A volte càpita

Da Desian
A volte ci sono giorni che stanno così sospesi, come un ponte gettato tra due sponde alte. Ma alte. E il vento che lo scuote, lo fa dondolare. Tu sopra.
A volte li guardo, se fanno i compiti, tagliati (nel senso di metà dentro e metà fuori) dal cono di luce della lampada da tavolo. Oppure distesi a terra, leggere a voce alta una storia. Che le parole quasi non vengono: d'altronde, l'uomo piccolo ha appena imparato a leggere e ne ha voglia, lo fa. Ma è buffo.
A volte li accompagno (o meglio loro mi precedono saltellando sul marciapiede) ai giardini, lei coi pattini lui rigorosamente terrestre quindi a piedi, e vedo le gamberelle secche scivolare insieme ai pattini sull'asfalto.
A volte capita di passare un sabato nel delirio assoluto, tra la visita alla caserma dei pompieri, accompagnare la donna grande ad un compleanno, il pranzo da preparare (quasi nei ritagli di tempo tra una corsa e l'altra), il tornare a prendere la donna grande. E lì capita che il pomeriggio si consumi a correre su un prato o dietro un pallone da basket. O stravaccati sul sacco del salto in alto.
A volte capita di cogliere uno sguardo intimorito perché la bambina alla fine di quello sguardo è LEI e la tenerezza che c'è nello sguardo e in quel timore (di non essere all'altezza?) ti strapazza il cuore. E capisci. E ricordi quando capitava a te, ere geologiche fa, sui banchi di scuola di sentirti così inadatto. Così ragazzino che non ce l'avrebbe mai fatta.
A volte capita di ridere a crepapelle (ma a crepapelle, eh!) rotolandosi con l'uomo piccolo sul pavimento e inseguendosi tra le sedie e facendosi solletico uno con l'altro. Tanto che la tua pelle sembra il recettore dell'intero universo.
A volte capita che capitino cose un po' magiche un po' malinconiche un po' faticose. Belle. Che se capita di mettersi a ripensare com'era il mondo quando tutto questo non c'era, quasi il respiro manca. Quasi il ricordo trema. Quasi non c'era nulla, prima di essere qua.