Abbondio, chi era costui?

Creato il 02 gennaio 2016 da Il Viaggiatore Ignorante

...Per una di queste stradicciole, tornava bel bello dalla passeggiata verso casa, sulla sera del giorno 7 novembre dell'anno 1628, don Abbondio, curato d'una delle terre accennate di sopra: il nome di questa, né il casato del personaggio, non si trovan nel manoscritto, né a questo luogo né altrove. Diceva tranquillamente il suo ufizio, e talvolta, tra un salmo e l'altro, chiudeva il breviario, tenendovi dentro, per segno, l'indice della mano destra, e, messa poi questa nell'altra dietro la schiena, proseguiva il suo cammino, guardando a terra, e buttando con un piede verso il muro i ciottoli che facevano inciampo nel sentiero: poi alzava il viso, e, girati oziosamente gli occhi all'intorno, li fissava alla parte d'un monte, dove la luce del sole già scomparso, scappando per i fessi del monte opposto, si dipingeva qua e là sui massi sporgenti, come a larghe e inuguali pezze di porpora...

Chi di voi non è stato attratto dalla figura di don Abbondio?

Alessandro Manzoni dove potrebbe aver trovato informazioni per costruire questo personaggio?

Prima ancora di affrontare l'ispirazione del grande scrittore, vorrei includere un passo di Sciascia a ricordo della figura del curato Abbondio, per comprendere che non sempre i deboli sono i perdenti: " don Abbondio è forte, è il più forte di tutti, è colui che effettualmente vince, è colui per il quale veramente il "lieto fine" del romanzo è un "lieto fine". Il suo sistema è un sistema di servitù volontaria: non semplicemente accettato, ma scelto e perseguito da una posizione di forza, da una posizione di indipendenza, qual era quella di un prete nella Lombardia spagnola del secolo XVII. Un sistema perfetto, tetragono, inattaccabile. Tutto vi si spezza contro. L'uomo del Guicciardini, l'uomo del "particulare" contro cui tuonò il De Sanctis, perviene con don Abbondio alla sua miserevole ma duratura apoteosi. Ed è dietro questa sua apoteosi, in funzione della sua apoteosi, che Manzoni delinea - accorato, ansioso, ammonitore - un disperato ritratto delle cose d'Italia: l'Italia delle grida, l'Italia dei padri provinciali e dei conte-zio, l'Italia dei Ferrer italiani dal doppio linguaggio, l'Italia della mafia, degli azzeccagarbugli, degli sbirri che portan rispetto ai prepotenti, delle coscienze che facilmente si acquietano... ".

Alessandro Manzoni ha affidato il nome di Abbondio al curato tanto discusso, ispirandosi ad un personaggio famoso e venerato nella terra ove è ambientato il romanzo dei Promessi Sposi.

Le spoglie di Sant'Abbondio sono tuttora conservate nella Basilica a lui dedicata nella città di Como. Poche sono le note biografiche che ci permettono di scoprire il personaggio. La tradizione lo ritiene nato in Grecia, nella città di Tessalonica. Le notizie importanti ci portano al 450, anno in cui diviene vescovo di Como. Non si discosta dall'operato dei suoi contemporanei, spendendo buona parte della vita nelle valli alpine per sradicare il morbo pagano dalla mente delle persone. Un teologo divenuto predicatore. Altri seguiranno.

L'anno della morte non si conosce con precisione.

Nell'anno 818 una chiesa eretta in memoria dei santi Pietro e Paolo, sorta al di sopra di una preesistente costruzione paleocristiana, fu dedicata al vescovo greco divenuto simbolo del bene nei confronti del paganesimo alpino. Con il cambio di dedicazione, l'edificio sacro ottenne anche il titolo di Cattedrale, onore che rimase sino all'anno 1013, quando il vescovo Alberico trasferì la cattedra all'interno delle mura della città di Como, affidando la chiesa ai monaci benedettini che la riedificarono in stile romanico.

Il moderno visitatore ha la possibilità di ritornare al Trecento grazie agli affreschi presenti nel presbiterio della chiesa ora divenuta Basilica.

Il ciclo pittorico, d'anonimo artista, appartiene al primo Trecento Lombardo.

Nell'arco trionfale, che conduce al presbiterio, troviamo la rappresentazione dell'Annunciazione con figure di santi poste nel sottarco. Nell'arco precedente il catino absidale si può ammirare un Cristo benedicente affiancato da due arcangeli. In otto tondi si notano figure di Patriarchi, Profeti e Santi.

Nel cilindro absidale, diviso in cinque fasce, possiamo ammirare venti episodi della vita di Gesù. I temi iconografici sono due: la Natività e la Passione.

Nella rappresentazione delle scene l'ignoto maestro utilizza il proprio tempo come base per la costruzione dei personaggi. I soldati che assaltano gli innocenti sono del tempo in cui il frescante vive e non risalgono all'epoca dei fatti narrati. Potremmo utilizzare il termine di mimesi aristotelica: Nell'estetica aristotelica, mimesi acquista un significato positivo, come imitazione della forma ideale della realtà, per cui l'operare dell'artista diventa simile all'operare della natura. Ripreso nella critica letteraria contemporanea, il termine indica generalmente la rappresentazione di una realtà ambientale, sociale, culturale, ecc., attuata perseguendo a varî livelli l'obiettivo di una riproduzione il più possibile realistica e impersonale di tali realtà.

Il programma iconografico si conclude con la fascia bassa del catino absidale dove i nostri occhi incontrano una miriade di personaggi minori, il Tetramorfo e figure fantastiche di chiaro gusto medievale.

- Manzoni Alessandro, I promessi sposi.

- Sciascia Leonardo, Cruciverba.

- Zottoli Angelandrea, Il sistema don Abbondio.


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