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Un giorno mia madre mi disse:
"Vai figlia e fa' la poeta"
Presi la strada e prima d'andare
guardai la casa lasciata alle spalle.
Le finestre chiuse, la porta dura
sbatteva ormai al vento impetuoso.
Avevo lasciato e in un attimo
dimenticavo già i loro nomi:
casa, madre, padre, fratello, soror.
Nessuno era al di là della porta.
Il sole era davanti, forte batteva
sulla fronte ampio lo spazio.
Mi parve di vedere un fiume,
lo seguii, pensando che quella
fosse la strada per diventare poeta.
Trovai un mendicante, mi disse:
"Qui con me non dovrai temere stagioni,
l'inverno seguirà l'autunno e presto
la primavera arriverà e non casa
ma letto sarà erba fresca del mattino.
Costruì una prigione, nell'inganno.
Alle pareti vidi appesi i quadri
della mia vita: immagini spezzate
nel mio velo bianco, il sorriso di un figlio,
di un altro e di un altro ancora.
Aveva alte pareti, né cielo, né erba.
Latte nei denti dei miei figli,
aprivano parole dal cuore.
Gli anni trascorsero uguali
segnati da veloci piccoli passi.
Un giorno un figlio mi disse: "Madre,
sai dove mi porterà questa vita?"
"Figlio", risposi, "i poeti non sanno,
non hanno ricordi, non lasciano.
Trovano. Va' figlio e fai il poeta."
Mio figlio partì, e poi un altro
e un altro ancora. Non chiusi la porta.
La casa attraversava il vento impetuoso.