“A me mi fa paura crescere”

Da Strawberry @SabyFrag

Tralasciamo l’enorme errore di grammatica, che al solo sentirlo ho avvertito un brivido corrermi lungo la schiena. Ma quando quella ragazza seduta dietro di me sull’autobus ha pronunciato questa frase, con una spontaneità schiacciante, ho sentito – oltre al brivido – una scossa nel profondo. Lei parlava con il suo ragazzo e discutevano del futuro, della tesi e della loro vita dopo la laurea, dei lavori o meglio della mancanza di lavoro dei loro amici già laureati. E io ascoltavo, rapita da un discorso che, nella sua semplicità e con tutti i suoi errori, era tutto ciò che ho sempre pensato a proposito della mia vita e di quella dei miei amici, compagni di un’avventura tutt’altro che emozionante: il mondo dopo l’università.

Quando abbiamo cominciato ad avere così paura del futuro?

Ricordo che da bambina ero più che sicura di cosa avrei fatto da grande. Guardavo E.R. o la Dottoressa Giò (si lo ammetto, ma ero un’infante, abbiate pietà), I ragazzi della terza C o Compagni di scuola e sapevo che nella vita avrei fatto la dottoressa o la professoressa. Facevo merenda con anime giapponesi e serie americane (che a quell’epoca si chiamavano cartoni animati e telefilm e basta) ed ero sicura che il mondo era sempre più vicino e che avrei viaggiato con la stessa facilità con cui la domenica insieme ai miei genitori andavo a trovare i miei parenti a 50 km da casa. Leggevo libri su libri e confidavo che la cultura mi avrebbe reso una donna migliore.

Sì, ero un mare di certezze da piccola.

Quando sono cresciuta, ho seguito un percorso che mi ero delineata da sola, conscia di inorgoglire i miei che volevano per me un futuro radioso. Studiavo, prendevo bei voti, poi assolutamente il Liceo e una volta diplomata l’università, possibilmente fuori casa, così avrei imparato a essere indipendente. Al liceo le certezze hanno cominciato a vacillare. “Scegli quello che ti piace! Non ti uniformare, non essere banale, vai lontano da casa e fatti una vita altrove, cresci e sii fantastica!”, questo mi ripetevo mentre cercavo la facoltà adatta a me.

Ero un mare di insicurezze da adolescente.

Ma avevo ancora fiducia nel mio futuro. Volevo spaccare, volevo volare, imparare a cavarmela da sola. Basta mamma, basta papà, basta amici poco interessanti e preoccupati solo di come apparire il sabato sera. Volevo gente stimolante attorno a me, che mi mostrasse cosa ci fosse al di là del nido. E volevo apprendere tutto il possibile che potesse servire a crescere e diventare la persona fantastica con  una carriera da sogno che desideravo.

Moltissimi chilometri da casa e mille cose da scoprire e persone da conoscere. Gli anni universitari ci hanno colto nel momento in cui la vita vuole mostrarci come sia veramente, ma a ben guardare, eravamo ancora protetti dalla nostra ingenuità giovanile, dall’amore familiare che arriva nonostante la distanza, da un universo come quello dell’università in cui sei una matricola, uno studente, un fuori sede, un nome su una lunga lista durante l’appello per un esame, un voto sul libretto e una corona d’alloro il giorno della laurea. E vivi la vita dello studente, tra esami e sessioni, vero, ma anche tra uscite con gli amici, feste, sbronze, incontri interessanti. Ti politicizzi o semplicemente ti informi, hai un opinione su tutto ciò che succede nel mondo e ti indigni e approvi ammirazione per questo o per quell’altro. Alcuni di noi lavorano e studiano, altri fanno lavoretti part time, altri ancora non fanno nulla. Ma intanto gli anni passano, gli esami diminuiscono e la tesi è quasi pronta e tu ti rendi conto che di tutte le certezze che avevi da bambina si sono dissolte. La dottoressa non la puoi più fare, ha studiato Lingue. E la professoressa meglio che ci metti una bella pietra sopra. E poi non è neanche più quello che vuoi fare. Continui a sognare di diventare una persona interessante, di far carriera in una campo creativo e dinamico, di fare un lavoro che ami e he ti dia soddisfazioni. Ma i sogni sono sempre più indistinti, sfumati sullo sfondo di una realtà schiacciante.

Dopo la laurea ti ritrovi ad annaspare in un mondo a cui non sei mai stato realmente preparato. Un mondo che, per un motivo o per un altro, ti mette in difficoltà e a volte sembra proprio non volerti. E alla fine i sogni li metti in un cassetto e li lasci a far la polvere e tutto ciò che vorresti è solo un lavoro, solo uno scopo, solo un senso da dare alla tua esistenza. Incredibile come le cose si facciano complicate all’improvviso, come tutto appaia in salita e pieno di ostacoli.

Tutto a un tratto, sei un mare di paure.

Non sono una persona a cui piace crogiolarsi nei propri problemi. Né sono quella che si ripete di continuo quanto la vita sia ingiusta o crudele. Crescere significa anche saper affrontare le difficoltà di petto… credo. Ma lentamente nell’animo si annida qualcosa che non hai mai provato prima. Una paura, quasi ancestrale, per ciò che viene dopo. Per un futuro che sembra non appartenerti più. Qualche tempo fa, da qualche parte lessi che crescere è una fregatura. Penso che la fregatura stia proprio tutta in quella paura lì. Tutti noi troveremo una strada da percorrere, ci impegneremo e avremo anche un po’ di fortuna per trovare un posto nel mondo, ma mai più ci sentiremo forti e sicuri, mai più avremo quella fiducia che colorava le nostre giornate di bambini. Vedo me e i miei amici, penso alle vite che conduciamo, ai discorsi che facciamo ora e ripenso a quanto siano diversi da quelli di un paio d’anni fa. L’amica che è espatriata e non vuole tornare più perché significherebbe buttare quel qualcosa che ha costruito per un vuoto cosmico qui in Italia, l’amico che lavora in Francia che ha la ragazza qui e chissà quando si riuniranno dopo anni passati insieme stretti l’uno all’altro, l’amica laureata che si reinventa babysitter per sbarcare il lunario, quella che torna al suo paese ed è in attesa di una chiamata, chi ha deciso di fare un lavoro diverso da tutto ciò che ha studiato – ché a saperlo la specialistica se la sarebbe risparmiata – chi decide di andare a convivere, chi non sa se farlo o meno, chi si lascia perché la relazione non ha resistito all’impatto con la realtà, chi fa un master per carpire idee e ispirazioni su che strada prendere, insicura del suo futuro lavorativo ma anche amoroso.

Allora quelle parole dette da una sconosciuta in autobus tornano a risuonarti nella testa. “A me mi fa paura crescere”. E ti accorgi che sono tra le parole più vere che tu abbia mai sentito.