Vengo da un periodo in cui vari accidenti mi hanno tenuta a casa dal lavoro: prima la varicella di Ettore, poi un virus con febbrone per me.
Sto recuperando pian piano, ma il bello dell'essere malati in estate (almeno, in questa strana estate in cui si ha ancora bisogno del piumino di notte e del pile in casa) è che dopotutto si può anche stare fuori.
Ettore non ha mai avuto la febbre, quindi l'unico motivo per cui l'ho tenuto a casa è che al centro estivo non l'avrebbero accettato. Ed io sto meglio fuori al sole che in casa con 20 gradi.
I bambini sono liberi. Ormai grandi, giocano, vanno in bici, fanno le loro scoperte (abbiamo in un barattolo un'enorme, davvero enormissima e disgustosa, larva di maggiolino - immagino nel senso di maggiolino Volkswagen, viste le dimensioni).
Io li ascolto in sottofondo, li disinfetto e li consolo se si fanno male, li subisco quando si annoiano. Gli insegno qualcosa quando me lo chiedono, gli racconto storie vere e inventate. Quando ci sono stati temporali, abbiamo guardato insieme qualche film e mi si sono innamorati del primo Harry Potter.
Insomma, io con i miei figli sto bene. Talmente bene che, quando sto con loro, mi sembrerebbe quasi giusto starci sempre.
E invece è giusto il contrario. Proprio adesso, che stanno spiccando il volo, è giusto che stiano coi loro coetanei, che facciano sport o musica, che abbiano bravissimi insegnanti a cui affezionarsi.
È giusto che vogliano andare al centro estivo del CUS, anche se il mio portafogli ne soffre orribilmente.
Intanto domani pomeriggio andranno in piscina con i nonni, e io comincerò a disintossicarmi.
PS: queste sono le ultime immagini di Amelia con i capelli lunghi. Di sua spontanea volontà e senza alcuna pressione da parte mia, se li è fatti tagliare corti. Ma corti corti.