Lo scandalo scommesse (ri)esploso ieri non è né nuovo né sorprendente, è sempre quello, sempre il solito, in un paese avido e corrotto, lo sport principale risulta essere uno specchio mezzo frantumato di una consumata società. Come non bastasse, certe cose erano ovvie già in estate, ma il primo trofeo Birra Moretti ha annebbiato la mente del solido e fedelissimo tifoso, sempre goloso di gol, calcio giocato e parlato. E di stanche moviole domenicali. La cosa buffa è che i protagonisti sembrano usciti da un cartone animato, gente che non legge i giornali, non sa cosa succede nel mondo e cosa sia una intercettazione e compie gesti demenziali. Cristiano Doni, quello che ha più indagini a carico per scommesse che gol segnati in Serie A, ci ha deliziato negli anni con la sua esultanza a testa alta. La coscienza pulita come la fedina penale. Un altro scandalo, un'altra indagine e stavolta ci rimane incastrato, lui che nonostante i 3 anni di squalifica continuava a scommettere. E a telefonare. Chiedendo al socio di fare come Fantozzi, parlando in falsetto e, magari con l'accento svedese. Lo hanno raggiunto all'alba. Ha aperto la porta alla polizia poi ha tentato la fuga... in garage. Si è nascosto dietro la propria automobile. Giuro. Cristiano Doni in garage, dietro l'automobile. Ora è indagato pure per aver tentato di inquinare le prove e, quindi, anche di corruzione.
Braccato come un Fracchia la belva umana qualsiasi, ridottosi a topolino messo all'angolo in un garage da un gattone affamato. Pronto ad andare a processo, in un paese fantozziano che domani si scorderà di tutto per festeggiare il prossimo gol. Mentre Doni risponderà delle peggio schifezze che un calciatore possa compiere ancora difeso dalla testa degli ultras che tutto vende in cambio di fedeltà e gol. Ne uscirà qualcosa? Forse, ma forse no. La solita sabbia negli occhi, le solite difese, i soliti titoloni. Poi domenica si torna in campo. Ovviamente a testa alta.