A qualcuno piace fusion (part 1)

Creato il 29 aprile 2012 da Zambo


La grande musica del XX secolo è stata definitivamente quella di impronta afro-americana, tre rami della stessa poderosa pianta: il blues, il jazz ed il rock. Delle tre la musica blues è la più povera, all’inizio suonata addirittura tipicamente da musicisti ciechi perché inabili a guadagnarsi la vita in modo più redditizio. La musica jazz è la più colta. I musicisti Jazz sanno leggere e scrivere la musica ed in molti scrivono le partiture. Quando i musicisti jazz si trovarono a lavorare con i più popolari musicisti rock si stupirono che questi abitualmente sapessero così poco di musica e suonassero ad orecchio.
Blues e rock si sono certamente incontrati, anzi “blues had a baby and they called it rock and roll”. Gran parte del rock è stato declinato nelle 12 battute del blues, dalle band rock blues e rithm & blues, e molti grandi bluesman neri, da Muddy Waters a BB King, da Howling Wolf ad Elmore James, da John Lee Hooker a Willie Dixon sono stati riscoperti e “salvati” dal rock & roll, conquistandosi un seguito di culto presso il pubblico bianco della musica rock. Anche il jazz ed il rock si sono incontrati, sia per amore di sperimentazione che per matrimonio di interesse (come per il blues, i dischi rock vendevano molto di più di quelli jazz), ed hanno avuto un figlio che si chiama Fusion. Vuole la tradizione che il primo disco fusion, o jazz rock come si chiamava allora, sia stato Bitches Brew nel 1970 ma c’erano stati altri tentativi di contaminazione. Negli USA nel 1969 i Chicago registrarono il primo disco, Transit Authority, in uno stile di scrittura che voleva ispirarsi tanto all’improvvisazione del jazz quanto alle partiture di Joan Sebastian Bach, ed un’analoga ispirazione fu cercata da Blood Sweat & Tears e Steely Dan. Nella Swinging London il tastierista Brian Auger veniva dal jazz e ne aveva immesso elementi nel dischi registrati con i Trinity, la band la cui cantante era Joolie (Julie Driscoll, poi moglie del pianista jazz Keith Tippet).
Nel 1972 Frank Zappa registrò il suo capolavoro, Grand Wazoo, un disco orchestrale che è sicuramente jazz e sicuramente rock, ma che è soprattutto Zappa. Ma il genio di Frank Zappa, com’è noto non fece scuola.
La musica jazz è caratterizzata dall’improvvisazione e soprattutto da un uso particolare del ritmo che si può definire swing e che da l’idea di portare a galleggiare la melodia su cui improvvisano i solisti. La musica fusion consiste generalmente nel fondere gli elementi del jazz con un ritmo più rithm & blues. Parlando della musica della propria band, i Weather Report, il tastierista Joe Zawinul disse che stava semplicemente di suonare il jazz sul ritmo dei Temptations, e se si ascolta Boogie Woogie Waltz su Sweetnighter si ha una precisa idea di cosa vuole dire. Una differenza sostanziale fra il jazz ed il rock (ed il pop) è la libertà che ogni band leader concede ai talenti con cui ha deciso di suonare o di registrare. Miles Davis raccontava di accennare i brani ai musicisti prima di ogni session, per poi lasciarli liberi di suonare a proprio estro, registrando non più di un paio di take o tre per non perdere la spontaneità. Charlie Mingus sosteneva di scrivere tutta la musica nella propria testa, e di suonarne al piano le parti ai musicisti lasciandoli poi liberi di interpretare spontaneamente. Quando suoni con gente che si chiama John Coltrane, Cannonball Adderly, Bill Evans non è difficile capire il perché.
Il principale padre dell’incesto fu, come si è detto, il trombettista Miles Davis. Autentica colonna portante della storia del jazz, Miles aveva suonato il be-bop nel quintetto di Charlie Parker, Bird, in cui aveva in qualche modo preso il posto di Dizzy Gillespie. Poi aveva inventato il cool jazz con The Birth Of The Cool e qualche anno dopo l’hard bop con dischi come Kind Of Blue. Ansioso di sperimentare ed anche di allargare il proprio pubblico e per niente timoroso di passare per eretico, realizzò alcuni dischi, In A Silent Way e Bitches Brew, con una formazione che si sarebbe dimostrata di li a poco, di all stars per il nuovo genere musicale: Joe Zawinul alle tastiere, Herbie Hancock e Chick Corea al piano elettrico, l’inglese John McLaughlin alla chitarra elettrica, Lenny White alla batteria… Ognuno di essi ebbe successo con una proprio band nell’arena del jazz rock (che è la stessa del pubblico del rock).
In America si formarono i Weather Report, i Return To Forever di Chick Corea, Stanley Clark e Al Di Meola, la Mahavishnu Orchestra di John McLaughlin, gli Headhunters di Herbie Hancock, Tony Williams Lifetime, ed il batterista Billy Cobham. Il jazz rock inglese subì l’influenza del jazz del giro dei musicisti dei Keith Tippett, dalle band di Canterbury, i Soft Machine, il jazz non jazz dei King Crimson di Lyzard, Brand X, il giapponese a Londra Stomu Yamash’ta, i Nucleus di Ian Carr.
Persino in Italia il jazz rock ebbe vasta popolarità, con band locali fusion come Perigeo, che aprirono ai Weather Report per parte di un tour, e con contaminazioni come in Napoli Centrale, nella PFM di Jet Lag, nei primi due dischi di Eugenio Finardi
Di tutte le band citate e dei bei (o meno belli) dischi che produssero, due sono gli indiscussi leader, uno per ogni rispettivo continente, autori di dischi belli da ascoltare ancora oggi: i Weather Report ed i Soft Machine.
(1-continua)

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