Sentiamo tanto parlare di equità, diritti civili, egualitarismo, parità tra i sessi. Si sventolano ipotesi di leggi ad hoc contro il “femminicidio”, salvo poi riabilitare, anzi sostenere, e giustificare, modelli di incrollabile fede sessista.
E in letteratura cosa succede? La stessa cosa.
Vi sono modelli sessisti che resistono senza temere minime erosioni, e che ognuno di noi può subito mandare a mente pensando a quei percorsi che vanno, per le donne, dall’erotico spinto alla storia d’amore in costume e ritorno.
Dunque, parliamo di uguaglianza a cui tendere, o di diversità naturale? Oppure parliamo di diversità da valorizzare? Non siamo poi molto lontani dal concetto di "biodiversità". Siamo invece lontanissimi dal Genesi 2:18-25.
Che sia “gioco delle parti”, “ordine delle cose”, “dialettica”, tuttavia esistono settori, target di vendita, segmentazioni a cui obbedire. Perciò, prima di lamentare modelli imposti dall’alto, non dovremmo forse chiederci se una “ecologia dei modelli” non possa produrre qualcosa di differente?
Per tornare alla domanda di cui sopra: non è forse aberrante l’espressione “letteratura al femminile”? E non dovrebbe forse essere una donna, che tale è perché tale è nata, a rilevare per prima questa terribile stortura?
C’è una letteratura, la letteratura, ed è stata ed è maschio e femmina, uomo e donna, bianco e nero. Ed è anche tutto quello che sta tra gli estremi e contro gli estremi.
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