9 festival del film di roma: nightcrawler
Creato il 26 ottobre 2014 da Veripaccheri
Festival del film di Roma 10 giornata
Nightcrawler
di D. Girloy
USA 2014
durata, 117'
L'ennesimo assaggio di come e quanto la cosiddetta informazione può
essere volutamente manipolatrice e orgogliosamente cialtrona, l'avevamo
avuto nemmeno una settimana fa incrociando le vicende dei protagonisti
di "Gone girl" di D.Fincher. Ora, con "Nightcrawler" di D.Gilroy -
sceneggiatore passato alla regia; co-autore, tra l'altro, insieme al
fratello Tony, dello script di "The Bourne legacy" (2012) -
rischiamo una, forse, salutare indigestione, rovistando tra gli avanzi
di un più che metaforico punto-di-non-ritorno, alle propaggini del quale
comunicazione, giornalismo, arbitrio, voyeurismo, indifferenza,
cinismo, speculazione, si fondono in una massa tanto ancora indistinta
quanto già solo di primo impatto sinistra.
Los Angeles. Oggi. Louis "Lou" Bloom (sul serio una specie di fiore-pronto-a-sbocciare, della cui presenza nel variegato giardino
sociale non ci eravamo ancora accorti; strano germoglio subdolo e con
tutte le carte in regola per diventare parassitario, nel caso,
restituito dalle fattezze smagrite, il passo rigido e lo sguardo fisso e
penetrante di Jake Gyllenhaal, attore che qui ribadisce la propria
confidenza nel cambiar pelle con una certa disinvoltura), cerca
di sfangarla improvvisandosi ladro ma e' poco più di una mezza tacca: a
malapena, infatti, mette insieme rottami di rame, metallo da recinzione e
tombini che poi svende a piccole ditte sempre a caccia di materie
prime. Una notte qualunque gli si rivela il proprio destino sotto forma
di un incidente stradale e di un operatore che, telecamera in spalla,
sbircia e ruba sequenze delle operazioni di rimozione dalle lamiere. A
suo modo, per Lou, e' una rivelazione: da qui ad improvvisarsi cameraman
d'assalto o, come si dice in gergo, stringer, il passo e' breve.
Messa assieme un'attrezzatura rudimentale, munitosi di un apparecchio
sintonizzabile sulle frequenze della Polizia, analizzati e ordinati i
codici di riconoscimento dei crimini, si scapicolla sulla scena di
eventi tragici o delittuosi appena consumati (ed in una casistica così
vasta, può entrarci di tutto: dalla rapina in un supermercato, allo
scontro automobilistico; dall'omicidio allo stupro, passando per un
incendio, un'aggressione o un tentato suicidio e così via), filma il
possibile - riservando particolare preminenza ai dettagli efferati e ai
risvolti truculenti - e mette il materiale girato a disposizione di
quella rete di emittenti locali, piccole o medie, che su tali notizie impostano la quasi totalità dei loro palinsesti. All'inizio e' dura ma mosso da una personalissima filosofia aziendale che
mescola in una amalgama inedita quanto spavalda reminiscenze da
manualistica della motivazione, istinto di rivalsa e feroce
auto-conservazione, ambizione di guadagno e una qual atonia interiore di
fondo, Lou si scaltrisce e si organizza in fretta. Al suo svezzamento
concorre anche Nina/Rene Russo (per inciso, moglie di Gilroy, interprete
che sopperisce con la grinta a palesi ed annosi limiti espressivi),
spregiudicato direttore di una televisione con pochi peli sullo stomaco,
che sulle prime ne sfrutta il noviziato, quindi ne incoraggia e
puntella la mancanza di remore, al punto che Lou non si tirerà indietro
neanche quando si prospetterà l'ipotesi di mettersi di traverso ad una
pericolosa indagine dell'LAPD, con tutto ciò che ne seguirà...
Immerso nel labirinto di pastose luci notturne (a cura di R.Elswit), di frequente squarciato da macchie sciolte sui
toni del blu, del rosso e del giallo, come se l'intero spettro del
visibile (e del praticabile) fosse ricoperto della medesima laida
membrana che tutto accorpa e destina ad una ripetizione ottusa e crudele
nella sua ciclica indolenza, "Nightcrawler" svela il suo pregio più
grande - e fonte principale dell'inquietudine che secerne - nella
concentrazione senza divagazioni o, peggio, sottolineature esplicative e
moraleggianti, sulla prassi spietata e contabile di un uomo totalmente ma monodimensionalmente moderno, ossia solo, senza affetti, senza distrazioni, animato dalla nuda volontà di potenza la
quale, una volta individuato il suo campo di applicazione, su di esso
prende ad esercitarsi con qualunque mezzo, senza la minima esitazione,
fino ad imporsi/impossessarsene nella più stringente delle logiche
capitalistiche produzione-profitto-consumo-distruzione. Lou, a
dire, nel suo piccolo agisce - in un ben munito carnevale dell'assurdo
che sostanzia e sostiene quel rapporto d'interdipendenza patologica che
lega il sistema odierno di costruzione delle informazioni (e fruizione
delle immagini), sempre più teso verso la ricerca di un oltre, di preferenza estremo, a un pubblico (in rapida crescita) che di quell'oltre si
nutre avido secondo l'arcaico principio di piacere basato sulla
contemplazione compiaciuta della sofferenza altrui da una posizione di
relativa sicurezza - alla stregua della libera circolazione dei capitali
all'interno del tessuto connettivo che regola l'equilibrio e il
funzionamento delle attività umane in un contesto vergine: ossia
ne invade, in primis, per gradi ma con metodo e diffusione capillare, i
gangli, alterando i meccanismi di reciproca interazione (in origine, non
necessariamente orientati ad un fine cumulativo o ad un interesse
particolare); piega, poi, i rapporti alla sola dinamica
guadagno/perdita, diventandone arbitro indispensabile, da un lato e, di
fatto, svuotandoli di ogni peculiarità, dall'altro; per ergersi, infine,
ad ago della bilancia di qualsivoglia relazione (in tutto e per tutto
derubricabile a semplice legame di natura contrattuale) e sola unita' di
misura in rapporto alla quale argomentare su termini come valore, scelta, senso et.
Bloom, armato di telecamera e a riparo dagli scrupoli, cioè, opera -
addirittura anticipando talune mosse sulla scacchiera degli eventi o
predisponendo le circostanze su una linea che gli riservi il minimo
attrito e il massimo ricavo - su una lunghezza d'onda assai simile a
quella del principio economico dominante la modernità, quasi ne
fosse una naturale estensione, in ogni caso, per il medesimo scopo:
proliferare, espandersi, rafforzarsi. Come un virus. Come un tumore.
L'insolita variante di creatura notturna che egli e' (un nightcrawler,
un lombrico, appunto, che impassibile rimesta le frattaglie di
un'umanità devastata per trarne vantaggio), si dimostra così in grado -
al netto di una blanda consapevolezza e di una ancor più scarsa
partecipazione - di ritoccare in via ulteriore i margini di una
convivenza solo propagandisticamente stabilizzata e regolata da
presupposti e norme razionali. E se, con ogni probabilità,
all'opera di Gilroy avrebbe giovato una maggior asciuttezza per lenire
l'intermittente sensazione di programmaticita' dell'insieme, il
resoconto scabro e dal torbido fascino della perversione a cui e' giunto
l'ottimismo contagioso (e opportunista) del "nulla esiste, tutto e'
permesso" - quasi senza colpo ferire già virato in una sua nemesi ancor
più deforme e aggressiva - resta intatto e, anzi, col progredire della
vicenda, si ammanta di una sua intransigente e spaventosa inevitabilità,
tale da riaffermare che se questa e' ormai da considerarsi buona parte
della "canticchiante e danzante merda del mondo", allora sembra persino
grottesco, oltreché tardivo, votarsi alla eventualità per cui deus dementat quos vult perdere.
TFK (voto: ****)
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