A voi, Sanremo. A me… tutto il resto (tranne il jazz)

Da Scribacchina

Sì, sì, son tornata sana e salva, soliti lettori: la patria dell’Octoberfest m’ha rilasciata.
E’ stata permanenza curiosa, con precise aspettative e tutt’altri risultati. Già vi dissi ch’era mia ferma intenzione cercare un jazzclub dove trascorrere serenamente le serate; ebbene, jazzclub non ne trovai, ma trovai tanta
réclame di musica live. Cose sulla falsariga di quelle che potete vedere qui sotto:

Mi duole ammettere di non aver mai sentito nominare i Sacred Reich; i Rammstein, però, li ho sentiti eccome, e noto (notate pure voi, nel manifesto qui sopra a destra) come la piaga delle tribute band sia male universale.

Non contenti, questi signori tedeschi si son ingegnati di resuscitar dai morti la Kim Wilde, che in Italia non si sente nominar dagl’anni Ottanta, e d’accostarne il manifesto a quello degli Schandmaul; questi ultimi pare siano una band tedesca di folk rock medievale. Sarei proprio curiosa di vederli in azione, questi folk rock medieval giovini: qualcosa mi dice che una comparsata del Blackmore in un lor concerto ci starebbe bene.

Ma passiam alla musica live. Dicevo: niente jazzclub, la ricerca è stata vana; trovai però tutt’altro: ad ogni angolo di strada, una formazione sempre diversa ch’eseguiva brani i più varii. Cover, materiale originale, musica non meglio precisata. Come questi bravi giovinetti, immortalati nella foto sotto mentre eseguivano la nauseabonda It Girl del Jason Derulo:

O come i sottostanti signori, intenti a proporre musica macedone:

Tutto questo mentre voialtri, in Italia, vi sorbivate il carrozzone sanremese; già sapete che Scribacchina è molto cauta nei pareri negativi sulla musica altrui, ma per una volta farò un’eccezione e vi confesserò che Emma Marrone e la sua Non è l’Inferno (che ascoltai al tiggì serale poco fa) sono un qualcosa di orripilante. Una Gianna Nannini bastava e avanzava (e se pure non c’era, personalmente non ne avrei sentito la mancanza).

***

A margine, mi preme fare una considerazione che nulla ha a che vedere colla musica e che si può sintetizzare colle seguenti parole: «L’ignoranza, gran brutta cosa». Essì, soliti lettori: provatevi ad andar nella terra dei crauti sapendo soltanto italiano, inglese e francese; della lingua locale, soltanto le parole più turistiche: grazie, prego, buongiorno, buonasera, ciao.
Com’era prevedibile, di sera in birreria nessuno tra i commensali era in grado d’interpretare la carta delle birre in purissima lingua teutonica, salvo intuire che
«blonde» sta per «bionda» e che «weizen» è «weizen» (universale). Ebbene, la vostra Scribacchina temeraria, notata una «Bier Radler» incastonata tra una blonde da 500 cl e una schwarz da 300, decise ch’era il caso di tentar la fortuna; trascorsero cinque minuti di fitta curiosità, tutti a domandarsi se la «Radler» fosse di color ambrato e se avesse o meno gusto amaro.

Se provate a cercare sul dizionario tedesco-italiano la parola Radler, vi uscirà un significato del tipo ciclista o pedalatore. Beh, non date retta al vocabolario. Questi signori tedeschi hanno lo scherzo facile.
Una birra Radler non è nient’altro che un disgustoso intruglio di birra e gazosa. Quella che in Italia chiamiamo panaché.

Scribacchina fu oggetto d’infinita ilarità, quella sera.
Oh, va da sé che il bicchiere di Radler fu abilmente abbandonato in altro angolo del tavolo. Quasi intonso.


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