La Fiom: “Ci volete schiavi, ci avrete ribelli”.
Va bene, ma prima finite quella piramide.
(da www.spinoza.it)
Finché nel telegiornale della sera, il 30 aprile 3099, come una bomba atomica, arrivò la notizia che ormai da tempo si sussurrava negli ambienti politici e che nessuno osava ripetere ad alta voce: le riserve di omicron vulcanico della Tritzinia erano finite. The end. Kaputt. Game over.
I Giovani, sia quelli che stavano smanettando con i loro Silliboy©, sia quelli che stavano facendo fare il ruttino ai bimbi, aprirono le orecchie e spalancarono gli occhi.
Il giorno dopo, le multinazionali straniere ritirarono i loro capitali dalle banche tritziniane, i titoli di Stato nazionali crollarono e i giornali non uscirono. Per strada, una strana atmosfera e un silenzio sospeso dominavano tram, autobus e stazioni della metropolitana. La gente si scrutava con un misto di diffidenza, paura e sospetto.
Con cosa sarebbero stati pagati gli stipendi, adesso? E le pensioni?
In quella folla c’era Aimirs Zallan, che ancora lavorava per un laboratorio di ricerca scientifica con un contratto a progetto, nell’attesa – forse – che sua madre andasse in pensione e gli cedesse il posto da impiegata delle ferrovie.
Mentre saliva sul metro, Aimirs ebbe l’impressione che i Giovani presenti nella carrozza si guardassero con aria cospiratoria e lo additassero. Notò che nessuno di loro stava smanettando con il Silliboy© come di solito in metropolitana. E anche che un paio di signori sulla cinquantina, vestiti da tennis, lo guardavano male. No, si disse, sei il solito paranoico.
Ma quando scese a Fullakin Central, nell’ombra di un androne, un braccio d’acciaio lo bloccò:
- Seguimi senza opporre resistenza, Zallan.
Due tizi in jeans e giacca a vento, i visi nascosti dai cappucci delle felpe, lo spinsero fino a un salone di barbiere, la cui serranda fu tirata giù all’istante da altre mani. Passarono nel retrobottega: Aimirs si ritrovò in una stanza piccola e semibuia con altre quattro persone che non poteva vedere in faccia.
- Parola d’ordine, disse una voce cavernosa.
- Bamboccione, rispose secco il suo accompagnatore.
- Ma, ma... ma cos’è, uno scherzo? Jinn, Aruoz, siete voi? Va be’ che siete disoccupati, ma...
- Noi siamo l’Esercito di Liberazione della Gioventù. Ti abbiamo scelto tra mille per arruolarti tra noi.
- Sì, sentite, mi fa piacere, ma io stavo giusto andando al lavoro. Se il capo non mi vede, mi detrarrà una giornata di paga, e io ho moglie e due figli piccoli, non me lo posso permettere.
I sedicenti liberatori lo fissarono, disgustati.
- Sei uno schifoso CoCoPro?
- Purtroppo sì, ma mi hanno promesso che forse, se lecco i piedi giusti, l’anno pros...
- Allora non hai nulla da perdere a unirti a noi. Ma molto se non lo fai.
Uno dei tizi in ombra gli si parò davanti, gli mise le mani sulle spalle e gli si rivolse con voce accorata: - Vieni con noi, Aimirs! Quando tornerai, la tua famiglia ti sarà grata, più che se ti fossi prostituito per due scudi al mese.
In quel momento Aimirs riuscì a vederci abbastanza da riconoscerlo: - Eon De Vries!, esclamò. – Noi due eravamo nello stesso corso a Scienza delle Merendine! Eri il primo, al seminario sulla Girella!
- Sì, - fece l’altro imbarazzato. – In effetti mi ricordo di te.
- Non dovrete più vergognarvi, d’ora in poi, - disse una voce femminile molto sicura di sé. – Uccideremo i nemici dei giovani che ci opprimono e libereremo questo Paese da tutta la spazzatura che lo soffoca.
- Io non ho mai ucciso neanche un ragnetto, sussurrò Aimirs.
- Imparerai, smidollato.
[CONTINUA NELLA PROSSIMA PUNTATA]