A Christmas Horror Story (2015)

Creato il 20 ottobre 2015 da Silente
We wish you a merry Halloween.                                                                                        
Pensavo che per i film natalizi, o quantomeno gli horror, non ci fosse più spazio. Non mi sembra che ai più piccoli interessi più di tanto quest’atmosfera, i tempi moderni hanno masticato e risputato ogni meraviglia nostalgica in pratiche confezioni pop da consumare e buttare subito dopo, si cresce con cuori glaciali e stomaci di ferro e certe magie sono state spazzate via sotto tappeti che nessuno calpesterà mai. O forse è solo l’impressione di un, ehm, adulto, niente marmocchi da crescere, niente nipoti da viziare (be’, uno appena acquisito, ma è ancora presto per blood, guts & monsters), fin troppo sensibile alla malinconia di un’era passata.
Ma A Christmas Horror Story, che per la cronaca esce a ottobre, giusto in tempo per Halloween (eh?), ripesca (forse dovrei iniziare a controllare di più il lessico e sciorinare sinonimi, ho paura di verificare quante volte ho scritto “ripescare” nelle ultime recensioni) quel bel mood natalizio, a metà tra raccapriccio e simpatia, che, se ben giostrato, lascia un segno a forma di sorriso ed è di solito una piacevole parentesi durante i setacci nei torrenti alla ricerca delle gemme più nascoste.Film a episodi, tre registi per cinque sceneggiatori che producono cinque storie stand alone (quindi niente intrecci fantasiosi alla Trick ’r Treat), mescolati però in una soluzione unica che dà un bel carattere solido al prodotto. Non so decidere se preferisco una formula standard, con venti minuti ciascuno come accaduto nei V/H/S o, con minutaggi molto più brevi, negli ABC’sof Death, o questa strategia più sottile, che finge di raccontare un’unica storia nonostante i divisori delle singole tragicommedie siano belle alte: la scelta di Grant Harvey, Steven Hoban e Brett Sullivan è infatti lodevole da una parte per ritmo e forza narrativa ma criticabile dall’altra, manca una maggior coesione tra le vicende nonostante qualche legame venga suggerito qua e là, e alla fine A Christmas Horror Storysfugge, anche se di poco, quel quid che spesso toccava anche con una certa dignità.Non è per forza la fine del mondo, le cinque storie si reggono bene in piedi di sole e offrono quel sano intrattenimento tipico da dtv, con una punta di interesse in più per la deliziosa atmosfera evocata e soprattutto per un twist finale tra i migliori in cui sia incappato negli ultimi tempi.
Non si cercano soggetti particolari o personaggi memorabili, tutto è molto diretto e lineare come vorrebbe certa tradizione horror, l’impressione in fondo è proprio quella di raccontini dell’orrore ideali per un target abbastanza giovane (ma non troppo) che nulla hanno a che fare con le tendenze del cinema più recente: niente torture, niente telecamere traballanti, niente ragazzini scemi che bevono come disperati, ma solo semplici storielle, pratiche, veloci, succulente.Una coppia alla ricerca di un albero da tagliare nel bosco e addobbare a casa si scontra con una maledizione che tocca il figlio innocente. Una famiglia in viaggio verso il parentado alle prese con un mostro che proviene dritto dalla mitologia natalizia.Un trio di ragazzi nel sottosuolo chiuso della scuola all’inseguimento di una leggenda di fantasmi e vendette ultraterrene.Un Babbo Natale a cui tocca difendersi da un’orda di elfi tramutati in zombi a causa di uno strano influsso malefico.E infine uno speaker radiofonico che racconta fatti che noi non possiamo vedere.
È poco, grezzo, chiarissimo, si saccheggia dagli archetipi più noti con mostri, maledizioni e fantasmi, si arricchisce qua e là con dettagli che variano quanto basta contesti e mitologie, e non si gioca al rialzo su chissà quali sorprese o digressioni: il trio di registi, chi più chi meno, proviene dalla tv (con qualche puntatina nel cinema) e possiede il mestiere necessario a dare vivacità, azzerare i tempi morti, accelerare nei momenti giusti e spruzzare di sangue e viscere quando serve.  Al resto pensano delle sceneggiature scritte con la stessa filosofia: personaggi caratterizzati con una virgola, vicende sviluppate con il giusto crescendo, sorprese mai troppo imprevedibili ma sempre funzionali e inserite nel momento migliore. Un plauso allora all’episodio sulla famiglia spaccata a cui tocca una spietata sopravvivenza nel bosco, perché rapido e molto suggestivo pur nell’essenzialità (ottime relazioni, perfetta crescita, o discesa, dei personaggi, bel mostro, gran finale), anche se forse la storia migliore è quella del Santa Slay: una battaglia senza sosta con un accumulo di cadaveri e arti mozzati e una chiusura da incorniciare. Ma ogni pezzo è in fondo da lodare, ci sono aspetti che prevalgono su tutto come il bel trio di ragazzini nella ghost story, contrassegnati da tre caratteri naturali e mai falsificati per la finzione, la bella evoluzione finale nella battaglia tra genitori e figlio posseduto, e un grande William Shatner dj che macina parole e alcol con un carisma impareggiabile.
Indovinata la colonna sonora, zuccherosa nelle quantità giuste, e valido il reparto effettistica tra mostri e sangue (anche se digitale viene versato in quantità rispettabili): si viaggia sulle stesse coordinate medie ma non disturba il suo non spingersi oltre, per un prodotto come questo va bene così, si rimane soddisfatti e sarebbe sbagliato chiedere dell’altro. Forse l’unico dispiacere è quello della longevità: con un Krampus (guarda caso proprio dal regista di Trick ’r Treat) in arrivo tra pochissimo, forse A Christmas Horror Story si farà ricordare giusto per aver sfruttato lo stesso mito un paio di mesi prima (a meno che qualche altro film non si sia già servito dell’anti Babbo Natale, ora come ora non me ne viene in mente nessuno) per poi scomparire nel fondo dei cestoni virtuali. 

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