi cammelli, impermanenti come lui. La storia si complica per la presenza di un prete di periferia, don Faber, il quale, coltivando nelle ore notturne il suo interesse per la letteratura, scopre la trama tessuta da personaggi pronti a ricavare il massimo dalla decadenza di una società di automi e teledipendenti, suggestionati al punto da ritenersi geni potenziali, per cui qualunque porcheria partorissero sarebbe degna di pubblicazione (naturalmente a peso d’oro). Don Faber comincia a scrivere un romanzo a puntate per denunciare il meccanismo, nel tentativo di ridare al genere la dignità di opere quali Delitto e castigo, l’Ulisse, Il processo, La montagna incantata, L’uomo senza qualità. L’impresa crea un contraccolpo nelle scuole di scrittura, spinte ad allearsi contro il nemico che potrebbe metterne in pericolo il fondamento e l’esistenza, arrivando a prezzolare un sicario effettivamente presentatosi nella parrocchia del prete, minacciandolo di morte. Ma proprio mentre quello è sul punto di sparare, don Faber attacca una delle sue orazioni fulminanti, per cui l’uomo armato sorprendentemente si converte. L’intervento maldestro di un alcolista, in difesa del suo amico sacerdote, fa partire un colpo accidentale, finito nello stomaco del povero don Faber. Tutto ciò avrebbe lacerato la struttura del romanzo, precipitato nel caos i personaggi principali, tra i quali – se questa ricostruzione fosse vera – ci sarebbe lei. Ovviamente non credo a una parola di quelle pronunciate dall’uomo alcolizzato col soprabito beige, che del resto è sparito non appena i soccorsi sono giunti presso la piramide del Louvre, trasportando lei in gran fretta al pronto soccorso per le prime cure e trasferendola poi in un reparto disponibile, per l’appunto il mio. Ora, naturalmente, mi aspetto una versione più plausibile: sono tutt’orecchi.