Troppi la venerano, troppi l’hanno in bocca, il livello rosso di allarme è già stato abbondantemente superato: questa equità ha ormai la credibilità di una baldracca, con tutto il rispetto per le traviate di buon cuore. L’equità, come tutte le parolette sue sorelle, ha la brutta e sospetta abitudine di abbondare nella bocca degli stolti quando la più meschina diffidenza trionfa tra i componenti del consorzio umano. Sull’onda possente di un coro fraterno ed egalitario i reprobi sono condotti alla ghigliottina. E là dove alza la voce il Leveller prospera la Guerra Civile. Non mi sono bevuto neanche una parola della retorica interessata contro la Casta, perché dovrei piegarmi davanti all’idolo dell’Equità? Casta ed equità. Equità e casta. I cuochi di questa broda maleodorante sono gli stessi che censuravano il populismo ridanciano del Cavaliere. Il loro è dieci volte più profondo e pericoloso. La stessa società pubblica di riscossione dei tributi, disdegnando – in omaggio servile alla moda giustizialista, che è quella equa e solidale quando fa la faccia cattiva – la sua chiara e leale denominazione originale, Riscossione S.p.A., ha voluto furbescamente cambiarla qualche anno fa in quello ruffiano di Equitalia S.p.A.: non ha trovato un amico che sia uno, e alla fine sono arrivate pure le bombe. Bombe criminali, ma piangano tutti quelli che nel loro piccolo hanno contribuito a questa ossessione egalitaria, legalitaria e vittimistica.
Avremmo bisogno, in Italia, e non solo, di fare esattamente il contrario, di liberarci di questa zavorra materialistica fatta di invidie e paure. Di guardare avanti. Chi predica contro la Casta ed abbraccia l’ideale dell’Equità mostra la stessa mentalità meschina di chi difende a denti stretti la propria “corporazione”, e getta il paese in un groviglio di mutue recriminazioni. In un paese in salute, un paese veramente solidale, capace di vedersi in prospettiva futura, l’individuo non sta lì a guardare ossessivamente nelle tasche degli altri; riesce ad avere la percezione che tutto è in movimento, e che l’andare avanti, non il fermarsi continuamente a fare e rifare i conti, costituisce la più preziosa assicurazione sulla vita della società di cui fa parte. Da ciò nasce una solidarietà più robusta, fatta di consapevoli e intrecciati interessi. Allo sviluppo del quale sta però un diffuso miglior sentimento morale. La “lotta” ai privilegi, al malcostume, ai piccoli egoismi, ai furbi che gabbano le leggi va avanti lo stesso, ma senza quelle aspettative messianiche che la guastano e che la sbugiardano.
Ed è questa stessa zavorra materialistica ad aver creato i debiti pubblici e privati che hanno messo in ginocchio l’Occidente. L’incapacità di dare tempo al tempo, di commisurare il livello di vita alle proprie possibilità, di accettare il normale “sacrificio” del risparmio, ha minato alla base le nostre economie, tra crescite drogate dal denaro facile, e quindi irrispettose delle priorità, da una parte, e ipertrofismo statale dall’altra: a ben guardare due facce della stessa medaglia. La dittatura dell’oggi che ha guidato quest’involuzione oggi si riflette sulla politica. Privi di un futuro all’orizzonte, gli spazi di democrazia si restringono: tutto viene ricondotto alle categorie del giusto e dell’ingiusto. Per noi, in questo quadro, il governo dei tecnici è il logico e malsano punto d’arrivo. Per noi, e per tutti gli altri, il Prestatore di Ultima Istanza il Salvatore. O l’Angelo Sterminatore.
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