8 Marzo, una festa che amo

Da Pamelaferrara @PamelaFerrara


Stamattina, al supermercato, ho visto un signore anziano, che si reggeva a stento sulle stampelle, mentre attraversava le porte automatiche con incedere lento e insicuro.
L’ho poi ritrovato in fila alla cassa davanti a me: aveva acquistato solo un mazzo di mimose.

Controcorrente rispetto al pensiero comune della donna emancipata, io, la Festa della Donna, l’ho sempre amata.

Sarà perché, quando ero piccola, mio papà mi portava le mimose, ed erano gli unici fiori che ricevevo durante  l’anno.
Poteva cascare il mondo, ma l’8 marzo avevo il mio mazzolino di mimose, come una donna adulta, e desideravo che non appassissero mai.

E’ vero, la maggior parte dei discorsi su questa giornata o sono falsi (cioè non confermati dai fatti), o sanno tanto di inutile retorica, come quello del Presidente Mattarella, noioso e pedante, che sostiene che su noi donne gravi il peso maggiore della crisi (a meno che non si riferisca al fatto che dobbiamo sopportare i mariti disoccupati sempre a casa, fatico a capire cosa ci sia di diverso in periodo di crisi rispetto al solito).

I politici uomini ne approfitteranno per ostentare rispetto e stima per le donne (che non nutrono realmente), le politiche donne, tipo la Boldrini, spareranno qualche boiata femminista in stile pubblicità-progresso, come quella controproducente dello scorso anno, che pensava di poter attuare una valorizzazione della donna mostrandola come vittima del degrado (qui).

Io, di questo e di altro, me ne frego.
L’8 marzo riceverò auguri e fiori, e voglio proprio godermeli.

Anzi, no.
Quest’anno “niente fiori, ma opere di bene”.
Venite a cucinare e a farmi il bucato


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