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A. Gruško, ambasciatore russo alla NATO: «La mentalità dei blocchi è ancora viva»

Creato il 15 febbraio 2013 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
A. Gruško, ambasciatore russo alla NATO: «La mentalità dei blocchi è ancora viva»

Offriamo di seguito la traduzione dell’intervista realizzata da “Meždunarodnaja žizn’”, rivista del Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa e partner dell’IsAG, a Aleksandr Gruško, ambasciatore russo presso la NATO ed ex vice-ministro degli Esteri, che in tale veste ha pubblicato un articolo nel primo numero di “Geopolitica”, Vent’anni di Russia.

 
Meždunarodnaja žizn’: Come valuta l’evoluzione dei rapporti tra Russia e NATO? Cos’è importante per uno sviluppo fruttuoso di questi rapporti?

A. Gruško: Un’evoluzione c’è ma, purtroppo, i cambiamenti dello scenario politico-militare nell’area euro-atlantica, chiaramente, oggi non stanno al passo con i trend, in tutti i campi chiave dei rapporti interstatali ed economici, d’integrazione e d’interdipendenza. Parlando della Russia, tutti i vettori del suo sviluppo dipendono interamente dal rafforzamento dell’interazione con il mondo esterno e dal successivo incorporamento nel processo economico globale.
Inoltre, nella sfera politico-militare non è stata ancora sradicata completamente la mentalità basata sulla contrapposizione dei blocchi. Ci sono giunte esortazioni per “una frenata” della Russia. Continua il processo di espansione della NATO. Privo di significato nel contesto odierno, questo processo genera la ricerca dell’avversario e fomenta gli stereotipi nell’atteggiamento “degli Stati vicini al fronte”.
Di conseguenza particolare significato acquisisce la realizzazione dell’intesa raggiunta durante il summit del Consiglio NATO-Russia (CNR), tenutosi a Lisbona (novembre 2010), riguardante la costruzione di rapporti realmente strategici e modernizzati tra partner, basati sui principi di indivisibilità della sicurezza, di fiducia reciproca, trasparenza e prevedibilità. In quest’occasione è stato fissato un obiettivo, riuscire nella formazione di uno spazio unico, uno spazio unico di sicurezza e di stabilità, nell’area euro-atlantica. Tutti i membri del Consiglio NATO-Russia hanno riconosciuto che non si considerano l’un con l’altro una minaccia, che l’odierno invito alla sicurezza ha un carattere transnazionale e richiede una risposta collettiva. Solo insieme possiamo combattere efficacemente. E segnali politici di questo genere hanno un grande significato per l’opinione pubblica dei nostri Paesi, contribuiscono al rafforzamento della stabilità e della prevedibilità negli affari politico-militari.
In linea di principio era importante la conferma, a Lisbona, della necessità di rafforzare il dialogo politico continuo all’interno del Consiglio NATO-Russia. Nel vocabolario NATO-Russia si è consolidata l’espressione speciale “per tutte le stagioni”. Questo significa che anche quando tra noi nascono delle divergenze, il dialogo non deve cessare, il meccanismo di consultazione deve continuare a lavorare “in qualsiasi circostanza e in merito a qualsiasi questione”. Il dialogo confidenziale dell’area CNR costituisce uno degli strumenti utilizzati per la ricerca di soluzioni costruttive in relazione a questioni problematiche e al consolidamento della fiducia reciproca. Motivo di consultazione diventeranno soprattutto i problemi attuali, che riguardano la sicurezza nella regione euro-atlantica.
Al contempo, un partenariato veramente strategico, annunciato durante il summit CNR a Lisbona nel novembre 2011, per ora non è stato realizzato. Alcuni nostri partner cercano a qualsiasi costo di mantenere la propria invulnerabilità, dimenticando che nelle condizioni attuali il rafforzamento della propria sicurezza a danno della sicurezza altrui genera solo nuovi rischi. Questi rischi sono legati innanzitutto alla realizzazione progressiva del progetto dello scudo antimissilistico USA/NATO in Europa. Ma come è già successo, i tentativi di creare un’“enclave di sicurezza” per Paesi selezionati in un contesto di globalizzazione non daranno il risultato sperato.
In generale siamo pronti ad aumentare la cooperazione con i Paesi della NATO in quei settori in cui abbiamo interessi comuni di sicurezza, nel sostegno della parità di diritti e nel rispetto dei principi del diritto internazionale.

Nell’agosto del 2011, durante una delle discussioni, Lei ha affermato che “per quanto riguarda il lavoro sulla sicurezza comune ci siamo indirizzati verso l’unione delle risorse. Riguardo le questioni principali, inerenti le minacce globali, le visioni di Russia e NATO convergono”. Qual è la ragione della decisione presa riguardante l’unione delle risorse? Quali risorse precisamente e quanto durerà questo processo? Concretamente, riguardo a quali questioni inerenti le minacce globali le posizioni di NATO e Russia convergono?

A Lisbona è stata concordata una Rassegna congiunta delle sfide alla sicurezza comune nel XXI secolo. Queste minacce sono il terrorismo internazionale, compresa la vulnerabilità dell’importante infrastruttura critica, la pirateria, la diffusione delle armi di distruzione di massa e dei mezzi per trasportarle, le catastrofi naturali e tecnologiche.
Per quanto riguarda l’unione delle risorse questo discorso interessa i progetti di cooperazione pratica all’interno del CNR. La lotta al terrorismo, compresa la creazione di strumenti per il rilevamento di ordigni esplosivi rudimentali, il perfezionamento dei meccanismi di coordinamento delle attività, includendo la lotta al terrorismo “dall’alto”, alla pirateria (le navi della Marina Militare russa e della Marina Militare dei Paesi NATO cooperano strettamente nel golfo di Aden), la compatibilità operativa dei contingenti di pace, la standardizzazione delle armi da guerra, la ricerca e il salvataggio marittimo, la logistica militare, la medicina militare e altri. In reazione alle catastrofi naturali e tecnologiche ci prestiamo aiuto l’un all’altro. Cooperiamo rispetto alla questione Afghanistan: è stata avviata una preparazione congiunta degli specialisti per la lotta alle droghe e dei tecnici terrestri per l’assistenza dell’elicottero di produzione russa. In conformità alla risoluzione 1386 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, la Russia assicura il transito attraverso il territorio russo del personale e di merci “non letali” per le necessità dei contingenti dell’International Security Assistance Force (Isaf).

Tutte le dichiarazioni da parte della leadership NATO riguardanti il rafforzamento della sicurezza paneuropea vanno parallele all’aumento della difesa missilistica in Europa, campo in cui non c’è una cooperazione con la Russia. La Russia è intervenuta con la proposta di istituire dei centri simili, intesi come un comune centro NATO-Russia per la fusione dei dati riguardanti la questione dei missili e anche come un Centro comune per la pianificazione e l’operazione. Da parte della Russia c’è l’offerta di istituire un nuovo regime di trasparenza fondato sullo scambio regolare di informazioni circa i mezzi di difesa anti-missile attualmente in dotazione alla NATO e alla Russia. Secondo Lei, quanto siamo vicini alla realizzazione di questi piani? Si pone come obiettivo il coinvolgimento della leadership NATO in azioni collettive riguardanti la sfera di difesa antimissile?

La difesa antimissile rimane una delle questioni chiave all’ordine del giorno nell’agenda di lavoro NATO-Russia. Sfortunatamente, per il momento persistono importanti divergenze riguardanti i metodi operativi. Continua la coerente realizzazione del graduale disegno volto allo spiegamento dei componenti di difesa antimissile globale USA in Europa, con il coinvolgimento attivo in questo progetto degli altri Stati della NATO.
Tuttavia non segnaliamo nessun tipo di cambiamento di principio nella decisione riguardante le questioni, per noi chiave, inerenti la difesa antimissile. Per noi è estremamente importante ottenere garanzie affidabili, fondate su precisi criteri tecnico-militari e geografici, relativamente al fatto che questo sistema non sia rivolto contro le forze di deterrenza nucleare russe e corrisponda allo scopo dichiarato di difendersi dalle minacce missilistiche che provengano da oltre i confini della regione euro-atlantica. Sicuramente, l’affidabilità di queste garanzie conferirebbe loro il carattere di impegni giuridicamente vincolanti. E quindi noi potremmo stabilire i limiti opportuni per la cooperazione nell’ambito della difesa antimissile, limiti che assicurerebbero che gli sforzi investiti nel lavoro comune non siano successivamente “resettatati” in seguito al cambiamento delle priorità degli Stati-membri che saranno coinvolti in questo progetto. Il livello di chiarezza o, al contrario, di reticenza riguardo questa questione chiave determinerà il carattere dei rapporti Russia-NATO in tutti gli ambiti. Si tratta di un test per verificare la disponibilità alla realizzazione pratica del principio di indivisibilità della sicurezza nello spazio euro-atlantico.
Noi siamo convinti che se vi fosse la volontà politica sarebbe assolutamente realistico elaborare una configurazione “assennata” del sistema di difesa antimissile, che proteggerebbe in modo affidabile l’Europa da eventuali minacce missilistiche senza compromettere al contempo la stabilità strategica. Per giunta durante le esercitazioni militari computerizzate del comando, realizzate in Germania, gli esperti russi e della NATO si sono potuti accertare che proprio il sistema di difesa antimissile costruito collettivamente è il più efficace per il respingimento delle minacce missilistiche. Seguendo questa strada si crea l’opportunità di aprire un nuovo capitolo riguardante i rapporti USA e NATO, ovvero la realizzazione pratica del principio di indivisibilità della sicurezza.
Noi siamo pronti a continuare il dialogo se basato sul sostegno reciproco e sul rispetto severo del diritto internazionale.

Il suo predecessore in questo ruolo, Dmitrij Rogozin, più di una volta si è espresso riguardo la crisi della filosofia Patto Atlantico. Lei cosa pensa in merito?

È evidente che all’interno della NATO si continua a discutere degli obiettivi e dei problemi dell’Organizzazione in condizioni di sicurezza mutate. Per i politici che pensano in maniera costruttiva, con la fine della guerra fredda, la missione storica dell’alleanza riguardante la difesa territoriale collettiva da qualche “minaccia dall’est” ha in realtà perso ogni significato. Tuttavia vediamo che si conducono studi, sul modello dei quali si aprono gli scenari dell’articolo 5 dell’accordo di Washington inerente la difesa collettiva. E questo non può non suscitare domande.
Da parte nostra osserviamo con attenzione i tentativi di trasformazione della NATO, con il consolidamento della sua componente civile e della politica di correzione dei suoi partner. Evidenziamo il fatto che, in condizioni di restrizione dei bilanci, si siano verificati dei ridimensionamenti delle Forze Armate nella maggior parte dei Paesi dell’alleanza. Al fine di limitare i costi si realizzano così i progetti detti di “difesa intelligente”.
E se la priorità sarà data non alla “mobilitazione” dell’unità dei Paesi NATO per cercare a tutti i costi un “avversario geopolitico”, ma ad affrontare le sfide reali del mondo contemporaneo sotto l’egida dell’ONU, allora questo aprirà ad ulteriori possibilità nell’ambito del rafforzamento del partenariato con i Paesi NATO.

Secondo Lei, i rapporti tra Russia e NATO dipendono dal livello del rapporto che c’è tra USA e Russia?

Certo che dipendono. Ma i nostri partner del Consiglio Russia-NATO amano ripetere che la NATO è un’unione di Stati sovrani, ognuno dei quali ha una sua voce indipendente, e le decisioni nell’ambito dell’alleanza si basano sul consenso. Non sempre, non a riguardo di tutte le questioni, comprese quelle riguardanti gli aspetti concreti dei rapporti con la Russia, la NATO esprime un parere unanime. Noi capiamo questo e cerchiamo di lavorare con i partner nel quadro di tutti i meccanismi bilaterali e multilaterali esistenti. Il nostro dialogo con gli USA è uno degli strumenti più importanti per il mantenimento della stabilità strategica e in questo contesto esso indubbiamente assume un importante significato in relazione ai nostri rapporti con la NATO. Un concreto esempio è la situazione inerente lo scudo antimissile.

È noto che l’alleanza inizierà un riordino dei suoi problemi e obiettivi. Ci sono versioni diverse riguardanti questo processo: da una parte si pensa che esso avverrà attraverso l’annessione nell’alleanza di Australia e Giappone, dall’altra parte si prefigura l’attivismo geopolitico della NATO attraverso i contatti bilaterali con i Paesi-non membri della NATO considerati individualmente. Il riferimento è all’Iniziativa di Cooperazione di Istanbul (ICI). Il principio di trasparenza dell’ICI prevede la partecipazione a questa iniziativa di tutti i Paesi interessati della regione del Grande Medio Oriente. Abbiamo constatato i frutti di questa iniziativa nelle situazioni con la Libia e la Siria, quando molti Paesi del Medio Oriente si sono uniti contro gli Stati-bersaglio. Nello stesso tono si è conclusa l’iniziativa di Chicago: la NATO si assume la responsabilità mondiale della sicurezza. Come reagirà la Russia a questo processo? Su cosa si baserà?

Il pericolo della globalizzazione delle ambizioni NATO noi lo constatiamo innanzitutto nell’aspirazione di realizzare il potenziamento dell’alleanza violando le norme del diritto internazionale, di trasformare l’alleanza in uno strumento per realizzare pesanti ingerenze laddove si sviluppano difficili conflitti interni.
L’ultimo esempio è la Libia. L’operazione per garantire l’embargo delle armi e la zona d’interdizione al volo ha di gran lunga oltrepassato il limite della risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e si è di fatto trasformata in una serie di azioni volte a rovesciare un regime che hanno avuto un finale scioccante e hanno mietuto vittime tra la popolazione civile a causa degli attacchi missilistici.
Tanto più noi ci poniamo delle domande quando cercano di proiettare “il modello libico” nelle altre situazioni della regione. Alcuni politici affermano che per le misure militari drastiche quasi non sarebbe necessario il mandato del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e l’importante sarebbe invece ”stare dalla parte giusta della storia”. Ma è proprio la storia a confermare che l’intervento di forza esterno non può garantire una risoluzione a lungo termine ed affidabile dei conflitti nazionali. Sono necessarie, da parte degli attori esterni, riservatezza, lavoro meticoloso e coerente attraverso la promozione del dialogo con la partecipazione di tutte le forze politiche coinvolte.

(Traduzione dal russo di Francesca Chiarvesio)


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