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A fianco del poliziotto che fugge, contro le leggi speciali

Creato il 18 ottobre 2011 da Anellidifum0

Idealmente, il 15 ottobre sedevo a fianco del poliziotto alla guida del cellulare incendiato in Piazza San Giovanni. Ero con lui sotto i colpi di porfido e le sprangate dei terroristi in nero. Ero con lui quando gli hanno spaccato il naso con un asse di legno che ha rotto le protezioni esterne. Ero con lui quando – nel panico, coi timpani assordati dallo scoppio delle bombe carta, col mezzo ormai immobilizzato dagli squarci nelle ruote e dai petardi esplosi vicino al serbatoio, coll’abitacolo invaso da una puzza acre di terrore e fumo – ha aperto lo sportello e siamo fuggiti, sperando di salvarci la vita.

Nei giorni del G8 di Genova, non ero affatto al fianco dei poliziotti e dei carabinieri. Ero, idealmente, nei saccoapelo dei manifestanti sorpresi nel cuore della notte all’interno della Scuola Diaz e poi portati in caserma a Bolzaneto, per una notte di torture fasciste in stile cileno, anzi, italiano da XXI secolo. Ero, idealmente, tra chi ha subìto e assistito alla violenza gratuita e abominevole degli uomini in divisa. Ero tra chi fu picchiato col manganello trattenuto dalla parte di gomma, in modo da spaccare le ossa col manico duro. Ero tra chi ha scritto il famoso cartello “Per favore, non lavate questo sangue”.

E’ difficile trovare un elemento positivo dalla rivolta di Roma del 15 ottobre 2011. Eppure un elemento positivo c’è e lo ha individuato per primo Mauro C. sul sito Poliziotti.itLa frattura cittadini-polizia, creatasi dopo il G8 2001, pare si stia risanando. E’ questo forse l’aspetto migliore da tenere in considerazione. Speriamo di proseguire lungo questa nuova strada.” Posso, nel mio piccolissimo, confermare che la riflessione del poliziotto Mauro C. è probabilmente giusta per molte persone, e di sicuro è giusta per me. Dopo il G8 di Genova avevo preso a guardare poliziotti e carabinieri con diffidenza, rabbia e timore. Ora, dopo le immagini del 15 ottobre 2011 di Roma c’è stato un ribaltamento psicologico.

Le vittime della manifestazione sono anzitutto coloro che volevano protestare contro il Governo e la crisi economica in modo pacifico, artistico, ironico, coreografico. Duecentomila persone di tutte le età e dai quattro angoli d’Italia, che vivono sulla loro pelle gli errori di politica economica messi in atto da Tremonti, Bossi e Berlusconi (e, più in là nel tempo, dal ministro del Governo Dini Tiziano Treu e dal suo mostruoso pacchetto legislativo sui nuovi contratti temporanei, fatto coi piedi). Precari, disoccupati, inoccupati, cassaintegrati, licenziati. Giovani e meno giovani a cui lo Stato ha rubato il diritto al futuro, alla progettazione, ad affittare una casa, ad accendere un mutuo, a fare figli, a mandarli in una scuola pubblica gratuita e di buon livello. Due generazioni di italiani nati fra la metà degli anni Settanta e i primi anni Novanta costrette, come i loro bisnonni, a emigrare per realizzarsi oppure ad arrendersi a una vita senza lavoro stabile oggi, senza pensione domani.

Ma tra le vittime del 15 ottobre questa volta ci sono anche i poliziotti. Che sono, come diceva Pier Paolo Pasolini quarant’anni fa e Oliviero Diliberto due giorni fa su In Onda, “lavoratori salariati” a cui questo governo ha ridotto il salario, tagliato i fondi e tolto dignità professionale.

Quando una parte della popolazione civile, per quanto minoritaria, arriva a usare la violenza come arma politica, come hanno fatto i 2-3000 terroristi in nero (chiamateli in italiano, per favore) della manifestazione di Roma, significa che chi ha avuto responsabilità di Governo ha fallito sotto tutti i punti di vista. I terroristi, come sempre, vanno fermati, arrestati, processati e puniti, applicando le leggi che ci sono, senza stupide tentazioni di leggi speciali già invocate da Lega Nord e Italia dei Valori. Ma occorre fermare e punire, con il risultato delle prossime elezioni, anzitutto gli uomini e le donne di questo Governo Berlusconi, che resterà nei libri di Storia come il più indecente e dannoso dai tempi di Facta e Mussolini. Il sacco di Roma, senza l’operato ventennale di Treu, Cicchitto, Sacconi, Brunetta e Tremonti, non ci sarebbe mai stato.


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