A Venezia: cucina e gusti alimentari all'epoca di Carlo Goldoni.

Da Aldo @AldoLissi
In molti articoli ho già affrontato il vasto e complesso legame esistente tra il cibo e la letteratura. Da sempre in modo più o meno velato scrittori e poeti hanno documentato questo solido rapporto utilizzando il cibo per diversi scopi: mostrare magnificenza o povertà, indagare la società e contestarla, ma anche imprimere attraverso le righe abitudini alimentari ed usi gastronomici. Attraverso l'analisi di molte opere letterarie è possibile ricostruire non solo piatti, ma anche gusti, pratiche e tradizioni ormai sparite.
Possiamo quindi, in virtù di quanto appena affermato, stabilire un rapporto tra le opere goldoniane e i gusti alimentari della loro epoca? La risposta non può che essere affermativa.

(Pietro e Alessandro Longhi, Colazione in Villa,
olio su tela,1760-1799, Casa Goldoni)


La cucina del Settecento è quella che più di tutte sente i cambiamenti in corso o già avvenuti nei secoli precedenti, soprattutto se parliamo di quella veneziana.
Venezia fu per secoli una delle città commerciali e culturali più importanti al Mondo. Nel XVIII secolo tuttavia questa storia gloriosa durata secoli era in profondo declino; con la scoperta delle Americhe e la conseguente apertura di nuove rotte commerciali, il centro dei commerci si era drammaticamente spostato. La città lagunare non era più da tempo il polo del commercio delle spezie e di altre merci preziose originarie dell'Oriente. Oltre a ciò, nei secoli successivi alla scoperta del Nuovo Mondo, altri Paesi si imposero come potenze economiche. Il tentativo da parte della Serenissima di mantenersi saldamente ancorata alle proprie posizioni economiche (ormai di fatto svanite), e ai propri privilegi, non si realizzò solo nella vita commerciale e nella società. Anche la cucina fu un campo in cui tutti questi fattori influenzarono gusti e preparazioni; essa divenne così sia fulcro dei cambiamenti in corso (e penso anche alle correnti rivoluzionarie provenienti dalla Francia), ma anche degli assetti e delle caratteristiche vecchie di secoli e consolidate nel tessuto sociale e nella cultura gastronomica della città.
Per capire tutto ciò è utile tracciare, seppur molto brevemente, i tratti dell'antica cucina veneziana.

(Gaetano Zompini, Le arti che vanno
 per vianella città di Venezia, 1785)


Certamente era un insieme complesso e dinamico di elementi che la arricchivano e ne delineavano i tratti. Un ruolo fondamentale in questo senso era riservato al pane, prodotto in numerose varianti e destinatario di una particolarissima attenzione che sfociava in numerose leggi che ne regolavano ogni aspetto, dalla produzione alla vendita. Legato a questo tema, non si può non ricordare l'importante ruolo sociale e culturale che assunse il pan biscotto veneziano. La sua caratteristica tanto particolare che lo rendeva prezioso è spiegata anche da Giuseppe Tassini, storico veneziano del XIX secolo:
"Aveva la proprietà, per singolare magistero, adesso ignoto, di non subire l'attacco del tarlo".

Nel sistema produttivo dell'epoca, specialmente quello alimentare, un ruolo molto importante era rivestito dalle associazioni di mestiere, nel nostro caso specifico famose erano quella dei panettieri e dei produttori di pasta. Anche i fritoleri, produttori della frittola (frittella) possono essere inseriti in questo discorso.

(Insegna dell'arte dei Frittoleri, olio su tavola, 1784,Venezia,
Museo Correr)


Non si può poi non ricordare la produzione e il commercio di carne e derivati, ma anche (e vista l'ubicazione di Venezia appare quasi scontata) l'economia del pesce, il suo commercio e il grande ruolo nella cucina veneziana.
E' in questo panorama sociale e culturale poliedrico che si innesta la presenza dell'aspetto gastronomico nelle opere goldoniane.
Carlo Goldoni, noto veneziano, (Venezia, 25 febbraio 1707 - Parigi, 6 febbraio 1793) fu un drammaturgo, scrittore, librettista e avvocato italiano.
Nelle sue opere sono presenti non solo le mode di un'epoca intera, ma anche i gusti di una società, la struttura sociale e culturale su cui si basava il modo di cucinare e di rifornirsi delle derrate alimentari; la loro analisi è un elemento essenziale per comprendere in modo più pieno un pezzo rilevante della cucina della Serenissima. Tuttavia sono presenti anche commistioni con le mode culinarie francesi, tanto che tra le strofe di un poemetto scritto in onore delle nozze di due personalità veneziane, il nostro autore afferma:
"Ora costa una cena, un desinare,
 quel che costava un carnovale intero.
 Par non si possa in compagnia mangiare
 senza un cuoco francese il vin straniero.
 una conversazion non si può fare
 che non rechi l'invito un gran pensiero.
 Tanto la soggezion salita è in su,
 che la vera allegria non s'usa più"

Come è stato visto ora in minima parte, nelle sue opere compare la volontà di mostrare e quindi documentare abitudini, usanze, riti, non solo dell'alta società, bensì di tutto il popolo. Ogni descrizione quindi evidenzia i tratti distintivi di un ceto; in questa logica gli strati sociali bassi vengono analizzati nella loro miseria, nelle povere abitudini alimentari, ma anche nei loro sogni e nei desideri, che si incarnano nelle maschere del teatro goldoniano.
Dal lato opposto vengono documentate anche le abitudini unite al desiderio di "mostrare" tipico della classe borghese, il ceto sociale che in tutta Europa e indirettamente anche a Venezia si stava imponendo non solo con i propri gusti, ma anche e soprattutto con il proprio modo di intender ed agire che diverrà ancora più marcato nel secolo successivo e sarà uno dei temi dominanti delle opere di molti scrittori.
L'orgoglio di una Venezia che come dissi all'inizio, nonostante non fosse più da tempo il perno del commercio, si manifestava a tavola nella volontà di esibire la propria potenza, è bene descritta dalle parole dell'oste di "Chi la fa l'aspetta" (1764):
"La comanda, e non la dubita gnente. Semo a Venessia, sala! No ghe nasse gnente, e ghe xe de tutto, e a tute le ore, e in t'un batter d'occhio se trova tutto quel che se vol. La comandi!"

La lista delle vivande che ne segue risulta lunga ed articolata, con numerosissime proposte e varianti, materializzazione chiara e significativa delle aspirazioni ancora vive nella società.

(Gaspare Diziani, Insegna dei cuochi, 1738, Venezia,
 Museo Correr.)


Nelle sue opere però i termini gastronomici vengono utilizzati anche per spiegare meglio alcuni personaggi, oppure identificarne determinate caratteristiche salienti; nell'opera "Il gondoliere veneziano", ad esempio, uno dei protagonisti viene apostrofato con l'epiteto "sier mandolato" che, sebbene nella realtà dell'epoca fosse una preparazione dolce, diventa il mezzo per identificare l'animo dolce e corteggiatore del personaggio. L'utilizzo di tali termini o preparazioni non si ferma qui, il loro impiego viene esteso a situazioni o avvenimenti, in "Arlecchino servitore di due padroni", secondo il dottore il matrimonio è simile ad una confettura, una marmellata o uno sciroppo di frutta molto dolce.
In molte opere sono presenti alimenti o bevande considerati molto pregiati e quindi costosi, come la cioccolata in "Le femmine puntigliose" (1750), chiaramente intesa come bevanda; rimanendo in tema, anche il caffè, nell'opera "La sposa persiana" Goldoni fornisce addirittura la ricetta per la sua preparazione!.
Sono tanti gli esempi che potrebbero essere ancora citati per analizzare meglio la presenza del cibo nelle opere di Goldoni e capire meglio il suo secolo. Credo comunque che questo breve viaggio abbia fornito interessanti e validi spunti di analisi per comprendere il complesso ma avvincente rapporto tra cibo e letteratura.
Leggendo un'opera si può quindi anche ricostruire le abitudini alimentari di un popolo o di un Paese in un determinato periodo e collegarli con esattezza a fatti storici o politici, eventi culturali e sociali.
In fondo Goldoni ha narrato un'intera società, quella veneziana, anche attraverso le sue abitudini e riti alimentari, e ci ha restituito un quadro vivido e assolutamente affascinante di un pezzo d'Italia.