Mimma Pallavicini da più di trent’anni rappresenta un prestigioso trait d'union tra la cultura del giardinaggio e la stampa italiana. Naturalista, grande studiosa e volto televisivo, collabora con le più note riviste di giardinaggio.
Da anni tiene un blog molto seguito in Rete in cui racconta e condivide esperienze, pensieri e percorsi professionali che hanno come protagonisti le piante e i giardini. Con i suoi libri e la sua preziosa attività di diffusione di cultura verde, affascina e istruisce da sempre gli appassionati di gardening. Con lei Vivaitaliani ha scambiato due chiacchiere sul giardinaggio nel Bel Paese.
Qual è il ruolo del giardino e dell’orto a nostri giorni?
Dovrebbero avere un ruolo centrale, soprattutto l’orto. In realtà purtroppo talvolta sono marginali rispetto alla nostra società. Di certo in Italia non sono importanti come lo sono in qualsiasi altro Paese europeo, dove quantomeno la considerazione per il mondo del giardino e dell’orto è cresciuta e si evoluta negli anni. Da noi adesso l’orto è di moda. Magari lo sarà fino all’Expo 2015 e poi gli italiani troveranno altro. Sono più di trent’anni che mi occupo di queste cose e mi sono convinta che su alcune tematiche non si vada oltre la moda nel nostro Paese. Nonostante, devo ammettere, ci sia molta gente adesso che davvero ha imparato a mangiare diversamente e a coltivarsi il proprio orto anche in città. E finalmente i genitori hanno cominciato a fare capire ai bambini quanto sia bello far sbocciare un fiore. Spesso però tutto è trattato con una superficialità che lascia senza parole. Anche tra gli addetti ai lavori. Io continuo a sgolarmi anche tramite il mio blog, per fare in modo che la gente apra gli occhi, che possa guardarsi intorno e possa imparare a leggere il paesaggio e a comprendere meglio il mondo delle piante.
Sono più di trent’anni che mi occupo di piante e giardini e mi sono convinta che su alcune tematiche non si vada oltre la moda nel nostro Paese. Nonostante, devo ammettere, ci sia molta gente adesso che davvero ha imparato a mangiare diversamente e a coltivarsi il proprio orto anche in città
Io ho sessantaquattro anni e credo di avere sempre avuto la passione per i fiori, ma in realtà mi sono occupata d’altro fino ai trent’anni. Credo di essere rimasta folgorata per strada, guardando i balconi fioriti, poi sono andata a vivere in una casa con una bella terrazza e ho cominciato a vestirla casa di piante e da lì mi si è disvelato un mondo. Mi sono iscritta a Scienze Naturali proprio a trent’anni per comprendere meglio tutto questo meraviglioso mondo. Ai tempi non comprendevo cose come la differenza tra meiosi e la mitosi e i libri non mi bastavano.
Giardinaggio e giornalismo sono due passioni che hanno punti in comune?
Nel mio caso sicuramente sì. Non avrei potuto fare giornalismo di altro tipo.
Cosa pensa del giardinaggio online? Purtroppo in Rete si leggono spesso luoghi comuni, perché talvolta queste piattaforme hanno dentro persone che non hanno competenze né di giornalismo di orticoltura. Quindi si inventano e si cercano di vendere emozioni, in un continuo rincorrersi di sensazioni, foto sfocate con solo un dettaglio messo a fuoco e poche informazioni corrette. Invece, il mondo del giardino avrebbe un grandissimo bisogno di qualcuno che se ne occupi in modo solido, con dati certi e informazioni attendibili. Se prendiamo per esempio la Francia, lì anche la massaia con l’hobby del giardinaggio, quando va al garden center per comprare un fertilizzante per i propri gerani, chiede un concime a base di azoto… qui da noi mancano anche le basi più semplici. Non è stato davvero recepito neanche il concetto di sostenibilità. E qualcuno ne approfitta. Da tempo sto portando a termine un lavoro che consiste proprio nel fare degli screen-shot delle boiate più eclatanti che vado trovando online.
Anche se per molti è un passatempo, cosa rappresenta davvero il giardinaggio? Il giardinaggio è cultura. Che poi venga praticato come un passatempo va anche bene. Non tutti certo devono occuparsene a tempo pieno. Ma a parte questa considerazione è un’immensa cultura. Basta pensare all’Inghilterra. Prima di parlare con lei stavo leggendo un testo che racconta della costa francese e della costa ligure, di Bordighera e del fiorire dei giardini che avvenuto tra il 1860 e il 1930, di tutta la storia del re del Belgio che si era accaparrato tutti i terreni attorno a Saint-Jean-Cap-Ferrat. Tutto questo solo per dirle che il giardinaggio è cultura e ci sono stati uomini che ne hanno fatto una ragione di vita.
Ha mai pensato di aprire un vivaio? Ogni tanto con mio marito riflettiamo che con alcune piante abbiamo un successo particolare... e io scherzando gli dico “piantane una fila intera”. In realtà spesso non ho tempo neanche di guardarmi attorno. A parte lo scherzo non ho mai pensato di aprire un vivaio, perché ciascuno ha le proprie competenze. Il mio ruolo è quello di affiancare chi ha un vivaio e di promuovere la sua attività. Nella divisione dei ruoli è giusto che vada così. Non mi sembra che ci siano tanti giornalisti che si siano riciclati e abbiano aperto un vivaio, mentre sono certa qualche vivaista è divenuto giornalista.
Che ruolo hanno le mostre-mercato per la diffusione della cultura del giardinaggio? Hanno avuto un ruolo importante in passato. Ultimamente però le cose sono mutate. C’è un po’ di stagnazione in questo mondo. E oltretutto nessuno controlla più niente, neanche la nomenclatura delle piante. Così si può assistere a delle cose assurde come trovare scritto "S puntato Olina" al posto di Santolina o "S puntato Oreggia" invece che Santoreggia. E quindi spesso passano anche informazioni sbagliate e tanta approssimazione. Certo qualche mostra cerca ancora di fare le cose per bene. Collaboro con Murabilia e anche con VerdeMura, l’edizione primaverile che si è svolta da poco a Lucca, dove c’è il tentativo ancora di fare della cultura botanica e umanistica. Con alterne fortune ovviamente. La speranza è che la gente s’interessi a quelle manifestazioni che avrebbero le carte in regola per divenire festival della letteratura verde, oltre che semplici mostre-mercato. Siamo ancora molto indietro e con questi tempi di crisi è difficile che qualcosa si smuova proprio ora, anche se ci sono in giro dei meravigliosi amatori e dei collezionisti seri.
Ha una pianta preferita? Il faggio è il mio albero preferito. Una volta, molto tempo fa, scrissi un articolo su “Giardini” -e per la prima volta parlai in prima persona- ammettendo che in quell’albero trovavo la mia energia. Ricordo che mi telefonò Mati di Pistoia, che sono degli storici vivaisti italiani, e mi prese in giro dicendomi che a quell’età l’energia avrei dovuto prenderla dagli uomini e non dagli alberi. Successivamente Mati mi regalò due bellissimi esemplari che oggi da più di vent’anni crescono nel mio giardino.
Se dovesse consigliare un libro a un neofita, quale suggerirebbe? Provo a promuovermi e naturalmente in buona fede. Consiglierei la collana Passione Verde, tutti libri piccoli, senza corbellerie dentro e dal prezzo molto abbordabile, dove si affrontano argomenti molto utili, dalla classificazione delle rose fino al compostaggio.
Che pianta non deve mai mancare in una casa? Il bosso perché è un sempreverde, attecchisce in tutti i climi ed è una pianta che arriva dalla nostra flora spontanea. Penso sia di un’eleganza straordinaria, può esser fatto crescere libero ma si può anche potarlo a piacimento, in omaggio all’arte topiaria di cui noi italiani abbiamo una forte tradizione. Oltretutto pretende solo un colpo di forbici ogni tanto per rimanere in forma.