9. Una goccia

Creato il 23 marzo 2012 da Fabry2010

Pubblicato da fabrizio centofanti su marzo 23, 2012

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- A che stai pensando?
Non è possibile. Non si può stare un minuto con se stessi. Non bastano i bambini difficili, non basta Mario con gli occhioni neri e la bocca sempre chiusa, la tua incapacità a risolvere i problemi, il mondo che gira dalla parte opposta a quella del tuo cuore.
- Chi è lei, scusi?
Ha un sorriso di sbieco, come la sapesse lunga. La camicia azzurra è aperta sul petto, abbastanza da far sbucare qualche pelo.
- Anch’io mi fermo spesso, qui.
Chissà se riuscirai a trovare un altro istante di pace: questo, comunque, è rovinato. La cosa strana è che l’ovatta delle nuvole se l’è portata il vento, tutta in una volta. Ora si vede che la primavera è appena cominciata.
- Crede che sia interessato ai suoi luoghi preferiti?
Dai un’occhiata al corridoio che s’infila dentro la città, come un dito, un membro: che strane idee ti vengono. La città è una donna in cerca di marito, una puttana, forse, che ne sai? Dove starà Eleonora?
- Siamo tutti legati da qualcosa d’invisibile, come le parole del libro che leggiamo, anche controvoglia: sono un ponte che unisce i pensieri più lontani, i sentimenti chiusi in un angolo del cuore.
Sì, Eleonora è la città che vibra, freme, si eccita all’idea di ritrovarti, di chiederti una volta ancora: vuoi ballare?
- Certo che è un bel tipo. Avevo trovato un po’ di quiete, ed ecco che arriva lei a rompere le uova nel paniere.
Questa volta gli dirai che sì, vuoi ballare, che il tango ti ha sempre affascinato, mentendo spudoratamente: cos’è la verità? Non esiste qualcosa di più grande di ciò che ci divide, della pista da ballo che fino a oggi, per te,  non era che l’equivalente musicale del reparto psichiatrico?
- Dico sempre le cose come stanno. Non ci sono barriere tra la gente, siamo noi che le tiriamo su, finché non diventiamo sordi e ciechi.
Devi rintracciarla, percorrere il corridoio che ti separa dalle cosce lisce, dai capelli a caschetto che esigono carezze.
- E se volessi starmene per conto mio, lontano dai molestatori?
Il sole scende lentamente: è la testa di Eleonora che sparisce all’orizzonte.
- Ti capita mai di leggere le scritte sulla balaustra?
Sei stato stupido a lasciarla andare via: dove la trovi un’altra come lei? La sogni spesso: ieri, la scena della madre che entra nella stanza e vede la goccia di sangue sul parquet: cos’è questa? Lei diventa rossa: cosa risponde? Non riesci a ricordarlo.
- Le leggo, a volte.
E’ il naso: ogni tanto ho gli sbalzi di pressione. Che stupidaggine: ma la madre, forse, l’ha bevuta.
- Come ti chiami?
Avete ripulito in fretta, poi te ne sei andato con la testa bassa.
- Mi chiamo Dante.
Senti lo sguardo della madre: no, non l’ha bevuta.
- Io mi chiamo Fofner.