La dittatura al potere in Brasile dal 1964 al 1985 violò i diritti civili
La Comissão Nacional da Verdade del Brasile (Commissione Nazionale per la Verità) ha consegnato il rapporto inerente ai crimini commessi dal regime militare che fu al potere dal 1964 al 1985. L’organismo è stato incaricato dal Parlamento di Brasilia nel 2012 e ha svolto un lungo ed accurato lavoro di indagine che ha portato a risultati incontrovertibili: la dittatura ha sistematicamente praticato l’omicidio politico, la tortura e l’intimidazione nei confronti di oppositori politici e soggetti considerati sospetti. L’analisi contiene molti documenti e si basa su un nutrito numero di testimonianze di cittadini brasiliani che vissero in quegli anni.
Il testo è diviso in tre volumi, è composto da 3380 pagine e illustra i reati commessi contro 434 oppositori, dei quali 210 sono dati per dispersi e 224 per morti (ma solo 33 corpi sono stati individuati). Inoltre vegono indicati i nomi di 377 responsabili, di cui un centinaio sarebbe ancora in vita. Secondo la commissione per questi ultimi non andrebbe applicata l’amnistia del 1979 perché le loro azioni potrebbero essere perseguibili come crimini contro l’umanità. Tuttavia sarà difficile intraprendere questa strada dato che nel 2010 il Tribunale Supremo Federale ha statuito che anche i reati di tortura erano da considerarsi amnistiati.
Dalle carte viene confermato il coinvolgimento di Stati Uniti e Regno Unito. I due Paesi non solo intrattennero ottimi rapporti con i presidenti che si susseguirono ma offrirono loro anche un importante supporto nell’addestramento per gli interrogatori. Risulta infatti che gli ufficiali brasiliani ricevettero un’ottima “formazione” a Londra e Panama per quanto riguarda la messa in atto delle torture sia corporali sia psicologiche.
A tale riguardo l’ex colonnello Paulo Malhães, uno dei pochi responsabili che ha collaborato con la commissione, ha rilasciato dichiarazioni agghiaccianti definendo il Regno Unito come «il posto migliore dove imparare» la tortura psicologica. Essa «non lasciava segni fisici ed era molto più efficace rispetto alla forza bruta soprattutto quando si voleva provare a trasformare i militanti in agenti infiltrati». Due settimane dopo aver collaborato con la commissione, Malhães è stato trovato morto nella sua casa in circostanze tutte da chiarire: in molti pensano che sia stato assassinato per impedirgli di fornire ulteriori informazioni.
Nel presentare il rapporto la presidente Dilma Rousseff ha affermato che il lavoro della commissione rientra tra «i gesti che costruiscono la democrazia e il Brasile merita di sapere la verità, e verità non significa revanscismo». Lei stessa fu vittima delle torture: nel 1970 fu catturata dai militari, tradotta in carcere perché militante di Avanguardia Armata Rivoluzionaria e seviziata. Alla fine della prigionia era deperita e accusava un problema alla tiroide che si trasformò poi in un cancro.