A proposito della credibilità.
Nella prefazione a Lord Jim, Joseph Conrad riflette su quanto certi recensori affermavano a proposito di questa sua storia. Scrive dopo sedici anni dalla pubblicazione dell’opera, e arriva alla conclusione che, ebbene: è credibile. Le critiche invece affermavano che non lo fosse affatto; che gli fosse scappata la mano, e quello che doveva essere un racconto, era diventato un romanzo. Soprattutto, che non era credibile che qualcuno raccontasse per così tanto tempo una storia, e che ci fosse pure qualcuno disposto ad ascoltarlo.
Il punto è che il metro di giudizio da usare è il valore e l’efficacia. È “credibile” che un uomo adulto, con uno scudiero, se ne vada in giro a combattere contro nemici che vede solo lui?
E un ciocco che diventa bambino, è credibile? E un uomo che al mattino si sveglia trasformato in un insetto? Orsù!
Di solito la credibilità è l’argomento preferito da quanti leggono, ma non sanno leggere. Se ne stanno pronti a misurare quanto la storia risponda a quello che essi ritengono il criterio principe.
E ben presto emettono la loro sentenza.
In realtà quello che a costoro sta a cuore è che la storia sia in sintonia con la loro visione; solo allora diventa credibile.
Oppure, immaginano che lo scrittore debba attenersi a una realtà di comodo, dal quale sono esclusi tutti gli aspetti che possono turbare (loro, si capisce).
O ancora, siccome un autore (se ha un poco di ambizione), va oltre alle apparenze, di sicuro, secondo il loro punto di vista, cerca di imporre la “sua” visione, e fa opera di proselitismo, mentre invece dovrebbe essere “obiettivo”.
È tutto sbagliato. Valore ed efficacia. Fine.