La prochaine fois je viserai le cœur di Cédric Anger Francia 2014 durata, 111′
I fatti, ispirati a reali notizie di cronaca, sono ambientati in una Francia grigia e quasi asettica, come asettiche sembrano essere le dinamiche emozionali del protagonista. Evaso il tentativo thriller, ci si concentra sul dramma interiore di un uomo che vive, nell’ancor più paradossale vestire la divisa, una contraddizione logorante. Si tratta, dunque, di una messa in scena ben ragionata e che si rafforza con la regia sapiente e poco invadente di Anger. A convincere poco è l’epilogo finale, che risulta prolisso e quasi confusionario nel proprio svolgersi narrativo. Molto suggestive restano le scene oniriche dei vermi che, chiara metafora della morte, rappresentano l’unico destino possibile (per non dire un’invidiabile via di fuga).
Interessante il punto di vista misantropico che, nelle fasi iniziali, caratterizza il personaggio principale come uno Übermensch odierno, spostando la sottile linea che delimita la sanità mentale dalla psicopatia, che comunemente s’associa al profilo di un serial killer. Purtroppo, o per non tradire troppo il genere, o per non esulare troppo dai fatti di cronaca o, lo diciamo con un pizzico di malizia, per un probabile risentimento etico/morale del regista, le premesse vengono in parte tradite nell’andare a conclusione, ridimensionando le pretese e la riuscita di un film che, in ogni caso, rimane un ottimo prodotto. Certo è che dar la colpa, in maniera più volte evidente, alla mistificazione e al fraintendimento del cristianesimo, andando a minare le basi della nostra cultura (sempre in riferimento al precedente discorso sanità mentale/psicopatia), è un tocco di gran classe.
Antonio Romagnoli (voto ***1/2)