Hanno la mamma e anche il papà, ma solo come voce che educa, maldestramente, attraverso il telefono. Resta loro la nonna, nei migliori dei casi, o la zia, ma va bene anche il fratello o la sorella maggiore, se altrimenti non si può, perché i genitori sono chilometri e chilometri lontani da loro. Sono partiti per offrire loro una vita migliore. E chi li può biasimare? Certo, qualche obiezione nasce, specie quando questi – colpa della vita? – nelle nuove terre più ricche di fortuna, incontrano anime gemelle con le quali costruiscono nuove famiglie, scordando di aver lasciato dietro pezzi di se stessi. Succede pure che non tornino più per anni e anni.
Succede che quei figli crescano con l’idea che la mamma sia solo un mezzo per ottenere l’ultima tecnologia uscita sul mercato e non la figura dolce, accomodante che ti attende con il pranzo ancora caldo mentre rientri da scuola. Non è nemmeno colei che ti legge le fiabe prima che ti addormenti. Anzi, alcuni non le conoscono nemmeno, le favole; la nonna è troppo stanca dalla vita, gli occhi non reggono la lettura serale.
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Il fenomeno ha preso piede in sordina, quasi senza dare segnali, inizialmente. Ora, però, non lo si può più ignorare. C’è. Per questa ragione, associazioni come A.D.R.I. (Associazione Donne Romene in Italia), attraverso il progetto La mamma ti vuol bene, cercano di ricucire un dialogo, il primo passo per ricostruire un rapporto andato perduto. Non solo, nel suo impegno, Silvia Dumitrache, presidente dell’associazione, attira l’attenzione dell’opinione pubblica sulla questione attraverso eventi culturali, com’è il caso della proiezione del documentario Home alone e la presentazione del volume bilingue, Il villaggio senza madri (Rediviva Edizioni) di Ingrid B. Coman. A casa da soli è una manifestazione patrocinata anche dal consolato romeno di Milano, e si terrà il 22 settembre.
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