N-W è una narrazione complessa, non cronologica, straripante di periferie urbane degradate, sesso, droga, adolescenze inquiete, aspirazioni frustrate e altre che, anche soddisfatte, non consentono di catturare la felicità.
Le protagoniste del romanzo sono Keisha e Leah, amiche d’infanzia, di colore la prima e bianca la seconda, che vivono in un quartiere povero nella zona Nord Ovest di Londra (da qui il titolo). Dopo le scorribande adolescenziali le due ragazze intraprendono cammini di vita diversi, restando però sempre unite, in nome di un’amicizia, che nel romanzo si rivela come un sentimento ben più forte e duraturo dell’amore.
Lo stile di Zadie Smith, geniale, specialmente nei dialoghi, è estremamente efficace quando descrive le inezie che rendono il quotidiano di ciascuno un’epopea irripetibile. Attraverso frequenti digressioni, la scrittrice introduce personaggi marginali ma dotati di un realismo doloroso, le cui vicende si intrecciano in qualche modo a quelle delle protagoniste principali e completano l’opera di descrizione di un mondo in cui l’incomunicabilità tra classi sociali è una costante.
Da sin: Giuseppe (Huffington Post), Luigi (Flanerì), Silvia (Finzioni), Zadie Smith, Patrizia (Leultime20), Gloria (Critica Letteraria)
E per saperne di più sullo Zadie Smith pensiero, Mondadori (che approfitto per ringraziare) ha organizzato un incontro con la scrittrice a Roma, al quale ho partecipato con altri quattro (preparatissimi) blogger: Gloria Ghioni di Critica Letteraria, Silvia Dell’Amore di Finzioni Magazine, Luigi Ippoliti di Rivista Flanerí e Giuseppe Fantasia dell’Huffington Post. Una straordinaria opportunità per tutti noi di conversare con un’autrice dalle risposte accurate e mai banali, proprio come le sue pagine.
Zadie Smith, che ha vissuto per qualche tempo in Italia (della quale dice di non aver ancora capito la vita sociale) e che nella sua conversazione ama far “cadere” qui e là qualche parola nella nostra lingua, ha sottolineato come in Inghilterra si tenda a evitare di mettersi in relazione con chi è di diversa estrazione sociale. In N-W le barriere sociali sono muri che una volta scavalcati rendono difficili i rapporti con chi è rimasto indietro.
In UK vige l’idea che accedere alla borghesia ti renda felice (lo dice in italiano, nda), ma io credo che in realtà sia un passaggio che porta all’isolamento. Da noi la gente ricorda con nostalgia i tempi del college perché sono gli ultimi in cui si vive davvero in comunità. Dopo, si finisce per ambire all’esclusività e, anche se si abita come me, a New York, in condomini da duemila persone, si conduce una vita asociale. Non è una questione di architettura, gli spazi posso essere bellissimi, ma di come si trattano reciprocamente le persone al loro interno. Tutto ciò è deprimente.
La storia di Keisha Blake, che per alcuni versi ricorda quella dell’autrice (nata proprio nella periferia nord ovest di Londra da padre inglese e madre giamaicana) lo dimostra. Nel romanzo, la ragazza, desiderosa di affrancarsi dalle umili condizioni della sua famiglia, ottiene una brillante carriera come avvocato, cambia persino nome, trasformandolo nel più inglese Natalie e si sposa con Frank, un ragazzo benestante da cui ha due figli. Ma l’uscita dalla working class non è mai un processo indolore e soprattutto non garantisce la felicità, come ha spiegato Zadie Smith rispondendo a una domanda di Giuseppe Fantasia dell’Huffington Post:
Quando cambi classe sociale ti lasci alle spalle tanta gente. Fratelli, amici, famigliari e ti autogiustifichi dicendoti che tu sei stato più bravo, hai lavorato di più, ma non è così. Ci sono persone che fanno due o tre lavori e faticano a sopravvivere. La pigrizia delle classi più povere, secondo la mia esperienza, non è una giustificazione.
I temi di N-W sono in parte gli stessi che avevano decretato lo straordinario successo di Denti bianchi, il romanzo d’esordio che le case editrici inglesi si erano contese alla fine degli novanta, prima ancora che il libro fosse terminato. Eppure, lo sguardo della scrittrice sulle vicende del suo paese è meno scanzonato e questa differente percezione, una sorta di sfiducia che affiora in ogni pagina, mi è stata confermata dall’autrice:
Quando è uscito Denti bianchi avevo 23 anni e sentivo una forte gratitudine per il mio paese che mi aveva dato tanto. Avevo studiato gratuitamente ed ero lieta di aver avuto quella possibilità, ma oggi niente di tutto ciò è fattibile, c’è più antagonismo e minori possibilità di crescita.
Che Londra stia vivendo un momento difficile lo dimostra anche l’idea dalla quale il romanzo ha preso il via nella mente di Zadie, che l’ha riprodotta fedelmente nelle prime pagine del libro in cui Shar, una giovane sbandata, bussa alla porta di Leah per chiederle del denaro con la scusa di dover aiutare la madre ricoverata d’urgenza in ospedale. Spiega la scrittrice:
Da tempo in diversi quartieri londinesi capita che qualcuno bussi alle porte delle case dicendo di avere bisogno di aiuto per una situazione di emergenza e, una volta ottenuto qualche soldo, sparisca. Casi che hanno fatto scandalo e su cui ho voluto riflettere perché testimoniano una disperazione reale. La storia è nata così.
Uno degli elementi che fanno di N-W un romanzo davvero peculiare è il suo linguaggio, fatto di dialoghi rubati alla strada, poesie e testi di canzoni, virgolettati da intuire e frasi fulminanti, di quelle che si sottolineano e non si scordano più. Un esempio? Difficile scegliere, ma proviamoci:
“La vita non è un videogico, Felix… non è che dopo un certo numero di punti passi al livello successivo. Anzi, non esiste nessun livello successivo. La brutta notizia è che alla fine tutti muoiono. Game over”.
Difficile spiegare meglio il concetto.
N-W non deve essere stato una passeggiata per il traduttore (che nella versione italiana ha forse un po’ esagerato con il verbo “telare” e i ripetuti “Naaaa” al posto del “No” ma è un’opinione del tutto personale) e il tema è stato oggetto di conversazione durante l’incontro. Sollecitata da Luigi Ippoliti (Rivista Flanerí), Zadie Smith ha ammesso di aver compreso tardi l’importanza e il potere della traduzione.
Da giovane non apprezzavo abbastanza il lavoro dei traduttori perché non capivo nulla di quello che scrivevano. Ora che so quanto è difficile imparare una nuova lingua mi metto molto più in relazione con loro e comprendo quanto possa essere complicato trovare le parole giuste per tradurre, per esempio, un linguaggio colloquiale.
La complessa trama – non trama che caratterizza N-W (e che spesso obbliga il lettore a rileggere i brani in cerca di un appiglio per ritrovare il filo della narrazione) ha originato la domanda di Gloria Ghioni sulle abitudini di scrittura dell’autrice. Mentre già immaginavamo Zadie alle prese con schemi e dettagliate descrizioni dei suoi personaggi, lei ha sorpreso tutti ammettendo candidamente di non prendere mai appunti e di sviluppare il romanzo esclusivamente nella sua testa.
So che ci sono scrittori che riempiono la stanza di post it, io invece non faccio nulla. Mio marito spesso mi suggerisce di prendere appunti per non scordarmi le idee, qualche volta ci provo ma lo trovo davvero “noioso“, you know. In realtà io seguo il piano approssimativo che ho in testa e basta. Forse, se dovessi scrivere un libro di fantascienza, avrei bisogno di uno schema per la trama, ma non è il caso dei miei romanzi.
Questa capacità mentale è probabilmente il frutto della grande passione per la lettura che Zadie Smith, rispondendo a una domanda di Silvia Dell’Amore (Finzioni Magazine), ha dichiarato di considerare una vera e propria arte, al pari della musica, che come tale va esercitata.
Internet ci ha abituato a letture superficiali e rapide, ma è fondamentale recuperare la capacità di leggere lentamente e di concentrarsi. E’ una questione di pratica e costanza.
Zadie Smith, che è diventata mamma da pochi mesi, nel romanzo affronta anche il tema della maternità e lo fa non senza conflitti. Da un lato una delle sue protagoniste diventa due volte madre, ma l’amore materno non le impedisce di essere infelice, né di cercare gratificazioni fisiche nel sesso occasionale con coppie di sconosciuti, dall’altro Leah è terrorizzata dalla gravidanza e assume anticoncezionali all’insaputa del marito che sogna disperatamente di diventare padre. In questo pantano di sentimenti, per fortuna, non entrano i bambini, oggetto e mai soggetto degli eventi.
Ho concluso il mio turno di domande a Zadie Smith con un quesito classico delle mie interviste agli scrittori: qual è stato il complimento più bello e la critica più fastidiosa ricevuti? Lei ha risposto così:
In genere i commenti positivi non mi restano in testa a meno che non siano estremi come quello di un lettore che poco tempo fa ha detto di volersi tatuare un passaggio di un mio libro sul braccio! Invece, le critiche negative sono state varie. Quando ero agli esordi molti giornali inglesi hanno scritto che ero riuscita a pubblicare soltanto perché con il manoscritto avevo mandato una mia foto alla Penguin. E poi che il fatto di essere di colore mi aveva agevolato. Tutte bugie.
Per capire quanta accuse del genere siano infondate è sufficiente leggere il romanzo. Qualsiasi cosa si stia cercando nella letteratura, in N-W c’è.
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