Domenica 6 La Stampa ha pubblicato un’edizione speciale con Lorenzo Cherubini “direttore per un giorno”.
L’iniziativa non è certamente straordinariamente innovativa con Il Resto del Carlino che per i 130 anni ha lanciato sin da febbraio la medesima proposta affidando la direzione del giornale per un giorno a diversi artisti tra cui: Luca Carboni, Cesare Cremonini, Giuseppe Giacobazzi, Gianni Morandi, Red Ronnie,gli Stadio e molti altri ancora.
Essendo evidentemente un’operazione promozionale, di marketing, ci siamo chiesti se la scelta del personaggio fosse coerente con il pubblico effettivo e potenziale del quotidiano torinese o se invece sarebbe stato meglio individuare un personaggio diverso a parità di iniziativa.
Per questo abbiamo deciso in team di verificare da un lato “il sentiment” sui social e, dall’altro lato, il traffico al sito.
Nel grafico che segue sono analizzate le interazioni prodotte su Facebook in riferimento ai post, pubblicati dalle pagine ufficiali de La Stampa e Jovanotti, direttamente pertinenti all’evento. Come è possibile vedere dai vari pannelli interattivi, su cui è possibile leggere ulteriori dettagli semplicemente passando con il mouse [o con un dito, se da mobile] sui vari elementi, su Facebook, si registra un successo a metà.
Il primo passaggio da tenere bene a mente è il sopracitato: “su Facebook”. Tutte le valutazioni che emergono da questo tipo di analisi sono da circoscrivere all’ambiente Facebook e alle relazioni, ed eventuali ricadute, che da esso si generano.
Ciò che appare evidente è un atteggiamento tra il freddo e l’indifferente da parte del pubblico de La Stampa, che non risponde con grandi numeri [il cui computo complessivo avrebbe comunque lasciato il tempo che trova] ma soprattutto dimostra di destinare maggior attenzione a tematiche di ordine più generale, che non vivono in alcun modo della luce riflessa della presenza del rapper in cabina di regia.
Il tutto sebbene Jovanotti figuri tra gli artisti che più piacciono alla fanbase de La Stampa, come è possibile evincere dalle ricerche su Graph Search e come sottolineato tra i commenti di questa conversazione. Sintomo di come certi “indici di gradimento” vadano presi con le pinze, per poi fare delle valutazioni di merito più approfondite, che è ciò che stiamo provando a fare nel caso specifico.
Il pubblico, di Facebook, de La Stampa sembra gradire, semmai, gli argomenti che emergono da questa conduzione spot, senza strizzare troppo l’occhio al lato pop dell’esperienza di un timoniere non convenzionale. Troppo pochi i post e troppo pochi i commenti per tirare le somme, ma si può dire senza timore di smentita che, in termini attestati di stima ed interesse, l’effetto Jovanotti non s’è visto.
Ben diversa la situazione sulla pagina ufficiale di Lorenzo Cherubini, dove il pubblico partecipa ai vari post che lo vedono protagonista di questa iniziativa tra elogi e manifeste intenzioni d’acquisto. Gli elogi sono il pane quotidiano di una pagina di un artista ambito, ma le intenzioni d’acquisto no.
Non va trascurato l’aspetto, né dato per scontato. Aziende spendono impegno e risorse alla ricerca di strumenti di monetizzazione delle attività su Facebook. Nel caso specifico si registra un successo: persone che dichiarano di voler acquistare o aver acquistato.
Per l’emersione di questo dato è stata utilizzata un’analisi linguistica che opera all’estrazione di bigrammi, coppie di parole relate e frequenti, in cui le intenzioni d’acquisto si manifestano nel primo terzo di un corpus di 33 bigrammi. Un successo.
Ribadendo che si tratta di valutazioni supportate dai dati, ma fondate su un dataset di esigua portata, si possono fare alcune valutazioni, o almeno alcune stime.
Ciò che emerge da questa esperienza è una certa capacità di convertire dinamiche di influenza in processi d’acquisto, il ché può rappresentare un forte segnale in materia di pianificazione di strategie sui social media. L’esperienza in sé ha incontrato i favori di un bacino d’utenza [quello di Jovanotti] che, a questo punto, potrebbe valer la pena di monitorare, per studiare ulteriori soluzioni che conducano alla comprensione del fenomeno, fosse anche solo per comprendere se c’è materia prima su cui operare o sia da considerarsi come fenomeno non replicabile.
Per quanto riguarda il pubblico “di casa” l’esperimento, su Facebook, parrebbe non riuscito, in virtù di numeri non altisonanti e, in più, commenti molto piccati che riescono a raccogliere più like e adesioni di quanti non ne ottengano i commenti pubblicati sulla pagina dell’artista, ben più interattiva ed “abitata”.
Il legame creato tra La Stampa e Jovanotti potrebbe aver restituito informazioni molto più importanti e capaci di garantire risultati meno costosi, sotto ogni punto di vista, e sicuramente più prospettici: i temi rilevanti di cui il pubblico vorrebbe si parlasse. In fondo i social servono, anche, se non soprattutto, a questo, no?
Anche i dati Audiweb, come mostra il grafico sotto riportato, dimostrano che da parte dei lettori de La Stampa non vi è stato entusiasmo per l’iniziativa con sia gli utenti unici che le pagine viste che non incrementano assolutamente in occasione dell’iniziativa seguendo invece il trend normale. Ai lettori de La Stampa NON piacciono i Jovanotti.
Se è vero che ci salveranno i ventenni di oggi, come scrive Mario Calabresi, allora, forse, bisognerebbe parlare a loro. Di loro. Con loro.
Chiariamoci: non è che il giudizio sia per forza alla ricerca del deteriore. Anzi. Ben vengano iniziative di ogni genere, per dare scossoni a questo mondo del giornalismo online e offline in crisi come l’editoria tutta. Ben venga anche questa.
Ma il direttore per un giorno non è certo sinonimo di programmazione a lungo termine, è un evento che si sviluppa, si consuma e si esaurisce in 24 ore [tranne che per chi, poi, cerca di analizzare la cosa anche a costo di prendersi del “vecchio trombone”]. Esattamente come quel concerto — sempre di Jovanotti — su Rai1, che non ha affatto rivoluzionato e ringiovanito la programmazione generale della rete ammiraglia del servizio pubblico televisivo. Così, se si vuole parlare ai ventenni, se si vogliono inseguire i “millennials”, bisognerebbe fare un passo indietro e ascoltarli, capire cosa leggono, cosa ascoltano, cosa guardano. Magari assumerne qualcuno. Farlo crescere. Garantire il ricambio generazionale. I direttori per un giorno passano. I lettori, finché esisteranno, cercheranno giornalisti che scrivano per loro. E li cercheranno per sempre.
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