A La Stampa NON piacciono i Jovanotti

Creato il 09 dicembre 2015 da Pedroelrey

Dome­nica 6 La Stampa ha pub­bli­cato un’edizione spe­ciale con Lorenzo Che­ru­bini “diret­tore per un giorno”.

L’iniziativa non è cer­ta­mente straor­di­na­ria­mente inno­va­tiva con Il Resto del Car­lino che per i 130 anni ha lan­ciato sin da feb­braio la mede­sima pro­po­sta affi­dando la dire­zione del gior­nale per un giorno a diversi arti­sti tra cui: Luca Car­boni, Cesare Cre­mo­nini, Giu­seppe Gia­co­bazzi, Gianni Morandi‎, Red Ronnie,gli Sta­dio e molti altri ancora.

Essendo evi­den­te­mente un’operazione pro­mo­zio­nale, di mar­ke­ting, ci siamo chie­sti se la scelta del per­so­nag­gio fosse coe­rente con il pub­blico effet­tivo e poten­ziale del quo­ti­diano tori­nese o se invece sarebbe stato meglio indi­vi­duare un per­so­nag­gio diverso a parità di iniziativa.

Per que­sto abbiamo deciso in team di veri­fi­care da un lato “il sen­ti­ment” sui social e, dall’altro lato, il traf­fico al sito.

Nel gra­fico che segue sono ana­liz­zate le inte­ra­zioni pro­dotte su Face­book in rife­ri­mento ai post, pub­bli­cati dalle pagine uffi­ciali de La Stampa e Jova­notti, diret­ta­mente per­ti­nenti all’evento. Come è pos­si­bile vedere dai vari pan­nelli inte­rat­tivi, su cui è pos­si­bile leg­gere ulte­riori det­ta­gli sem­pli­ce­mente pas­sando con il mouse [o con un dito, se da mobile] sui vari ele­menti, su Face­book, si regi­stra un suc­cesso a metà.

Il primo pas­sag­gio da tenere bene a mente è il sopra­ci­tato: “su Face­book”. Tutte le valu­ta­zioni che emer­gono da que­sto tipo di ana­lisi sono da cir­co­scri­vere all’ambiente Face­book e alle rela­zioni, ed even­tuali rica­dute, che da esso si generano.

Ciò che appare evi­dente è un atteg­gia­mento tra il freddo e l’indifferente da parte del pub­blico de La Stampa, che non risponde con  grandi numeri [il cui com­puto com­ples­sivo avrebbe comun­que lasciato il tempo che trova] ma soprat­tutto dimo­stra di desti­nare mag­gior atten­zione a tema­ti­che di ordine più gene­rale, che non vivono in alcun modo della luce riflessa della pre­senza del rap­per in cabina di regia.

Il tutto seb­bene Jova­notti figuri tra gli arti­sti che più piac­ciono alla fan­base de La Stampa, come è pos­si­bile evin­cere dalle ricer­che su Graph Search e come sot­to­li­neato tra i com­menti di que­sta con­ver­sa­zione. Sin­tomo di come certi “indici di gra­di­mento” vadano presi con le pinze, per poi fare delle valu­ta­zioni di merito più appro­fon­dite, che è ciò che stiamo pro­vando a fare nel caso specifico.

Il pub­blico, di Face­book, de La Stampa sem­bra gra­dire, sem­mai, gli argo­menti che emer­gono da que­sta con­du­zione spot, senza striz­zare troppo l’occhio al lato pop dell’esperienza di  un timo­niere non con­ven­zio­nale. Troppo pochi i post e troppo pochi i com­menti per tirare le somme, ma si può dire senza timore di smen­tita che, in ter­mini atte­stati di stima ed inte­resse, l’effetto Jova­notti non s’è visto.

Ben diversa la situa­zione sulla pagina uffi­ciale di Lorenzo Che­ru­bini, dove il pub­blico par­te­cipa ai vari post che lo vedono pro­ta­go­ni­sta di que­sta ini­zia­tiva tra elogi e mani­fe­ste inten­zioni d’acquisto. Gli elogi sono il pane quo­ti­diano di una pagina di un arti­sta ambito, ma le inten­zioni d’acquisto  no.

Non va tra­scu­rato l’aspetto, né dato per scon­tato. Aziende spen­dono impe­gno e risorse alla ricerca di stru­menti  di mone­tiz­za­zione delle atti­vità su Face­book. Nel caso spe­ci­fico si regi­stra un suc­cesso: per­sone che dichia­rano di voler acqui­stare o aver acquistato.

Per l’emersione di que­sto dato è stata uti­liz­zata un’analisi lin­gui­stica che opera all’estrazione di bigrammi, cop­pie di parole relate e fre­quenti, in cui le  inten­zioni d’acquisto si mani­fe­stano nel primo terzo di un cor­pus di 33 bigrammi. Un successo.

Riba­dendo che si tratta di valu­ta­zioni sup­por­tate dai dati, ma fon­date su un data­set di esi­gua por­tata, si pos­sono fare alcune valu­ta­zioni, o almeno alcune stime.

Ciò che emerge da que­sta espe­rienza è una certa capa­cità di con­ver­tire dina­mi­che di influenza in pro­cessi d’acquisto,  il ché può rap­pre­sen­tare un forte segnale in mate­ria di pia­ni­fi­ca­zione di stra­te­gie sui social media. L’esperienza in sé ha incon­trato i favori di un bacino d’utenza [quello di Jova­notti] che, a que­sto punto, potrebbe valer la pena di moni­to­rare, per stu­diare ulte­riori solu­zioni che con­du­cano alla com­pren­sione del feno­meno, fosse anche solo per com­pren­dere se c’è mate­ria prima su cui ope­rare o sia da con­si­de­rarsi come feno­meno non replicabile.

Per quanto riguarda il pub­blico “di casa” l’esperimento, su Face­book, par­rebbe non riu­scito, in virtù di numeri non alti­so­nanti e, in più, com­menti molto pic­cati che rie­scono a rac­co­gliere più like e ade­sioni di quanti non ne otten­gano i com­menti pub­bli­cati sulla pagina dell’artista, ben più inte­rat­tiva ed “abitata”.

Il legame creato tra La Stampa e Jova­notti potrebbe aver resti­tuito infor­ma­zioni molto più impor­tanti e capaci di garan­tire risul­tati meno costosi, sotto ogni punto di vista, e sicu­ra­mente più pro­spet­tici: i temi rile­vanti di cui il pub­blico vor­rebbe si par­lasse. In fondo i social ser­vono, anche, se non soprat­tutto, a que­sto, no?

Anche i dati Audi­web, come mostra il gra­fico sotto ripor­tato, dimo­strano che da parte dei let­tori de La Stampa non vi è stato entu­sia­smo per l’iniziativa con sia gli utenti unici che le pagine viste che non incre­men­tano asso­lu­ta­mente in occa­sione dell’iniziativa seguendo invece il trend nor­male. Ai let­tori de La Stampa NON piac­ciono i Jovanotti.

Se è vero che ci sal­ve­ranno i ven­tenni di oggi, come scrive Mario Cala­bresi, allora, forse, biso­gne­rebbe par­lare a loro. Di loro. Con loro.

Chia­ria­moci: non è che il giu­di­zio sia per forza alla ricerca del dete­riore. Anzi. Ben ven­gano ini­zia­tive di ogni genere, per dare scos­soni a que­sto mondo del gior­na­li­smo online e offline in crisi come l’editoria tutta. Ben venga anche questa.

Ma il diret­tore per un giorno non è certo sino­nimo di pro­gram­ma­zione a lungo ter­mine, è un evento che si svi­luppa, si con­suma e si esau­ri­sce in 24 ore [tranne che per chi, poi, cerca di ana­liz­zare la cosa anche a costo di pren­dersi del “vec­chio trom­bone”]. Esat­ta­mente come quel con­certo — sem­pre di Jova­notti — su Rai1, che non ha affatto rivo­lu­zio­nato e rin­gio­va­nito la pro­gram­ma­zione gene­rale della rete ammi­ra­glia del ser­vi­zio pub­blico tele­vi­sivo. Così, se si vuole par­lare ai ven­tenni, se si vogliono inse­guire i “mil­len­nials”, biso­gne­rebbe fare un passo indie­tro e ascol­tarli, capire cosa leg­gono, cosa ascol­tano, cosa guar­dano. Magari assu­merne qual­cuno. Farlo cre­scere. Garan­tire il ricam­bio gene­ra­zio­nale. I diret­tori per un giorno pas­sano. I let­tori, fin­ché esi­ste­ranno, cer­che­ranno gior­na­li­sti che scri­vano per loro. E li cer­che­ranno per sempre.

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