La città che mi ospita e mi dà da lavorare vive un momento di estrema confusione. Ci sono anche le manifestazioni di piazza. Chi partecipa è fondamentalmente un gruppo di ragazzi che sfogano giustamente la loro rabbia. Per lavoro sono sempre presente. A volte mi becco anche la mia dose di insulti, assieme ai miei colleghi (pennaiolo, servo del potere, prezzolato). Fa parte del gioco delle parti. A volte, invece, si riesce a scambiare quattro chiacchiere con i contestatori. La maggior parte di loro si dichiara fieramente Anarchico. Perchè non vanno a votare, perchè non credono nelle istituzioni. Forse perchè va di moda o per via dell’onomatopea gradevole. E allora mi torna in mente il mio amico Achille e con lui tutti i suoi vecchi amici. Quasi preistoria del pensiero. Vorrei chiedere a questi ragazzi prima di dichiarasi anarchici, di indagare sulla vita di questi uomini così difformi, lontani, estranei dall’idea generale e dominante di pratica della politica, del pensiero e della vita.
Li riconoscevi a prima vista dal modo di portarsi, e di essere e di fare. Se era un tornitore, era il più ingegnoso della sua officina, se era un avvocato era il più attento e dedito, se era un bracciante il più capace, se era un maestro il più giusto. Vite diritte. La dirittura era la loro unica forza. E così la dignità della loro esistenza; anche se erano morti di fame, e in gran parte così era, state pur certi che avevano da parte un vestito pulito e stirato, una camicia bianca, un fiocco rosso inamidato. E finito il loro lavoro così lì avresti sempre visti: signorili, quasi dei principi. Era quello che volevano, essere riconosciuti per questo.
L’anarchismo non è mai stato un’ideologia forte, una summa di certezze; è un ideale spirituale più che un’idea politica. Un fragile ideale nel cuore dell’epoca delle ideologie forti. Il comunismo, il liberalismo, le altre ideologie della modernità, quelle sì sono piene di certezze, e di certezze nutrono gli uomini che vi aderiscono. Fino a prova contraria, naturalmente.
Un anarchico è conscio che il suo ideale potrà realizzarsi solo oltre la storia, nel costituirsi di un’umanità nuova.
Questo è quello che mi è stato insegnato, questo è ciò a cui mi sforzo di attenermi. E so che questo fa di me un uomo fragile fra i forti, ma fa pur sempre di me un uomo. E mi è stato insegnato, e non dimentico, che, nell’epoca dell’indegnità, essere un uomo degno è comunque una vittoria. Chi me lo ha insegnato (i vecchi amici di Achille) ancora non sapeva che sarei vissuto in anni in cui la schizofrenia è diventata un modo del fare politica e affari largamente apprezzato.
Questo mi è stato insegnato. E per questo ti ringrazio, Achille, amico mio. Dovunque tu sia...