Ecco uno di quei film che una volta visto non si dimentica tanto facilmente, anzi suppongo che per rimuoverlo dall’angolo buio della mia mente in cui si è conficcato, dovrò usare tenaglie e tanto olio di gomito. Soprattutto quando parliamo di cinema dell’orrore, è piuttosto semplice cadere e scadere in pericolosi topoi fin troppo collaudati o più semplicemente pascersi negli assolati territori della ripetizione, eppure, film come questo dimostrano che ancora si può dire qualcosa di nuovo, anche all’interno di un genere tanto codificato e abusato come l’horror. Suggestivo, notturno, violentissimo, efferato e in alcuni momenti assolutamente insopportabile, A L’intérieur parte lento dopo un brevissimo prologo shock, per poi prendere subito quota, macinando tensione e tanto, tantissimo orrore. E’ proprio questo orrore, sfacciatamente mescolato ad una copiosa dose di coraggio, poesia e pietas, ad imporsi come cifra stilistica narrativa, di suprema e lucidissima potenza. La morte e il sangue, la vita e la compassione, i mostri e le madri, si confondono e si completano, impegnati in una danza guancia a guancia, tanto ipnotica quanto sconcia ed impudica. La rossa e calda corposità del sangue che sgorga dalle ferite aperte, l’asettico e sterilizzato acciaio delle lame delle forbici pronte a ferire, slabbrare, divellere, sono entrambi elementi irrrinunciabili e complementari, che come due avidi amanti si cercano e trovano durante tutto il film, per abbandonarsi e perdersi l’uno nell’altro. La violenta e scandalosa compiacenza di mostrare e non solo suggerire, tipica di certo cinema di genere, qui trova il suo zenit, esplodendo come una supernova rosso sangue davanti agli attoniti occhi dello spettatore che a volte non può far altro che distogliere lo sguardo. Pura violenza gratuita, griderà indignato qualcuno, eppure non c’è compiacimento, ma solo dolore e tristezza, corollari necessari a completare un quadro di lancinante ineluttabilità dallo stomachevole puzzo di morte. Violento e indimenticabile, insopportabile e privo di qualsiasi forma di catarsi, A L’intérieur ricorda per significante ma non per significato ed etica, il memorabile Martyrs, raccogliendo comunque la sfida di un cinema di genere finalmente autoriale, determinato a far piazza pulita di tutto quello che è venuto prima, a cominciare dagli annoiati spettatori della domenica… Decidere di guardare A L’intérieur è una scelta radicale, che si pone come spartiacque definitivo tra una visione comune e un’altra più consapevole, vera, potrei quasi dire pura ed assoluta.