A serbian film

Creato il 24 settembre 2015 da Houssymovies2punto0 @h0ussy

In principio fu l’11 Settembre 2001. Il tempo è passato e ora per salire su di un aereo di linea bisogna che i liquidi contenuti nel bagaglio a mano non superino i 100 ml e che gli stessi vadano conservati in una busta di plastica da far controllare separatamente. A cambiare poi radicalmente è stato il cinema americano e non solo, che ha dovuto fare i conti con un prima e un dopo. Il genere horror soprattutto ha subito una vera e propria mutazione genetica, cambiando stili, tematiche e pelle. Quello che da sempre si era dimostrato un eccellente territorio di sperimentazione e provocazione, ha colto al balzo l’occasione di poter indagare quella ferita ormai in suppurazione. Aiutato e sollecitato da quello che si vedeva in televisione (le torture a Guantanamo e Abu-graib), il genere ha reagito con violenza cieca e metodo chirurgico, partorendo nuovi mostri, nuovi modi per gridare di rabbia, paura, dolore e disgusto. In un batter d’occhio hanno visto la luce la fortunata saga di Saw e i due capitoli di Hostel, anche il cinema francese ha egregiamente espresso la propria opinione con film (Frontiers, Martyrs) che hanno ridisegnato il modo di concepire l’orrore. Come profetizzato da Cronemberg, il nuovo orrore è da ricercare dentro di noi, nella nostra carne, nel ginecologico tentativo di esplorare ogni anfratto buio della nostra coscienza, dei nostri visceri. Un nuovo genere era nato, in men che non si dica una nuova parola era stata coniata, Torture-porn. Ora, dopo una via crucis durata anni, costellata di tortura, umiliazioni e crudeltà, è giunto il tempo di A serbian film e ancora una volta, in modo ancora più assoluto e radicale, l’impensabile è diventato possibile, l’insostenibile mostrabile. L’abisso di degradazione e il costante puzzo di morte che scaturiscono da questa pellicola, non hanno precedenti ne eguali, ma pur non facendo l’errore di restare fermi alla ributtante estetica messa in mostra dalla sua superficie, resta comunque compito arduo e a tratti insostenibile, cercare di accettare razionalmente ciò che ci viene deliberatamente mostrato, orgogliosamente sbattuto in faccia. Come già accaduto in passato per altre pellicole (Martyrs su tutte) il significato vorrebbe travalicare il significante ed inevitabilmente il discorso si sposta sulla politica e la società. D’un tratto in modo naturale ed atroce, una scena di sodomia, diventa l’emblema di un popolo sistematicamente e ciecamente violentato dal proprio governo. Purtroppo qui il significante è talmente atroce da non riuscire a passare in secondo piano, seppur nei confronti di un significato altrettanto potente ed importante. Con la forza di una mattonata in faccia A serbian film, proclama la propria libertà di essere e pensare, dichiarando apertamente guerra a tutto e a tutti. Senza l’accenno di un compromesso la pellicola segue inesorabile il suo percorso di disgusto e disfacimento, portandoci con se nelle profondità di un abisso senza speranza e luce. Sarebbe bello potersi svegliare da un incubo come A serbian film, sarebbe bello poterlo dimenticare o mettere da parte, ma purtroppo le atrocità che mostra sono tali da impedirci di rimuoverle, conficcate come sono nella retina dei nostri occhi ormai non più vergini, nella marcescente e nauseabonda profondità delle nostre anime. Si esce esausti da un film come questo, consci di aver perso per sempre qualcosa, spossati dalla consapevolezza di aver spalancato una porta che forse doveva rimanere sprangata. Non so dire se sia giusto fare film come questo, probabilmente in qualche modo lo è, quello che però posso dire con una certa sicurezza, è che credo sia profondamente sbagliato assistervi impreparati. Nessun uomo dovrebbe affrontare un simile calvario visivo ed emotivo, nessuno dovrebbe essere messo nella condizione di dover vedere tali orrori, tale degradante sfacelo. Epifania di disgusto, negazione di catarsi, involuzione senza ritorno ad uno stato primordiale, ferino, nauseabondo e putrescente, fin nel profondo dell’orribile, spudorata, disarmante, tremebonda e fragilissima essenza dell’essere umano. Necessario? Forse sì. Da vedere? Probabilmente mai.



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