A San Martino fervono le attività. Alcuni fanno il giochetto dell’11-11-11, ma lo possiamo rimandare anche al 12-12-12 dell’anno prossimo. Altri più seri stappano le botti del vino nuovo che pare sarà di ottima qualità. Altri, e forse sono i più sfortunati, cercano di mettere d’accordo quello che resta della politica italiana per dare qualche chance in più al Belpaese ormai sempre più simile a un gorgonzola con la muffa a strisce.
Non c’è dubbio che se l’incarico, come sembra, fosse concesso a Monti si consumerebbe un vulnus della volontà del Parlamento, messo in pratica davanti a un fatto compiuto. Ma del resto il vulnus è avvenuto assai prima e per volontà degli elettori, cioè la nostra volontà. Hai voglia a dire che io non ho mai votato il Cainano né tantomeno mi sono mai illuso che producesse la soluzione epifanica dei nostri annosi problemi di sviluppo e modernità. La volontà collettiva si esprime così, anche in maniera infantile e sucida.
Quando lo scrissi tre anni fa trovai persino il modo di litigare con qualcuno, ora penso che sia diventato evidente, l’infantilismo e l’autolesionismo della classe politica, ma anche di chi l’ha scientificamente tenuta in piedi con i voti e con il consenso mediatico.
È ora di essere uomini e di pagare questa responsabilità: appendere il Fesso d’Arcore caposotto a un distributore di benzina non risolverà i problemi economici sul tappeto. Invocare la “fine dell’economia delle banche” o, come fa addirittura Grillo, “la rivoluzione”, equivale a baloccarsi con fantasie infantili. Non è così che ce ne usciremo, non ci si alza così dal tavolo del poker. Sarebbe meglio accettare l’idea che tutti perderemo qualcosa nei prossimi anni. Solo che io ho già perso molto nella mia vita precaria. E allora se proprio vogliamo fare una rivoluzione, badiamo che le perdite siano ripartite meglio, fra chi in questi anni ha guadagnato ed è stato al sicuro e chi è stato esposto a tutte le intemperie sociali.