Partiamo dal presupposto che John Fante è uno dei miei scrittori preferiti, giusto per chiarire le cose. Ho finito di rileggere Sogni di Bunker Hill (Dreams from Bunker Hill) per l’ennesima volta; credo che, senza esagerazioni di sorta, abbia ampiamente superato la ventesima rilettura. Senza scherzi. Questo vi basterà a capire quanto questo libro e quest’autore siano importanti per me. Il libro è chiaramente autobiografico, come la maggior parte dei libri di Fante. Vede come protagonista l’alter ego di dello stesso Fante, Arturo Bandini, il personaggio fantiano per eccellenza, lo stesso di Chiedi alla polvere e Aspetta primavera, Bandini. In una Los Angeles lucente e superficiale, arrivata ad affermarsi come Mecca del cinema, Arturo Bandini sogna un futuro da scrittore, aspettando quel successo che tarda ad arrivare. Passa il suo tempo tra le strade losangeline, mai troppo generose con un terrone arrivato dal Colorado. Quasi inconsapevolmente, entra nel mondo del cinema, o meglio, vi viene trasportato da altri, controvoglia. Scrive sceneggiature che non verranno mai prodotte e si scontra quotidianamente con i paradossi e le ostilità che una grande città come Los Angeles riserva. Sogni di Bunker Hill è l’ultimo romanzo di Fante, dettato alla moglie poiché costretto cieco e senza entrambe le gambe (gli vennero amputate) dal diabete. Potremmo considerarlo una sorta di testamento letterario, composto in chiaro ed inconfondibile stile fantiano, un misto di ironia e disperazione espresse con semplicità e, perché no, anche un po’ di sana ingenuità. Consiglio, quindi, a tutti coloro che non lo hanno letto, o peggio, che non hanno mai letto niente di John Fante, di uscire immediatamente di casa e recarsi nella biblioteca più vicina per rimediare all’errore.
Partiamo dal presupposto che John Fante è uno dei miei scrittori preferiti, giusto per chiarire le cose. Ho finito di rileggere Sogni di Bunker Hill (Dreams from Bunker Hill) per l’ennesima volta; credo che, senza esagerazioni di sorta, abbia ampiamente superato la ventesima rilettura. Senza scherzi. Questo vi basterà a capire quanto questo libro e quest’autore siano importanti per me. Il libro è chiaramente autobiografico, come la maggior parte dei libri di Fante. Vede come protagonista l’alter ego di dello stesso Fante, Arturo Bandini, il personaggio fantiano per eccellenza, lo stesso di Chiedi alla polvere e Aspetta primavera, Bandini. In una Los Angeles lucente e superficiale, arrivata ad affermarsi come Mecca del cinema, Arturo Bandini sogna un futuro da scrittore, aspettando quel successo che tarda ad arrivare. Passa il suo tempo tra le strade losangeline, mai troppo generose con un terrone arrivato dal Colorado. Quasi inconsapevolmente, entra nel mondo del cinema, o meglio, vi viene trasportato da altri, controvoglia. Scrive sceneggiature che non verranno mai prodotte e si scontra quotidianamente con i paradossi e le ostilità che una grande città come Los Angeles riserva. Sogni di Bunker Hill è l’ultimo romanzo di Fante, dettato alla moglie poiché costretto cieco e senza entrambe le gambe (gli vennero amputate) dal diabete. Potremmo considerarlo una sorta di testamento letterario, composto in chiaro ed inconfondibile stile fantiano, un misto di ironia e disperazione espresse con semplicità e, perché no, anche un po’ di sana ingenuità. Consiglio, quindi, a tutti coloro che non lo hanno letto, o peggio, che non hanno mai letto niente di John Fante, di uscire immediatamente di casa e recarsi nella biblioteca più vicina per rimediare all’errore.
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