Il Teatro Duni di Matera che venerdì 18 marzo ha accolto il fondatore di Emergency, Gino Strada, era ancora addobbato a festa, quella per i 150 anni dell'unità d'Italia celebrati il giorno prima: coccarde verdebiancorosse sulle pareti e fiori sul palco altrettanto verdebiancorossi, gli stessi colori che illuminavano i getti d'acqua dell
a fontana in Piazza Vittorio Emanuele, poco distante dal teatro.
Eppure Strada, fin dalle prime battute, ha preso le distanze dal clima celebrativo del 17 marzo, lanciando la prima delle sue provocazioni: “ad unire oggi gli italiani non sono i colori della bandiera ma un drammatico senso di impotenza”. Il dibattito finale che ha chiuso l'incontro gli darà tristemente ragione: giovani, anziani e donne hanno preso la parola per chiedere al famoso chirurgo della ONG di suggerire la soluzione – cosa fare,
chi votare – alle problematiche toccate durante la serata. A partire dalla guerra, anzi dalle guerre, quelle in corso e quella che sarebbe scoppiata di lì a qualche ora in Libia; passando attraverso il tema dell'istruzione che non dovrebbe essere affidata a chi vuole fare business sulla formazione; per finire alla sanità e agli ospedali trasformati in aziende, con un interrogativo inquietante: è civile un Paese in cui si fa profitto sulla salute?
Un punto di partenza per le centinaia di persone presenti in sala potrebbe essere il manifesto firmato Emergency “Il mondo che vogliamo” – letto da Strada in apertura dell'incontro - in cui si auspica che il Governo possa garantire “il diritto a cure mediche di elevata qualità e gratuite e il diritto a una istruzione pubblica che sviluppi la persona umana”. Un mondo semplice, quindi, basato su principi e valori che dovrebbero essere scontati e di cui invece, in Italia, c'è ancora bisogno di discutere: “Noi oggi dovremmo vergognarci di essere italiani!”. Su questa esclamazione in sala è scattato l'applauso, ma chissà quante delle persone che hanno battuto le mani avevano avuto il giorno prima uno scatto d'orgoglio nazionale nell'ascoltare le note e le parole dell'Inno di Mameli.
Dopo aver toccato anche altri temi che richiederebbero un'urgente riflessione da parte di tutti e dopo il no comment sull'informazione – “qualsiasi osservazione rischierebbe di risultare pleonastica” - ha preso la parola Maso Notarianni, condirettore della nuova rivista di Emergency, E, che verrà diffusa a partire dal 6 aprile.
“C'era una volta un coraggioso soldato che, uccidendo il lupo cattivo, esportò la democrazia in un Paese povero, povero, pieno solo di inutile petrolio”, si legge sul modulo distribuito fuori dalla sala per sottoscrivere l'abbonamento al mensile: utile e scandalosamente bello, darà spazio ai racconti, anche quelli che si chiudono con un happy end e che solitamente non sono considerati notiziabili. Tra quelli narrati nel primo numero, la storia dei numerosi pendolari che ogni giorno viaggiano sulla tratta ferroviaria Bari-Matera: 72 chilometri percorsi in un'ora e mezza da un locomotore a gasolio con soli due vagoni. Una storia che ha i colori degli anni Trenta del Novecento quando si progettarono le strade ferrate del Mediterraneo e che, però, non lascia spazio alle polemiche; il racconto, firmato da Christian Elia, di un viaggio in cui il lento convoglio diventa l'apprezzato strumento per gustare una velocità inedita in un presente accelerato e per fermarsi ad osservare la gente che ogni giorno attraversa il “mare di grano”, dalla pendolare desiderosa di scambiare quattro chiacchiere all'anziana signora che, accomodandosi sul sedile in legno rivestito in pelle, si rilassa come se fosse arrivata a casa sua, al controllore che passa a chiedere i biglietti solo se individua qualche faccia strana. Potrebbe essere questo il mondo che vogliamo?
di Marika Iannuzziello