8 marzo

Creato il 09 marzo 2014 da Povna @povna

Alla fine di una settimana assai complessa (che ha portato, imprevedibili, un congruo numero di revenants alla sua porta), la ‘povna arranca a scuola, sognando il pomeriggio, in anticipo sulla seconda ora di cinquanta minuti e qualche spicciolo, alle 8.09 di sabato mattina. I primi auguri glieli fanno gli alunni del cineforum, appostati sulla porta in ora libera (il bidello MiStanco, ovviamente, non si degna).
Nel bosco dei Merry Men, a seguire, se ne ricordano tutti. Ma poi son presi (per fortuna) a fare bene la verifica. E il significato della giornata passa via. L’intervallo insieme a loro, come sempre, è come un lampo. La ‘povna approda infine dalle Giovanni Marmotte: li aspettano due ore di preparazione al compito, e lei, che ha preparato un sacco di cosine belle, in realtà non vede l’ora.
Ad accoglierla è un fascio di mimose, dispiegato sulla cattedra.
“Wow!” – esclama con stupore più che esplicito. (E’ raro che i primini siano così pieni di iniziativa, al primo anno – ma la ‘povna ha imparato a maneggiare con cura la loro precoce serietà, che è tratto distintivo, ed evidente).
“A chi dobbiamo l’onore? Voi avete già ringraziato, vero bimbe?”.
“Certo prof.” – sorride Faline dal primo banco, mostrando orgogliosa il suo rametto.
“Io sono allergica” – spiega Fanny a voce altissima.
“Io sì, ma non ne ho presa niente” – aggiunge Memole più piano, mentre si impadronisce del registro. (Annie è a casa, malatina).
La ‘povna, intanto, gira la testa tutto intorno. Anche se in realtà sa già che deve guardare sulla destra. Dal suo banco insieme a Babe, Palinuro si agita sulla sedia, impercettibile. All’occhio non si vede, ma la ‘povna (già l’ha detto) riconosce certi affini.
“Sono stato io” – la voce non balbetta, ma parte sempre con quella pausa meditata, di chi sa che le parole sono armi – “sono per chi le vuole” – aggiunge con un accenno, questo sì, di evidente timidezza (come a dire: il gesto è grande, e io ancora sono piccolo, che ne so di “festa” e poi di “donne”). “Sa, la mia mamma ha un negozio di fiori, cioè, voglio dire, ci lavora” – si corregge – “e le ho chiesto se me ne poteva dare un fascio. Mi pareva un bel gesto”.
“Ti siamo tutte molto grate, Palinuro, è un gesto splendido. Anzi, adesso le fotografo, e poi vai da StoSeduta, che le mettiamo in un vasetto”. La ‘povna gli sorride, lui si rilassa. E poi si mettono di buona lena a far lezione.
Quando suona la campana delle dodici, sono tutti ancora impegnati con “destinatari” ed “emittenti”.
“Arrivederci, ragazzi, buon fine settimana, e studiate, mi raccomando!”.
“Arrivederci a lei, buon weekend professoressa”.
La ‘povna si attarda a mettere via gli strumenti tecnologici. Anche Babe e Palinuro terminano la cartella.
“Allora, se non ti dispiace, te ne prendo un rametto”.
“Certo, prof., è lì apposta. Ne ha preso uno per la sua fidanzata anche il professor Barbalbero” – Palinuro adesso è sciolto (perché non è semplice, a quattordici, pochissimi, anni, sentire il gruppo che già ti porti sulle spalle). “Anzi, ne prendo un ramettino anche io”.
“Che bel pensiero, Palinuro, hai una sorella?”.
Il sorriso timido si diffonde sul viso, piano piano, ma costante:
“Veramente pensavo alla mia mamma, prof., mi sembra se lo meriti”.
“Se lo merita sempre, hai proprio ragione, caro, vedrai, sarà contenta”.
La ‘povna corre al treno, e incontro a un pomeriggio dove l’aspetta, finalmente, un po’ di sonno, con la testa leggera e un gran sorriso.