Non capisco perché, non avendo nulla di meglio, dobbiamo accontentarci, per illuderci di avere uno straccio di identità nazionale, di un mito fondativo basato sulla mistificazione e sulla menzogna, nascondendo gli orrori di quella che fu una guerra di annessione che abbatté legittimi governi, fece centinaia di migliaia di vittime innocenti e rovinò l’economia di un Sud sino allora fiorente e all’avanguardia, in vari settori culturali, economici e scientifici, non solo in Italia, ma in Europa. Senza dimenticare, poi, il fatto che a quel movimento partecipò non più del 2% della popolazione, escludendo completamente le masse.
Con ciò non voglio dire che dobbiamo rinnegare l’unità nazionale, che dobbiamo riportare indietro l’orologio della storia. L’Italia è fatta e dobbiamo tenercela, ma sarebbe ormai il caso di fare anche gli Italiani e ciò è impossibile se, preliminarmente, non avremo il coraggio di fare chiarezza sui nostri vizi d’origine, che continuano a pesare, con conseguenze di carattere culturale, morale ed economico, sulla realtà presente.
Mi riferisco innanzi tutto alla questione dei rapporti fra il Nord ricco e il Sud povero, che avvelena le relazioni fra le due parti del Paese, che si attribuiscono vicendevolmente la responsabilità dei loro problemi.
Rileggendo onestamente le vicende che portarono all’unificazione, ci renderemo conto del fatto che il Sud non è una palla al piede, un peso morto per l’economia del Nord, ma la vittima di un’annessione che produsse l’arricchimento smisurato di una parte grazie alla spoliazione e all’impoverimento dell’altra, per non parlare del genocidio di cui le plebi meridionali furono vittime.
Alla luce di queste considerazioni, il rapporto fra Nord e Sud andrebbe completamente riconsiderato, smentendo la becera propaganda leghista.
Non può esserci una sana identità nazionale, non può esserci riconciliazione se non si riconosce dignità e rispetto ai vinti con il ristabilimento della verità storica e solo così, nello spirito di una rinnovata unità, che non si fondi su una sgangherata mitologia, sugli scheletri nascosti negli armadi, potremo sperare in una rinascita nazionale, in una ripartenza verso il conseguimento di obiettivi comuni.
Insomma, è ora che l’Italia si sdrai sul lettino dello psicanalista e faccia luce, superandoli, sui suoi traumi infantili.
Viviamo in tempi calamitosi e solo un paese maturo unito e forte, potrà sperare di non finire come “Il nostro Abbondio” che “non nobile, non ricco, coraggioso ancor meno, s’era dunque accorto, pria quasi di toccar gli anni della discrezione, d’essere, in quella società, come un vaso di terracotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro”.
Federico Bernardini