Confesso che anch'io sono stata allergica ai cosidetti "classici" per diversi anni: per me erano sinonimo di noia, di pesantezza, di inutilità. Anzi, direi che per anni ho letto solo fantasy, convinta che questo fosse il genere più entusiasmante di tutti. Sarà che crescendo un po' si matura, nel bene e nel male, sarà che mi piace troppo leggere per precludermi delle alternative, fatto sta che ho "scoperto" i classici come si può scoprire un fiore nel proprio giardino, che fino a quel momento era stato ignorato.
Con un parere largamente personale, dico che tali fantomatici classici hanno un non so che di superiore ai libri venduti oggi, un certo alone, una certa attrattiva che quei fax-simile di libri per adolescenti pubblicati oggi non vedono nemmeno da lontano. Non so voi, ma io, entrando in libreria, non posso fare altro che rimanere per un attimo affascinata davanti agli scaffali con Dumas, Austen, Wilde, o ancora più indietro nel tempo, Cicerone, Plauto e via di questo passo. Poi, certo, non è detto che li compri, anzi, ma non posso negare di trovarli affascinanti. Forse, chissà, il motivo di questa inspiegabile magia sta nel fatto che anche a distanza di secoli, queste storie, con i loro intrighi e i loro personanaggi, vengono ancora venduti e letti. Nulla che non abbia qualcosa di speciale, in grado di essere ricordato di generazione in generazione, può sperare in una fama così duratura.
Ecco perché già da un po' ho cominciato ad alternare la lettura di libri di piccole CE a quelli che molti conoscono - se li conoscono - di fama, non disdegnando, è chiaro, anche saghe e volumi pubblicati da marchi editoriali ormai già affermati. Vorrei inaugurare oggi e con questo articolo-recensione, non proprio una rubrica, ma quantomeno l'abitudine di parlare anche un po' dei classici che mi capitano fra le mani.
E vorrei iniziare con Cuore di tenebra di Joseph Conrad, acquistato approfittando del prezzo vantaggioso di soli 99 centesimi.
"La terra pareva soprannaturale. Siamo avezzi a posare lo sguardo sulla forma incatenata di un mostro domato, ma laggiù - laggiù si poteva posare lo sguardo su cose mostruose e libere. Era soprannaturale, e altrettanto lo erano gli uomini... No, non erano inumani. Be', sapete, quella era la cosa peggiore - questo sospetto che loro non fossero inumani. Ti prendeva a poco a poco. Urlavano e saltavano, e si rigiravano, a facevano facce orribili; ma quello che faceva rabbrividire era proprio il pensiero della loro umanità - come la nostra - il pensiero della remota parentela con quel selvaggio e veemente tumulto.".
Su una barca ancorata lungo il corso del Tamigi, avvolta dalle nebbie della sera, il vecchio Marlow inizia il suo racconto di un viaggio nel segreto di una terra selvaggia, dove l'uomo è sopraffatto dalla natura, dalla verità della sua condizione, da un "cuore di tenebra" non ancora esplorato. Marlow ripercorre la sua personale esperienza, la sua penetrazione all'interno di una mistero allora così selvaggio e ostile, in cerca di fortuna: quella che solo l'avorio può dare. Lontano dalla civiltà, l'uomo è costretto a confrontarsi con la natura e con le parti più oscure e meno nobili dell'animo umano, ed è proprio quello che succede al marinaio-narratore. Fin dall'inizio la figura di un uomo dalle straordinarie capacità, il capitano Kurtz, si insinua tra le righe. Ammirato dai vertici della Compagnia per la quale Marlow ha deciso di gettarsi in quest'avventura dagli esiti incerti, inviso da altri che mirano al comando di questa stessa organizzazione, Kurtz appare, inzialmente, sia a Marlow che al lettore, come poco più che un'immagine distinta, avvolta dalla nebbia, una "voce" che è apparentemente in grado di affascinare e quasi di stregare. Ed è proprio l'incontro con Kurtz, ormai in fin di vita, a far capire a Marlow come quei posti selvaggi siano in grado di svelare e portare a galla i lati più oscuri e primitivi, più irrazionali e pericolosi di ogni individuo, introducendolo in un mondo in cui l'uomo bianco, con la forza dei fucili, è paragonabile ad un dio e ad esso paragonato.
Il giudizio che darei a questo libro è un po' a metà: l'ho letto con piacere per il modo in cui è scritto, che ho trovato notevole, lontano mille miglia dallo stile commerciale, semplice fino a risultare banale, che molti odierni scrittori utilizzano per rivolgersi alle masse sempre più distanti di grandi linguaggi del passato, ma la trama non è particolarmente coinvolgente. Ma sono comunque contenta di averlo aggiunto alla mia personale libreria, perchè è pur sempre un nuovo tassello che si va ad aggiungere al puzzle che ogni lettore crea dentro di sè, libro dopo libro.