84. Cerchi concentrici

Creato il 14 gennaio 2011 da Fabry2010

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Al tavolo del pub, Leopoldo si sente finalmente a casa. La ragazza con lo straccio gli ha fatto una gran festa: e dov’è stato, e che cosa ha combinato, e perché per tanto tempo, e lo sa che ho provato nostalgia, e poteva mandarmi almeno un telegramma. Lui si sente gratificato dalle attenzioni premurose. Si domanda come possa essersi assentato per un periodo così lungo, ma ora è qui, e ordinerà la prima birra. Non si aspetta nulla di speciale: non ha bisogno di rivelazioni, ha capito quasi tutto, almeno crede. Sta fissando Calypso: più la guarda, più le ricorda una giovane promessa dello spettacolo statunitense, come si chiama, ecco, sì, Emma Roberts.
- La sua media chiara.
Non sa quanto tempo è passato. La ragazza è tornata almeno sette volte e lui comincia a vedere come in una nebbia. Un’ombra si avvicina, fa il gesto di chiedere il permesso, sposta la sedia dirimpetto e si accomoda in posizione rilassata.
- Italo!
- Quanto tempo, Leopoldo; ti ho lasciato che sembravi un bambino sprovveduto ed eccoti qui, in pochi giorni sembri diventato vecchio.
- Ho bevuto un po’, non farci caso.
- Chissà quanto avrai da condividere.
- Sì, non so da dove cominciare. Vengo direttamente dalla Geoffroy Saint Hilaire, dovresti conoscerla, tu che hai vissuto a Parigi tanti anni. Sono sfuggito alle indagini di un certo dottor Peltre: non poteva accettare che un personaggio da romanzo se ne andasse in giro come niente fosse.
- Diceva bene, Cyrano: niente medici!
- Il fatto è che sono svenuto vicino alla Piramide del Louvre.
- Sindrome di Stendhal?
- Macché: partecipazione alle disavventure del mio autore, colpito allo stomaco da un proiettile vagante.
- Se nell’istante ti con zero…
- Non scherzare, ti prego, è ancora in fin di vita.
- E se fosse per farti prendere coscienza?
- Di cosa?
- Del fatto che la vita è movimento: chi non cambia è destinato al macero, come i libri che nessuno leggerà, ripetizioni stanche della stessa forma.
- In effetti, il momento più importante è stato il viaggio di ritorno: ho sentito che qualcosa è accaduto e niente sarebbe stato come prima.
- Cominci a capire: la scrittura ha senso solo se è disposta a rinnovarsi. Non ho fatto altro nella vita. Non ho lasciato che l’attesa del lettore guidasse la mia penna, anzi, l’ho sempre contraddetta, anche a rischio di non essere compreso. La vita è un viaggio: sull’aereo hai imparato a vedere la terra scorrere e suggerire nuovi temi, nuove verità; ma una lezione ha sempre un prezzo, e il proiettile che ha colpito don Faber è il messaggero ferreo del prezzo stabilito. C’è sempre un padre che paga per un figlio, e il figlio magari non lo sa; se la sua vita avrà successo è perché qualcuno è andato incontro a un proiettile che da qualche parte sarebbe arrivato, prima o poi.
- Leopoldo sta piangendo; una lacrima precipita nella media chiara: i cerchi concentrici generati dall’impatto hanno un potere ipnotico che lo fanno vacillare, finché sviene sul tavolo, rumorosamente. La ragazza con la faccia da Emma Roberts accorre con lo straccio, rassegnata: non è cambiato nulla, pensa fra sé e sè. Ma questa volta ha torto.



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