Le nuove tecnologie e i prodotti multimediali possono essere di grande aiuto sui banchi di scuola e questo concorso vuole promuoverne l’utilizzo, diffondendo le migliori esperienze realizzate in Italia. Rivolto alle scuole primarie e secondarie, il premio è aperto fino al prossimo 18 marzo 2010
La tecnologia fornisce oggi un’occasione storica, che permette alla scuola di uscire dal suo tradizionale isolamento e di modellarsi in forme diversamente distribuite. E’ in quest’ottica che nasce il premio A scuola di innovazione – organizzato da Ministero per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione e Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in collaborazione con ForumPa – dedicato agli innovatori di domani, con l’obiettivo di favorire l’apprendimento collaborativo e lo scambio di esperienze.
Il premio è rivolto alle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado che abbiano prodotto o abbiano intenzione di produrre oggetti digitali per la didattica e che siano interessate a condividerli con il mondo della scuola.
La candidature possono essere presentate esclusivamente on line, utilizzando l’apposita scheda di candidatura, disponibile sul sito www.premioscuolainnovazione.it. L’inoltro on line delle candidature sarà possibile fino alle ore 24 del 18 marzo 2010.
Le scuole si possono candidare presentando Contenuti Didattici Digitali (CDD) appartenenti a queste categorie:
- Giochi educativi
- Lezioni ed esercizi multimediali su specifiche discipline o ambiti disciplinari
- Simulazioni ed esperimenti
- Oggetti a sostegno della didattica per i diversamente abili
- Oggetti per la sensibilizzazione su tematiche sociali, interculturali, ambientali, pari opportunità e di attualità
Cardine dell’iniziativa è lo spirito di condivisione: i contenuti digitali, infatti, devono essere distribuiti secondo le licenzeCreative Commons, che permettono agli autori di mantenere la paternità delle proprie opere e, allo stesso tempo, ne consentono l’uso simultaneo, la distribuzione o l’eventuale rielaborazione a tutti coloro aderiscono a questo modello di licenze.
I migliori oggetti proposti saranno pubblicati all’interno della Libreria Digitale del portale InnovaScuola.
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Cos’è Creative Commons?
Licenze Creative Commons (CC) è la denominazione di alcune licenze di diritto d’autore redatte e messe a disposizione del pubblico a partire dal 16 dicembre 2002 dalla Creative Commons, un ente non-profit statunitense fondato nel 2001. Sono state quindi tradotte in italiano e adattate al nostro sistema giuridico da un gruppo di lavoro del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Torino.
La filosofia su cui è fondato lo strumento giuridico delle licenze CC si basa sullo slogan “Some Rights Reserved” (alcuni diritti riservati), una graduale sfumatura intermedia fra il modello “tutti i diritti riservati” tipico del copyright tradizionale e il modello “nessun diritto riservato” tipico del pubblico dominio integrale o di una sorta di no-copyright. In sostanza l’autore può decidere quali diritti riservarsi e quali cedere a terzi, riguardo l’utilizzo dei contenuti originali da lui creati.
Una curiosità sull’origine del nome Creative Commons Nell’articolo The tragedy of the commons del 1968 (“La tragedia dei benicomuni”) l’economista Garret Hardin sosteneva che i beni comuni, ovvero quelli di proprietà di nessuno ma di cui tutti possono beneficiare, sono sempre destinati alla rovina: «La rovina è la destinazione verso la quale tutti gli uomini si affrettano, ciascuno perseguendo il proprio massimo interesse in una società che crede nella libertà di accesso ai beni comuni. Questa libertà porta la rovina a tutti quanti.» (Breve estratto della versione italiana disponibile alla pagina web www.oilcrash.com)
I teorici di Creative Commons sostengono invece che i beni come i prodotti della creatività e dell’ingegno umano non sono soggetti a deperimento poiché ogni creazione aumenta il suo valore sociale quante più sono le persone che ne possono beneficiare (oltretutto la creatività umana, a differenza di altre risorse naturali, non ha limiti). Per questo possiamo parlare di una “comedy of the commons”, dove però i beni comuni sono beni comuni creativi, appunto dei “creative commons”.