Sulle sabbie di Magellano ti raccogliemmo affranta navigante, immobile sotto la tempesta che tante volte il tuo dolce petto sfidò e in due capezzoli divise. Ti rialzammo un’altra volta sui mari del Sud, ma ora eri la passeggera dell’oscuro, degli angoli, come il grano e il metallo che custodivi in alto mare, avvolta dalla notte marina. Oggi sei mia, dea che l’albatro gigante sfiorò con la sua ampiezza spiegata nel volo, quasi un manto di musica che nella pioggia eseguono le tue cieche ed erranti palpebre di legno. (…) Oggi abbiamo raccolto dalla sabbia la tua forma. Alla fine, ai miei occhi tu eri destinata. Forse dormi, ma già dormivi; sei forse morta, ma già eri morta: finalmente il tuo moto ha scordato il sussurro e lo splendore errante ha chiuso il suo periplo. Furie del mare, percosse del cielo hanno cinto di una corona di squarci la tua testa altera ed il tuo volto come una conchiglia riposa con ferite che segnano la tua fronte cullata. Per me la tua bellezza serba tutto il profumo, tutto l’acido errante e la sua notte buia. E nei tuoi seni eretti di lampada e di dea, turgida torre, immoto amore, vive la vita. Tu navighi con me, protetta, fino al giorno in cui ciò che io sono sarà lasciato cadere nella schiuma.
Sulle sabbie di Magellano ti raccogliemmo affranta navigante, immobile sotto la tempesta che tante volte il tuo dolce petto sfidò e in due capezzoli divise. Ti rialzammo un’altra volta sui mari del Sud, ma ora eri la passeggera dell’oscuro, degli angoli, come il grano e il metallo che custodivi in alto mare, avvolta dalla notte marina. Oggi sei mia, dea che l’albatro gigante sfiorò con la sua ampiezza spiegata nel volo, quasi un manto di musica che nella pioggia eseguono le tue cieche ed erranti palpebre di legno. (…) Oggi abbiamo raccolto dalla sabbia la tua forma. Alla fine, ai miei occhi tu eri destinata. Forse dormi, ma già dormivi; sei forse morta, ma già eri morta: finalmente il tuo moto ha scordato il sussurro e lo splendore errante ha chiuso il suo periplo. Furie del mare, percosse del cielo hanno cinto di una corona di squarci la tua testa altera ed il tuo volto come una conchiglia riposa con ferite che segnano la tua fronte cullata. Per me la tua bellezza serba tutto il profumo, tutto l’acido errante e la sua notte buia. E nei tuoi seni eretti di lampada e di dea, turgida torre, immoto amore, vive la vita. Tu navighi con me, protetta, fino al giorno in cui ciò che io sono sarà lasciato cadere nella schiuma.
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