A che punto è la notte? – il fallimento del tentativo di regolamentazione della prostituzione in Germania e in Olanda

Da Bambolediavole @BamboleDiavole

Si parla molto di riaprire le case chiuse ed è un continuo susseguirsi di proposte di regolamentazione. Jenny conosce bene la Germania e Giulia vive in Olanda, due paesi che hanno eliminato il divieto di esercizio delle case di prostituzione rispettivamente nel 2001 e nel 2000. Ci racconteranno cosa hanno visto e faranno qualche osservazione su come questo tentativo sia fallito.

casa del piacere, donne con il cuore

Jenny: E’ difficile intavolare un discorso sulla prostituzione e sulla riapertura delle “maison de plasir” specialmente quando l’interlocutore sa che sei femminista e si domanda come mai ti poni tanti problemi al riguardo. In fondo riaprirle vorrebbe dire impedire agli sfruttatori di lucrare sui corpi delle donne, queste ultime farebbero questo “mestiere” come libere professione, padrone del proprio corpo e dei propri guadagni, controlli medici frequenti ed inoltre pagherebbero le tasse.

Devo ammettere che anni fa ero caduta nel tranello di questo pensiero assai diffuso. “perché no? Se una decide di fare questo lavoro è giusto che sia tutelata”.

Giulia: Lo stesso è successo a me in Olanda. Appena arrivata ho pensato “Ma che grande civiltà questo paese!!!”. Mi ha abbagliato l’idea che lo Stato potesse intervenire nella prostituzione come in qualsiasi altro mercato del lavoro, garantendo sicurezza e legalità, di fatto impedendo la tratta e la violenza. Pensavo che fosse giusto garantire che le donne potessero esercitare un controllo totale sul loro corpo, anche volendolo usare come merce.

Jenny: Crescendo però ho iniziato ad andare un po’ più a fondo alla questione, ad informarmi. Ho fatto l’erasmus in un paese dove la prostituzione è regolamentata e la “maison de plasir” è a pochi passi dal centro di una delle sue città più famose: Salisburgo. Mi ricordo quanto mi aveva colpito vedere una casa come tutte le altre, distinta solo per le lucine rosse a forma di cuore che stavano attorno alla porta di ingresso. Niente brutte facce, niente sporcizia, niente di niente. Solo l’ordine che regna sovrano per la strada così come nei giardini Mirabell o nella casa natale di Mozart. Un’attrazione come le altre.

Giulia: In Olanda è lo stesso. Tutti i nostri amici e parenti che vengono ad Amsterdam vogliono passare per il quartiere a luci rosse, il famoso de Wallen. Quello di cui parlano di continuo i ragazzi che mi capita di sentir chiacchierare in aereo, che commentano senza nessuna coscienza come pensano di spendere il proprio tempo ad Amsterdam, tra coffee shop, vetrine, case chiuse e spettacoli pornografici. De Wallen, dove non si possono fare fotografie, dove donne e ragazze giovanissime mimano il tariffario seminude in vetrina a beneficio di uomini e ragazzi spesso giovanissimi come loro, dove si trovano teatri pornografici, è solo un’attrazione turistica come le altre.

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Per la cronaca, Amsterdam è il quartiere a luci rosse più famoso, ma ogni città ne ha uno o se non ha un quartiere ha almeno qualche casa chiusa da qualche parte, travestita magari da centro massaggi.

Jenny: E’ stato allora che qualcosa nella mia testa è cambiata, perché vedendo questa casetta che sembrava uscita dalle favole qualcosa di spiacevole ha iniziato ad annidarsi nei miei pensieri: non è un’attrazione come le altre (e proprio parlando con gente del luogo ho saputo che Salisburgo in passato era una meta turistica sessuale come potrebbe essere Amsterdam ai nostri giorni): in quella casa si paga per fare sesso, si paga per il corpo di una persona.Si pensa che il corpo di quella persona sia una merce quanto un pacchetto di patatine o un paio di scarpe. “Però almeno sono tutelate”. Alt. Qualche anno dopo il mio ritorno dall’Erasmus mi è capitato di leggere un’inchiesta del giornale tedesco “Der Spiegel”, noto dossier tedesco, sull’illusione della “libera scelta della professione e dello non sfruttamento” delle donne in un paese proprio di fianco a quello in cui studiavo io: la Germania.

Questa ormai nota inchiesta ha portato alla luce come le donne venissero attirate da altri paesi, specialmente dell’est Europa, pescate da situazioni in cui tutto sembra essere meglio di quello che stanno vivendo nel loro paese. Una volta arrivate in Germania si trovano a vivere sotto chiave, pagare ai magnaccia 800 euro a settimana e senza la possibilità di uscire se non accompagnate da qualche bodyguard per comprare al massimo le sigarette nel distributore vicino. Der Spiegel racconta per esempio la storia di Alina, una ragazza rumena, che spiega come dovesse vivere chiusa a chiave nel club, senza il diritto di rifiutare nulla ai clienti, costretta a prostituirsi anche durante la mestruazione previo inserimento di una spugna nella vagina perché il sangue avrebbe potuto far schifo ai clienti, anche senza preservativo. Nei vari bordelli tedeschi si è instaurato un vero e proprio turismo sessuale, specialmente dall’Italia, dove pullman di clienti vengono portati per approfittare della formula “all inclusive” grazie alla quale i clienti possono bere e avere prestazioni sessuali con quante ragazze vogliono per quante volte vogliono a tariffa fissa. Lamentandosi anche che dopo un po’ le ragazze sono meno appetibili.

Alina racconta di non essere mai stata picchiata, ma che i magnaccia sostenevano di conoscere molto bene dove viveva la sua famiglia, in modo da ricattarla a non parlare con nessuno della situazione all’interno del bordello e veniva istruita bene sul cosa rispondere alla polizia in caso di controlli in modo da rappresentare pienamente l’ideale della “puttana rispettabile” tanto sbandierato dai legislatori tedeschi.

Giulia: No, non è un’attrazione come le altre. Amsterdam conserva De Wallen come un patrimonio storico: è il quartiere del porto, che fin dal passato è sempre stato destinato alle fumerie d’oppio e ai bordelli. Ma come può oggi questo considerarsi qualcosa da preservare? Basta attraversarlo per vedere l’abisso, e attraversarlo non è difficile: il quartiere a luci rosse di Amsterdam di fatto è situato tra la piazza centrale (De Dam) e l’università.

Personalmente, ho sempre trovato degno di nota che l’Olanda abbia deciso nel 2000 di abrogare i due articoli del codice penale che impedivano l’esercizio delle case di prostituzione e il lenocinio (promulgati nel 1911 proprio per proteggere le donne dallo sfruttamento), salvo rivedere l’articolo 273a, che punisce lo sfruttamento di una persona ai fini della prostituzione e qualsiasi forma di sfruttamento sessuale, oltre che la prestazione coatta di attività lavorative o servizi, la riduzione in schiavitù e delle pratiche ad essa assimilabili e il traffico d’organi. Per chi se lo chiedesse: no, quest’ultimo dettaglio non è casuale.

Le ragazze nelle vetrine non sono prostitute per scelta, o almeno non lo sono per la maggior parte. La maggioranza proviene dall’Est Europa e diventano ogni giorno di più da quando è decaduto il divieto di gestire le case chiuse.

Ricordo questo video, girato nel 2012 nel Wallen di Amsterdam: le ragazze ballano e gli sfruttatori ridacchiano finché non si illumina un cartellone: “Ogni anno a migliaia di donne viene promessa una carriera di ballerina nell’Europa occidentale. Purtroppo, finiscono qui.

Jenny: La legge sulla legalizzazione della prostituzione risale in Germania al 2001. Cinque anni dopo il rapporto del Ministero della famiglia riguardo a quanto fosse migliorata la situazione riportava che la regolamentazione non aveva portato nessun apprezzabile risultato. Le prostitute non si trovano più lungo le strade, dove grazie anche a questa legge si sono intensificati i controlli, ma i poliziotti che si trovano a pattugliare i quartieri si lamentano di essere appena in grado di iniziare le inchieste nei bordelli di oggi e le condanne si riducono perché, sotto la bella faccia della legalizzazione, si nasconde un vero e proprio problema di tratta di donne. Insomma: togliamole dalla strada, salviamo la facciata.

Giulia: L’Olanda non permette alla polizia di identificare le prostitute per tutelarne la privacy, ma questo rende di fatto impossibile sapere se una donna si trovi nel paese legalmente o se abbia subito abusi. La polizia può perquisire i bordelli solo se ci sono “indizi di tratta”. Non è però chiaro cosa si intenda per “indizi” e quando anche fossero chiari, per poter effettuare una perquisizione occorre il permesso del Sindaco che ha dato la licenza alla casa. Inutile dire che si è creata una situazione in cui le istituzioni (i comuni e la polizia) e i trafficanti collaborano protetti dal guscio della legalità. Il traffico di donne e bambine da tutto il mondo è diventato così redditizio che nonostante una pubblica ammissione sull’inefficacia del tentativo di regolamentazione da parte del Governo, nessuno pensa nemmeno lontanamente di tornare indietro.

Jenny: Un esempio opposto è quello della Svezia, dove dal 1999 è stato reso illegale “l’Acquisto di prestazioni sessuali”, mirando a punire in questo modo non la prostituta, ma il cliente. Di certo questo non ha portato alla sparizione totale della prostituzione, ma, come commenta l’articolo di Der Spiegel: “La legge svedese non si fonda sul diritto della prostituta di assumere decisioni autonome, ma sulla parità tra uomini e donne, iscritta nelle costituzioni svedese e tedesca.

La questione, in termini molto semplici, è che la prostituzione rappresenta una forma di sfruttamento e deriva sempre da uno squilibrio di poteri. Gli/le svedesi affermano che il fatto che gli uomini possano comprare delle donne per fare sesso alimenta una percezione della donna che pregiudica la parità dei diritti e danneggia tutte le donne.” Un bambino che cresce in Germania (o in Olanda) sa che è possibile comprare prestazioni sessuali, uno che cresce in Svezia sa che questo è illegale. Nella costruzione della mentalità degli uomini (e delle donne) di domani si hanno due basi molto diverse.

Giulia: Dopo aver assistito al fallimento del tentativo di regolamentazione in Olanda, del pragmatismo che scade nella vergogna dell’accettazione di una situazione disumana, sono sempre più convinta di questo: quando anche fosse vero che una sola donna desideri utilizzare il proprio corpo per profitto, e quando anche si trovi nella condizione di farlo come nel caso olandese, con la tutela di un sindacato, con assistenza medica e contributi, lo stesso non dovrebbe farlo. Perché è una violazione del patto sociale, perché il prezzo di questa libertà per pochissime si regge sullo sfruttamento di tante.

Jenny: Penso al fatto che sto crescendo un figlio maschio spero di riuscire a crescerlo nella convinzione che acquistare sesso sia sbagliato. Sicuramente è più facile che questa convinzione sia radicata in un paese in cui farlo è reato piuttosto che pensare che si ha la possibilità di acquistare sesso con la formula “all you can eat, stile catena di ristorante giapponese.

Giulia: Sto crescendo in Olanda un figlio e una figlia. Vorrei che crescessero sapendo che una vetrina che vende un essere umano è una mostruosità. Vorrei crescessero liberi e tolleranti, ma vorrei che non dimenticassero un valore altrettanto importante anche se poco nominato, il dovere che lega gli esseri umani gli uni con gli altri: la solidarietà.


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