Un gioco di numeri, un scambio di parole. Figure e elementi che ricorrono e si mescolano insieme per dar vista ad una nuova esperienza visiva, sensoriale e cinematografica. Il ritorno sulla scena di Quentin Tarantino è all’insegna dell’otto: otto come gli odiosi protagonisti del suo impenetrabile western, otto come le pellicole dal lui realizzate. Una cifra emblematica e significativa che, con grande probabilità, è destinata a fermarsi (secondo la stessa ammissione del filmmaker), ma non ad arrestare la fama e la gloria delle sue straordinarie opere nell’olimpo della settima arte.
Cinema e passione, devozione e ossessione, il genio di Knoxville ha costruito la sua carriera partendo da una solida inclinazione e un acuto fanatismo ‘culturale’ per le pellicole di genere che imperversavano durante il trentennio 60-80 nel nostro Paese.
Quentin Tarantino: le maître des colts
© Manuel Lagos Cid
Dal western al poliziottesco, passando per il thrilling (o giallo) e l’horror, con un occhio attento alle numerose commedie sexy prodotte in Italia, il passo verso la concezione di uno stile inedito, fatto di forme espressive, linguaggi versatili, esplorazioni tecniche e commistioni narrative, è stata la chiave vincente che ha condotto alla popolarità l’eclettico Quentin Tarantino, un regista stimato e apprezzato a livello internazionale, tra i più imprevedibili e influenti dell’era contemporanea.
L’approccio fortemente conservatore è basato su una logica tanto semplice quanto complessa: preservare la tradizione e i suoi infiniti percorsi, rivalutandola e rispolverando, attraverso riferimenti e citazioni, quei filoni e cicli leggendari che con il trascorrere degli anni si sono lentamente eclissati in termini produttivi.
Embed from Getty Images Questo contenuto è bloccato fino all'accettazione della privacy e cookie policyElaborare i principi e le virtù del cinema d’exploitation, osservando le vie creative di quello di genere italiano e della nouvelle vague francese, o ancora di quello progressista orientale e delle avanguardie estreme (splatter e slasher), ha permesso a Tarantino di delineare una propria visione autentica e innovativa capace di mescolare autorialità e intrattenimento in unica soluzione interpretativa. Sceneggiature eccentriche, attori brillanti e storie anticonvenzionali alla base del successo e di film che in breve tempo sono diventati cult indiscussi e opere idolatrate dai cinefili più esigenti. “Una lunga fila di croci” per parafrasare il titolo di un lungometraggio di Sergio Garrone tanto amato dal regista: ecco che il cinema ha accolto una sequela di gioielli d’estetica quali Le Iene, Pulp Fiction, Jackie Brown, Kill Bill vol. 1 e 2, Bastardi Senza Gloria, Django Unchained e infine The Hateful Eight, senza tener conto delle opere corali firmate insieme all’amico e discepolo Robert Rodriguez (Four Rooms, Sin City, Grindhouse) e al primo incompiuto esperimento del 1987 intitolato My Best Friend’s Birthday.
Embed from Getty Images Questo contenuto è bloccato fino all'accettazione della privacy e cookie policyInsignito pochi giorni fa con la prestigiosa stella sulla Walk of Fame, il camminamento delle grandi celebrità hollywoodiane dello spettacolo, Tarantino ha debuttato a Natale (in Italia in arrivo a febbraio 2016) con la sua ottava fatica che, a giudizio della stampa americana e di un folto gruppo di colleghi, si preannuncia un capolavoro di complessità e particolarità sistematiche mai viste sino ad ora.
Lo schema e il tessuto narrativo di The Hateful Eight sembrano mescolare le atmosfere claustrofobiche e innevate de Il Grande Silenzio di Sergio Corbucci e la dimensione ermetica di Prega il Morto e Ammazza il Vivo di Joseph Warren, alias Giuseppe Vari, per dare vita un film che attinge alle consuetudini classiche del filone e ne esalta fieramente lo stile di Tarantino. Il lungometraggio, musicato dal maestro Ennio Morricone, è stato scritto e girato nel glorioso formato Ultra-Panavision 70 mm e vanta la presenza di grandi star del calibro di Kurt Russell, Demian Bichir, Tim Roth, Michael Madsen, Jason Leigh, Emmy Walton Goggins, Bruce Dern, Channing Tatum e del fedelissimo Samuel L. Jackson, un cast davvero formidabile rapportato alle proporzioni di un progetto che ha tutta l’intenzione di lasciare il segno e ricondurre ai fasti di un tempo il genere più prolifico e affascinante della storia del cinema: il western.
Embed from Getty Images Questo contenuto è bloccato fino all'accettazione della privacy e cookie policyA dimostrazione del grande attaccamento e del rigore quasi maniacale, sotto ogni punto di vista, il regista premio Oscar ha voluto fortemente utilizzare il caro e vecchio supporto in pellicola, la stessa materia usata dai demiurghi italici, per donare quell’effetto epico e spettacolare che solo le grandi epopee del passato riuscivano a creare e che ora vivranno di nuovo grazie al magistrale operato di un fervo e animato sostenitore, un artista poliedrico e fenomenale nonché maestro del ‘pulp cinematografico’ il cui nome è Quentin Tarantino.
Andrea Rurali
Articolo anche su CineAvatar.it