Stranissimo destino quella dell’Anguilla! Un’animale dalle grandi avventure marine di cui nessuno è riuscito a capire la commovente e misteriosa vicenda. Sono ancora piccole larve, quando lasciano, senza girarsi nemmeno una volta indietro, le calde acque del Mar dei Sargassi dove sono nate e, come una tribù nomade in cerca della terra promessa, traversano tutto l’Oceano Atlantico e si vanno a infilare nelle nebbie umide della Val Padana. Li nelle acque di Comacchio trascorrono l’ adolescenza e la prima giovinezza, poi dopo quasi 15 anni se ne rivanno e col loro istinto infallibile lasciano il
Ma solo una parte ce la fa a uscire dalla palude perchè la gente della Valle ha da secoli bisogno dell’anguilla per sopravvivere e ha inventato trappole di straordinaria efficacia per impigliarle e catturarle, proprio nel momento in cui raggiunta la maturità e pronte per la fuga hanno carni sode e saporitissime. Si chiama “lavoriero” quell’insolita freccia di pali e canne affondata nella laguna che caratterizza con le sue forme triangolari tutto il paesaggio, studiata per far entrare i pesci ma impedir loro di andarsene. Ce ne ha lasciato una vivacissima descrizione il Tasso nella “Gerusalemme Liberata” “Come il pesce colà dove impaluda/ nei seni di Comacchio il nostro Mare/ fugge da l’onda impetuosa e cruda/ cercando in placide acque riparare/ e vien che da se stesso ei si rinchiuda/ in palustre prigion né può tornare/ che quel serraglio é con mirabil uso/ sempre all’entrare aperto, a l’uscir chiuso.”
Poi la storia per Comacchio si fa drammatica alla fine del 13° secolo quando passa sotto il dominio della Casa Estense. Pochi decenni dopo i comacchiesi non sono più liberi di pescare perchè gli Estensi si
Ma non era partcolarmente facile la vita nemmeno per il Vallante, quello che lavorava “in regola ” per il Consorzio. Per quei mesi invernali in cui si pescava andavano a vivere in comunità nei “casoni,” quei bassi rettangoli rossastri dall’alto camino, appoggiati sugli isolotti sperduti, che oggi i turisti vanno a visitare come esempi di archeologia industriale. Stavano lì in mezzo al freddo e all’umido con turni di circa un mese e quando tornavano a casa erano talmente abbrutiti che si fermavano prima in un isolotto da quelle parti, che spiritosamente chiamavano “Fattibello” dove c’era acqua e barbiere per
Che fine faceva la grande pesca del Monopolio? Una parte veniva caricata su barche con doppiofondo pieno d’acqua e, ancora vive, le anguille arrivavano nei porti dell’adriatico e del Tirreno, anche fino a
Cos’è rimasto oggi di quel mondo ancestrale? Una vita più umana per i pescatori e un’industria conserviera, che con poche innovazioni distribuisce in tutto il mondo. Un paesaggio che ha del miracoloso nella sua varietà e nella sua dolcezza infinita, con i casoni che fanno la guardia al territorio e gli uccelli, ancora 300 speci che qui svernano o ci restano anche tutto l’anno come i fenicoiteri.
Poi ci sono le memorie, quella di Garibaldi che sfugge agli sbirri del Papa e si rifugia nella palude con la moglie morente, quelle dell’Agnese, la partigiana del romanzo autobiografico di Renata Viganò, che in uno dei casoni aveva casa, i drammatici personaggi di “Ossessione” e ” Il Grido”, i film che quì girò Michelangelo Antonioni nel grigio inverno della laguna e, infine a contrasto, la prorompente bellezza di una giovanissima Sofia Loren che ne “La Donna del Fiume” issa la scatola delle anguille come una bandiera.
Oggi Comacchio è bellissima e intatta con i suoi ponti, i suoi canali i palazzi antichi e un favoloso Carnevale. Da queste parti bisogna proprio venirci! Cè una bellezza nelle cose e una gentilezza nelle persone che toccano entrambe il cuore …e una cucina gustosa e leggera al tempo stesso, dove il pesce e soprattutto l’anguilla, cucinata in mille modi, la fa da padrona. Fra le tante ricette della zona abbiamo scelto ,una fra le più rappresentative e delicate:
RISOTTO CON L’ANGUILLA
INGREDIENTI (per 4 persone): 250 grammi di riso, 2 anguille da 350 grammi ciascuna, 70 grammi di formaggio grana padano, 20 grammi di pecorino, 1 cipolla, 1 fettina di lardo di circa 50 grammi, noce moscata, sale, 1 carota, 1 zucchina, 1 gambo di sedano.
PREPARAZIONE: si fissano le anguille su un’asse di legno con un punteruolo, si aprono e dopo aver estratta la lisca e tolte le interiora, si sciacquano sotto l’acqua corrente. Si eseguono poi dei tagli trasversali che consentono di staccare meglio la polpa dalla pelle. Si prepara un brodo con 1 litro abbondante di acqua immergendovi la pelle, le teste e le lische e unendo il sedano, la carota e 1/2 cipolla. Si schiuma anche più volte nelle prime fasi della cottura e si lascia sulla fiamma a calore moderato per circa 3/4 di ora. Se è necessario, durante la cottura si aggiunge altra acqua.
In una teglia a parte si fa soffriggere l’altra mezza cipolla con il lardo tagliato a tocchetti, aggiungendovi un po’ di brodo a cui si aggiungerà, una volta che il lardo si sia appena colorito, la polpa sminuzzata delle anguille, (lasciando da parte 4 tocchetti della lunghezza di 2 cm ciascuno che serviranno per la decorazione) e si fanno cuocere per circa 20 minuti. Dopo si aggiunge il riso, si copre con il brodo e lo si fa cuocere seguitando a coprirlo con poco brodo per non farlo bruciare. Verso la fine si aggiunge un pizzico di sale.
A parte si grattugiano i due formaggi insieme alla noce moscata e qualche minuto prima del termine della cottura si aggiungono al riso. Si serve caldo decorando ogni piatto alla sommità con una striscia arrotolata di zucchina grigliata e un tocchetto di anguilla.