Ho rischiato di andare in Giappone, tanto tempo fa.
Tanto tempo fa ho imparato tante cose sulla cultura di quel popolo che forse non sono mai riuscita a capire fino in fondo, ma che ho sempre rispettato.
Per esempio, che le bacchette non vanno mai infilate per dritto in una ciotola di riso, perchè lo si fa solo per "raccogliere" i morti all'uscita dal forno crematorio e quindi, oltre ad essere una cosa di cattivo gusto, è anche di malaugurio.
Che per conoscere una cosa fino in fondo devi stare seduto tre anni su una pietra a riflettere, o almeno così dicono.
Che a Tokyo le strade non hanno nome. E come fai ad orientarti? E' LOGICISSIMO! Segui uno schema simile alla battaglia navale e al malcapitato che inviti a casa tua disegni su un foglio una sorta di cartina per raggiungerla.
Che nella lingua giapponese non esistono le parolacce, ma credo che in un momento come quello che stanno passando forse ne avrebbero avuto bisogno.
Che "Ti amo" si dice "Ai Shiteru" e si legge aish'teru, dicendolo velocissimo.
Che in Giappone ci sono tre alfabeti, uno di lettere, uno di ideogrammi ed uno di lettere per le parole straniere.
Che quando vai al ristorante e devi separare le bacchette usa e getta e queste non si dividono esattamente a metà, ma si ha più legno dalla parte destra vuol dire che sono io la più innamorata della mia coppia, se succede con la parte sinistra invece il contrario.
Che i giapponesi non dicono mai di no, perchè, per la loro cultura, dire no è considerata una cosa scortese.
Che a capodanno la donna passa tre giorni e tre notti in cucina e poi si mangia per altri tre giorni.
Che le donne parlano poco e lasciano parlare il proprio uomo, poi, in separata sede, si sdanno nei commenti su tutti.
Che è vero quello che si vede nei cartoni animati, in Giappone si fa il bagno caldo tutte le sere, infatti in ogni casa tradizionale c'è una grande vasca.
Che i nomi di una persona sono generalmente formati da due ideogrammi con un significato ben preciso. La scelta degli ideogrammi condizionerà la personalità di quell'individuo per tutta la vita, per cui bisogna stare molto molto attenti.
C'è stato un periodo, tanto tempo fa, in cui ho seriamente pensato che avrei potuto andare a vivere in Giappone per seguire un amore, perchè, si sa, che l'amore pazzo non conosce razionalità.
Ma poi si cresce e si cambia, e con fatica e dolore si ammette che un amore è finito e non si ascolta altro se non Love Will Tear Us Apart per poi non riuscire ad ascoltarla mai più perchè un bel giorno ci si innamora di nuovo e altre canzoni riempiranno la vita e il cuore di significato, ma queste sono un po' le storie di tutti e non importa venire da due continenti diversi, per sapere che vuol dire dividersi dopo quasi sette anni.
E così in Giappone non ci sono più andata e forse non ci andrò mai, perchè mi farebbe troppo strano.
Ho comprato L'Abito di Piume della Yoshimoto, perchè era la mia scrittrice preferita, di cui avevo letto tutti i libri, ma non sono riuscita a finirlo e da allora non ho più letto nulla di suo. Tempo dopo ci ho riprovato e ho comprato Delfini, ma mi sono fermata alla quinta pagina.
Così è stato anche per Murakami, di cui però ho fatto in tempo a leggere Dance Dance Dance e ne sono felice, perchè è un gran libro. Sono riuscita a prestarlo anche a papà, che lo ha letto, ma lo ha trovato un po' troppo contorto. Credo che dopo lui abbia cominciato quel libro di De Cataldo che poi non ha mai finito e che io non ho ancora trovato il coraggio di leggere, ma sto divagando perchè questa è un'altra storia.
Ho letto però Né di Eva, né di Adamo di Amelie Nothomb e ho pianto alla fine.
Ho imparato a fare il sushi e anche l'origami, anche se un sushi buono come quello di Mieko San non l'ho mai più mangiato da nessuna parte.
In quasi sette anni il giapponese non l'ho mai imparato, nonostante innumerevoli tentativi, tutti falliti.
Una volta, però, sapevo scrivere il mio nome, sapevo dire una manciata di parole che forse so ancora e contare fino a cinque e addirittura che, sulle magliette della Diesel con le scritte in ideogrammi che andavano di moda nei primi anni Duemila, c'era scritto "Francesca" ( se è per questo, su una felpa di un nostro amico c'era scritto "pollo fritto", tanto chi avrebbe potuto capirlo?)
Non ho più guardato i cartoni animati e ho smesso di disegnare i manga che mi piacevano tanto.
Ma poi, come dicevo prima, un bel giorno mi sono innamorata di nuovo. E ho capito che chi diceva "mogli e buoi dei paesi tuoi" non lo diceva con cattiveria, ma con saggezza.
Eppure, se è vero che, anche se l'amore finisce, l'affetto fraterno rimane, non ce la faccio a vedere le immagini apocalittiche che riempiono i nostri telegiornali.
Non posso fare a meno di pensare che se una cosa del genere fosse successa in Italia saremmo morti tutti.
E mi viene in mente Toku, il mio ex fidanzato, che, nato e cresciuto a Firenze da genitori giapponesi, faceva l'italiano o il giapponese secondo come gli faceva comodo. Che prendeva le distanze dall'italiano medio, non mancando di far notare che i servizi giapponesi erano molto più efficienti dei nostri.
Ed aveva ragione, purtroppo per noi, per fortuna per loro. Laggiù le cose le fanno come si deve.
Ecco perchè, nonostante la catastrofe, ho piena fiducia che, anche se ci vorrà del tempo, chissà quanto, il popolo nipponico, con la dignità che l'ha sempre contraddistinto, riuscirà a rialzarsi in piedi più forte di prima.
Anche se è davvero poco, ho aderito alla campagna del sito Groupon per donare un euro.
Altre iniziative sono segnalate sul post di Lady Marian.