A letto con la scrittrice Cristiana Pivari, autrice de IL NUMERO 52, Edizioni della sera, 2014

Da Gnoma
Non è facile scrivere un romanzo quando i personaggi ti si rivoltano contro, se poi, nel frattempo, qualcuno ti ammazza anche il padre l’impresa diventa ardua. Non tutto il male viene per nuocere, però, e allora c’è l’editore che si accorge di te perché sei diventato a tua volta un personaggio da cronaca nera e ti chiede di scrivere solo la tua storia. Più semplice a dirsi che a farsi. Chiedetelo a Matteo, scrittore esordiente, alle prese con situazioni surreali che lo confondono anche se alla fine riuscirà a scriverlo, questo benedetto romanzo. Ma sarà andata davvero come ce la racconta? Ora che sapete di che  tratta il romanzo entriamo nella camera da letto della scrittrice Cristiana Pivari.
Lo spunto è nato proprio dal sogno che menziono sopra. Chi scrive sa benissimo che a un certo punto i personaggi fanno di testa loro, non ce n’è. Riescono anche a metterti in situazioni imbarazzanti perché tu non avevi previsto quel colpo di scena, che comunque ci sta, ma crea un po’ di scompiglio nella trama che avevi in mente e allora tocca rimediare. Io ci parlo pure con i personaggi, li interpello e quindi posso dire che il mio romanzo ha un’origine autobiografica dove ci è scappato pure il morto che praticamente ha deciso la sua fine da solo. Quando mi sveglio bevo subito un bicchiere di acqua tiepida con succo di limone, poi il caffè. Quando arrivo in ufficio mi mangio una o due mele. Se invece sono fuori casa e scendo in qualche albergo mi faccio il caffè all’americana con brioche e poi mi abboffo pure di tutto quello che trovo sulla tavolata imbandita, che sia dolce o salato non fa differenza. In realtà è una questione di tempo, mi sveglio all’ultimo minuto e quindi nemmeno volendo riuscirei a fare una colazione come si deve, mentre in vacanza ho tutto il tempo che voglio. La frase per iniziare la giornata: La paura, si parlava della paura e di quanto questa condizioni le nostre vite senza che noi ce ne rendiamo minimamente conto perché le diamo un casino di altri nomi e, a forza di rinominarla, non la riconosciamo più. La chiamiamo ambizione, ansia da prestazione, arriviamo persino a chiamarla amore, ma con l’amore non ha nulla da spartire. Abbiamo paura di non essere accettati, di non essere all’altezza, di non essere amati e abbiamo una paura fottuta di morire che poi è la forma estrema che le racchiude tutte. E tutto questo ci fa camminare incerti, fa sì che ricorriamo agli ansiolitici, all’alcol, allo shopping selvaggio e compulsivo fino a distruggerci.
Considerazione di fine giornata dedicata soprattutto agli amici scrittori: Uno scrive convinto di aver tutto sotto controllo, poi accade che a un certo punto i personaggi ti prendano la mano e inizino a scriversi da soli. Di chi è stata l’idea? Di Aldo, sicuramente. Se Ludmilla fosse stata colpevole, lui sarebbe sparito dalla scena, invece così rientra fra le righe alla grande, da protagonista, e io non posso che assecondarlo, perché l’alternativa sarebbe inventarsi qualcosa d’altro. Noi scrittori siamo un mezzo della fantasia per raggiungere la realtà, convinti di avere in mano il gioco, siamo solo degli strumenti in mano a personaggi che si muovono nel regno dell’invisibile che non vedono l’ora di far conoscere le loro storie al mondo, o a quel centinaio di persone che li leggono. Che strana sorte. Qualcuno raggiunge il mondo intero e ha pure la fortuna di finire sul grande schermo che gli regala anche un volto. Altri rimangono solo sulla carta di pochi libri e poi vengono dimenticati per sempre. Grazie per avermi concesso una intervista così intima Ciao Federica, grazie a te e diamoci del tu visto che ho fatto questa intervista praticamente in pigiama.
Amo questa autrice!

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