Il percorso espositivo, ospitato nei due livelli del Podium, riunisce più di 90 lavori ed esplora la carriera dell’artista seguendo un ordine anticronologico, dalle opere più recenti realizzate nel 2015 fino ai lavori datati 1965.
La ricerca di Piacentino si avvia in un contesto culturale e artistico caratterizzato da un crescente distacco dal soggettivismo che aveva animato l’Action Painting e l’Informale e dallo sviluppo di un nuovo linguaggio visivo tra l’attenzione all’immaginario popolare e consumistico e l’apprezzamento per forme geometriche e primarie. Il suo lavoro non s’inscrive però in nessuna delle due tendenze allora dominanti – Pop art e Minimal art – ma opera, secondo la lettura inedita di questa mostra, una sintesi tra le due.
Alla ricerca di un punto d’incontro tra le due correnti, Piacentino trova una risposta nel mondo della velocità e dei mezzi di trasporto come l’automobile, la moto e l’aereo, prodotti della cultura popolare che, pur non appartenendo all’arte pura, sono la testimonianza di un’estetica industriale. In tale senso l’artista si avvicina alle fantasie aerodinamiche di molti artisti californiani: da Billy Al Bengston a Craig Kauffman, da John Mc Cracken a John Goode. Come spiega Germano Celant: “È in questo clima storico di oscillazione tra arte e design, tra artigianato e industria, tra utile e inutile, tra unicità e serie, che si colloca il contributo di Piacentino, le cui alterità e unicità risiedono proprio nella dialettica tra le due polarità. Sin dal 1966 le sue sculture approdano a un risultato trascendente l’oggetto funzionale, sebbene quest’ultimo rimanga riconoscibile come possibile entità industriale e dalle caratteristiche decorative, perché derivate da una cultura intrisa di scienza applicata, di esperienza artigianale, di precisione meccanica e di processi strumentali di alta ingegneria”.
Come afferma Gianni Piacentino, “al centro del mio lavoro c’è sempre la rilevanza del controllo tecnico e matematico. Non mi lascio sedurre dal rimosso e dalle pulsioni”. Una coerenza dimostrata dall’attrazione per la disciplina costruttiva che comporta sia eleganza e perfezione, sia la predilezione per un controllo assoluto delle proprietà fisiche e cromatiche dei materiali.
Durante il suo percorso artistico, Piacentino si è posto alla guida del processo creativo seguendo, come nel settore del design, tutte le fasi inscritte in uno schema di produzione industriale. Come sostiene Germano Celant, la sua avventura artistica ed estetica rappresenta “un’uscita assoluta dall’imperfezione, dall’istantaneità e dalla casualità del fare arte, per accedere a un universo di perfezione, calcolo e concentrazione, così da poter competere, sul piano del sublime e dell’assoluto, con un veicolo da corsa o da volo”.
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