A ognuno la sua infrastruttura

Creato il 20 novembre 2015 da Propostalavoro @propostalavoro

C'è chi guarda avanti e chi no. Noi italiani, no di sicuro. Mentre il Governo, nei giorni scorsi, annunciava la decisione di riesumare il progetto del Ponte sullo Stretto, gli altri paesi guardavano al futuro.

Dall'Inghilterra, infatti, arriva la notizia della partenza della banda larga "super", la nuova linea internet, capace di andare alla velocità di 5 gbps. Roba dell'altro mondo se si pensa che in Italia - fate la prova, su un qualunque sito di comparazione tariffe – il massimo della banda larga è di 100 mbps, cioè circa 5 mila volte più lenta.

Certo, la nuova super banda è ancora lontana dalla commercializzazione di massa (il suo costo, infatti, si aggira sulle 399 sterline, circa 568 €), ma si tratta di un enorme passo avanti, nello sviluppo di un'infrastruttura che sta diventando ogni giorno sempre più importante nell'economia globale. E l'Italia quanti passi avanti sta facendo, in questo campo?

Qui casca l'asino. Il Governo più social degli ultimi anni sta palesemente perdendo il treno dello sviluppo del web: il progetto della banda larga, evocato fin dall'allora Governo Monti – che creò, addirittura, una struttura ad hoc per seguirne lo sviluppo, l'Agenda Digitale – è ancora fermo al palo, per due motivi, la carenza di fondi e la mancanza di un piano organico.

Lo scorso marzo, il Consiglio dei Ministri aveva approvato un documento programmatico - nulla più che una dichiarazione d'intenti – che prevedeva lo stanziamento di 12 miliardi di euro per lo sviluppo della banda larga di ultima generazione, di cui almeno 7 provenienti dalle casse dello Stato. Di questi, però, solo 2 miliardi furono resi subito disponibili per il progetto, mentre si rimandava al futuro l'assegnazione di altri fondi.

Ed eccoci allo scorso ottobre, quando il Governo ha sbloccato altri 2,2 miliardi di euro, mentre, nel frattempo, il progetto finiva sotto la lente d'ingrandimento dell'Unione Europea, sempre pronta a bacchettare il nostro Paese, tristemente famoso per avere una gestione pessima dei soldi messi a disposizione da Bruxelles. E gli altri fondi? Ancora tutto in alto mare, anche perchè il coinvolgimento, voluto da Renzi, di Enel non produrrà niente fino, almeno, al prossimo anno.

E qui viene l'altro problema: senza un attore, deputato a svolgere il compito di esecutore dei piani del Governo, l'espansione della banda larga procede a macchie di leopardo, soprattutto grazie ai privati, i quali, però, si stanno occupando solo di coprire le zone più "remunerative", cioè le grandi città.

Ecco il motivo per cui, l'I-Com Broadband Index – il rapporto sullo sviluppo delle reti di ultima generazione – ci collaca al 25° posto della classifica, con appena l'8% dei comuni italiani coperti dalla banda larga. Tutto questo non fa bene all'economia che, infatti, secondo uno studio del Censis, perde 3,6 miliardi di euro all'anno, a causa del digital divide, mentre l'impatto delle nuove tecnologie sul PIL è del 4,8%, contro una media europea del 6,8%.

C'è, però, speranza: rispetto ali ultimi anni, infatti, il Paese ha fatto dei notevoli progressi, testimoniati dal fatto che la percentuale di sviluppo delle nuove reti ha fatto un balzo in avanti del 14%, contro una media europea del 5%. Il problema, come dicevamo, resta che i singoli attori coinvolti – Stato e privati – non fanno squadra, ma procedono per conto proprio, ostacolati da burocrazia e fondi con il contagocce.

Forse, se ci si mettesse d'impegno, avremmo finalmente un'infrastruttura utile e remunerativa per l'economia, sicuramente più del Ponte sullo Stretto.

Danilo