Può la storia degli italiani essere influenzata da alcuni tratti comuni, a prescindere dagli anni di riferimento ai quali si cerca di puntare lo sguardo?
Se la storia cambia porta, come è lecito che sia, altrettanti cambiamenti fondamentali in moltissime delle ' sfere' che riguardano lo scibile umano: politica, società, economia, classi dirigenti, medicina, ambiente, scienze e tecniche, discipline umanistiche, [...].
Sono tante le branche che subiscono modifiche con l'incedere della Storia, potendo imprimere alle società di riferimento cambiamenti anche consistenti.
La quantità di mutamenti può essere riconducibile in chiave allargata ad alcune caratteristiche di base delle popolazioni di riferimento che dovrebbero ( in teoria) solo subire un cambiamento?
Con quanta credibilità è invece possibile sostenere la tesi secondo la quale sono anche i popoli ad esercitarsi ed applicarsi nella determinazione di modifiche anche importanti ad alcuni status quo?
A queste domande è possibile cercare risposte delineando profili specifici, nei quali italiani ( ed italiani medi) si trovano inevitabilmente a muoversi: meccanismi di conoscenza e protezione della res publica, criteri di voto e di elezione delle classi politiche, padronanza dei meccanismi tecnico-economici che regolano le complessità esistenti ed altri infiniti esempi potenziali.
Da queste basi, pertanto, è lecito domandarsi davvero quanto i cambiamenti siano attribuibili a componenti esterne e quanto siano riconducibili a fattori interni e/o di proprie ' colpe'.
Sia che si tratti di evoluzione o di involuzione, dunque, sembrano essere molte le componenti che regolano il modificarsi della società.
Possono esistere, fra questi, alcuni tratti comuni caratteristici delle popolazioni che risiedono nelle varie nazioni genericamente identificate? Quanta parte di questi discorsi può essere estesa anche al contesto italiano? La società italiana riesce davvero ad adattarsi positivamente al cambiamento?
Risulta invece sferzata da alcuni suoi difetti ' interni', primo fra tutti l'ignoranza e la scarsa cultura a certi livelli più che diffuse? Di quanto riescono ad influire ancora oggi ' difetti' culturali e di varia matrice cumulatisi nel passato più e meno recente?
E' anche attorno a queste domande che cerca di promuovere una serie di ragionamenti l'opera " A noi! - Cosa resta del fascismo nell'epoca di Berlusconi, Grillo e Renzi", scritto dal giornalista Tommaso Cerno e pubblicato da Rizzoli Editore.
Il punto fondamentale dal quale partire potrà riguardare, nei fatti, quello di cercare di capire quali siano stati i cambiamenti principali che hanno caratterizzato la società italiana.
In tale contesto, la scelta del giornalista è stata quella di analizzare una certa realtà identificandosi al meglio possibile con il punto di partenza legato all'epoca fascista.
Tale necessità è chiarita in termini espliciti dallo stesso autore, sin dalla copertina:
"[...] Nella lingua italiana c'è una parola che, da più di 90 anni, non è mai passata di moda: fascismo. Definisce il Ventennio di Mussolini da cui [...] abbiamo preso espressamente le distanze.
Eppure da allora non abbiamo mai smesso di utilizzare l'aggettivo 'fascista' per bollare uomini politici, movimenti, ma anche gruppi sociali e persino comportamenti comuni. [...]"
L'analisi di certe epoche storiche potrà e dovrà promuovere una lunga serie di considerazioni personali relativamente ai fondamenti storici che possono nascondersi dietro ( apparentemente) semplici osservazioni linguistiche. Così facendo, infatti, il proseguimento dell'esposizione risulta più che chiaramente definibile:
"[...] In questo saggio, Tommaso Cerno parte da una semplice osservazione linguistica per riflettere sull'Italia di oggi. Perché continuiamo a usare un termine legato a un periodo storico ormai morto e sepolto? Vuol forse dire che qualcosa, di quel periodo, è rimasto nel modo di essere di noi italiani?
Unendo analisi storica e interpretazione dell'attualità, Cerno va alla ricerca di figure carismatiche, scelte politiche e fenomeni sociali che mostrino una matrice comune con l'era del Duce. [...]"
I meccanismi di analisi e descrizione della realtà presente e passata dovrebbero permettere di delineare il quadro grazie al quale cercare di definire specifici tratti di definizione di politiche future. Lo scopo di un compito simile sarà possibile da svolgere partendo da pochi ma ben saldi punti di riferimento, successivamente sviluppati estesamente nel dipanarsi dell'opera:
"[...] l'analisi di Cerno non si ferma alle biografie: interpreta gli stili di comunicazione [...]; sfata l'idea che certi comportamenti siano tipici del nostro tempo [...]; individua pregiudizi e forme di discriminazione [...]. E che dire dei disinvolti ribaltamenti di potere [...]? [...]"
L'obiettivo dell'opera risulta essere estremamente chiaro, alla luce delle dinamiche storiche che hanno gestito e stanno definendo i profili di azione ed esistenza di un popolo come quello italiano:
"[...] 'A noi!' [...] ci fa capire chi siamo stati, chi ci ha governato e ci governa. E soprattutto chi siamo, noi italiani. [...]"
Libro che si muove ricercando un preciso filo conduttore che, pertanto, sappia essere anche assoggettabile a critiche o difetti di argomentazione. Prescindendo dalle opinioni, comunque, dovrebbe risultare fondamentale la necessità di rincorrere certi limiti che sembrano ( purtroppo) caratteristici di un popolo intero:
"[...] Difetti che non sono scomparsi, sono solo mutati di sembianza. E che ritroviamo ancora oggi.
Se sappiamo dove andare a cercarli. [...]"
La parte più importante e difficile al tempo stesso consiste proprio nel saperli trovare, questi difetti quasi ancestrali del sistema Italia. Leggere per informarsi, dubitare, confermare.
Leggerne anche per confutare. Più e meno giustamente.