Piano, perché è passato tanto tempo, quasi un anno.
Lento, il movimento mi entra dentro. E' come un liquido in una caraffa già colma e fa traboccare tutto quello che c'è di più. E corro di nuovo.
Odore di erba tagliata, nuvole che vengono a tenermi compagnia, la campagna che sto per lasciare che mi accoglie come una morbida madre e si lascia percorrere senza inutili seghe mentali.
Dovevo ripartire da qualche parte e sono partita dal corpo. Lui ringrazia, perché accoglie senza sforzo la fatica e si rigenera.
E la testa... oh la testa signori miei è quella che ne trae più giovamento.
Va in estasi. Endorfine come se piovessero.
"Ehilà, bentornata eh, era da un po' che non ti facevi un giro da queste parti. No ma sfiancati di cose da fare che qui sta crescendo la muffa su tutto" Mi dice. Sempre lei. La testa.
E infatti ci sono le ragnatele da togliere, nuovi equilibri da disegnare, purtroppo o per fortuna.
Ho letto da un'amica poco tempo fa che all'assenza ci si può abituare in fretta, forse perché è più leggera di una presenza?
Sto pensando molto, sto cercando di ascoltarmi molto.
Magicamente ne è uscito tempo per me, prima non lo avevo.
A una rivelazione sono arrivata ieri: non voglio più essere carceriere di nessuno. Nè di mio figlio, nè del mio compagno (se tale rimarrà). Perché non c'è niente di più brutale e violento che farsi vittima per inchiodare a terra gli altri a suon di sensi di colpa. Io l'ho subito, so di cosa parlo, vorrei evolvermi invece mi sono ritrovata amaramente al punto di partenza. Soprattutto Di dovrà esserne libero.
Forse non scrivero per un po', o forse scriverò di più, non so. Però davvero ho bisogno di ripulirmi e per farlo serve del tempo da pasare lì dentro, da soli. Non c'è altro modo.