A..Berlino…!!..ovessst….

Creato il 29 novembre 2011 da Gianpaolotorres

In Germania ai tempi del Muro.

 

Uno dei tanti posti di frontiera  della DDR con l’occidente.

Rientrato definitivamente in Europa nel 1983,mi ero prefissato che forse anche pane e cipolla erano più gustose a casa mia.

Non c’era altro riservato per me,scoprii infatti che anche avendo un buon curriculum, italiano in precedenza, e d’oltre oceano successivamente, quest’ultimo da noi valesse come quello di un operaio specializzato,forse. Vedete come siamo generosi con i nostri connazionali emigrati che rientrano pieni di esperienza dai mondi lontani,in fondo anche a Colombo che gli aveva scoperto le Americhe furono riservate catene ed un processo.

Non ci scappa nulla a noialtri europei. Andai a fare un giro nel biellese ed in Valsesia per rendermi conto di persona di come la vedessero con coloro che avevano lavorato la lana fuori dallo stretto ambiente delle nostre amate valli,bene,ve lo dico subito,mi vedevano stra-male.E non era questione di lenti.

Gli dava fastidio che gli avessi portato via da sotto il naso qualche buon ordine,ero stato un loro concorrente,ed ora che ero nelle canne per trovare un posto mi trattarono con disprezzo.

..Ha avuto quello che si meritava,non doveva andare nelle Indie a insegnargli come cercare di fottere a noi biellesi,che sul mercato siamo i più forti…

Lo erano, per fortuna 30 anni fa,oggi forse,anzi ieri, gli avrebbe fatto più comodo la mia esperienza di allora.Ma la presunzione,ed un pizzico di superbia  di esser bravi, ed esclusivi,ti porta a scendere gli scalini,senza manco accorgertene,e di finire in cantina anche dietro a turchi.. cinesi.. e..coreani.

Così va il mondo. Nel 2011.

A Como che era stata la mia culla professionale non ebbi maggior fortuna.

C’era …il Poulain d’Oro che impazzava ed imperversava,il purosangue d’oro….una specie di galletto che era considerato l’emergente.. da tutte le aziende della città,le portò infatti quasi tutte al bordo del fallimento.. dove non arrivò a fermarlo a tempo qualche titolare.

Ma eravamo non amici,se pur dandoci del tu,e lui in quel momento era in fase buona,una delle tante ascendenti.. e dato che si sentiva della inferiorità .. nei miei confronti.. voleva far vedere che mi avrebbe potuto aiutare,per essere invidiato.

Mi presenta ad un industriale dicendo che.. si’ ero stato un venditore..con una certa…esperienza dell’America latina… come se gli altri milioni di chilometri che avevo sul gobbo,li avessi fatti dalle Hawaii ai Caraibi e ritorno, in vacanza.

Insomma una bella presentazione,da vero amico, e di lì,capii che anche nel comasco, di potenziali rivali non ne volevano.

Anzi,che gli stavo sulle balle.

A quel punto decisi che era meglio andarmene in ferie.

Ma il reduce deve riabituarsi, avevo bisogno di fare vacanza lontano da tutto,soprattutto dall’Italia,infatti i miei viaggi precedenti di lavoro includevano sempre il nostro paese,ma non erano riposo quando ti trovi sempre ingarbugliato in qualche matassa dove il lavoro ti riappare ogni giorno.

Mi iscrissi ad una scuola di lingua tedesca a Berlino Ovest,per tagliare la corda da Vercelli.Due mesi.Forse tre.

Faccio le valigie,il pieno,e parto in auto da solo.

Per strada ho amici a Monaco di Baviera,e non mi spaventa l’andar solitario,me ne farò degli altri nuovi quando arrivo,e poi,solo con me stesso,son vissuto per anni.

A quell’epoca il corso dei miei pensieri non era definito,un’anziana signora tedesca che era la mia padrona di casa nelle Indie mi aveva suggerito di scegliere Berlino e così feci. L’accento secondo lei,era migliore. Ma in conclusione non servì a nulla,non imparai mai a parlare in tedesco.Nè con l’accento bavarese nè con quello del Brandeburgo.

Passai  dal Brennero  e via,sino alla frontiera con la DDR. La Ex Germania comunista.

Sembrava  che tutte le reti di ferro,le torrette,i fari,le guardie armate,i cani,puntassero più a tenere in gabbia i propri concittadini che non a difendersi da un attacco esterno,e non li ricordo né sgradevoli,né altro,mi guardarono i documenti con cortesia, ed entrai.

 

Per gradire,il manto autostradale era ancora in materiale ruvido e maltenuto,e credo di ricordare che il tragitto sino a Berlino Ovest fosse di oltre tre ore di durata,c’era un limite alla velocità,e pochissimo traffico,le segnalazioni indicavano che non potevi fermarti a fare due chiacchiere con nessuno per strada,nè prendere alcuna fotografia,era un’autostrada a modo suo,senza guard rails e caselli,e lungo il suo percorso era tutta  abitata.

Quindi, più simile ad una strada statale,ma a quattro corsie,divisa nei due sensi da una barriera longitudinale di quelle solite.Mi fermai una sola volta per il rifornimento,dove era segnalato fosse abilitato per gli stranieri,a motivo del tipo di carburante usato,con più ottani.

Il benzinaio mi indicò dove cambiar l’acqua al pappagallo,forse mi feci un caffè sgradevole e mi sgranchii un po’ le gambe,senza ricevere una parola in più di benvenuto, o un sorriso. In breve, gli stavo forse sulle balle anche a lui.Che musica..lavorava per lo stato,infatti,non per sè.

Ed il ricordo si perde in quella noiosità del tragitto e del sapere già in anticipo che i tedeschi dell’est erano inospitali probabilmente solo a causa del clima politico. Alles verboten,tutto proibito,soprattutto con gli stranieri di passaggio,loro li vedevi lungo la strada dinanzi le case,maschi, femmine, bambini,ti davano un colpo d’occhi,li ricambiavi e finiva lì.

Non un cenno di saluto.Se si fosse rotta l’auto dovevi usare i telefoni  predisposti  per parlare con la loro polizia,non chiedere soccorso a qualsivoglia trovassi per strada.Il tipo di manto stradale rendeva l’auto estremamente rumorosa. E la radio non trasmetteva che menate,niente musica pop o rock ..contro-rivoluzionarie.

Fui fortunato a non essere multato per eccesso di velocità.Lo facevano quasi con tutti,e mi toccò in un’altra occasione,uscendo da Berlino in direzione Praga.Saltarono fuori da un cespuglio in due con tanto di paletta urlando.. Alt!

Facevano la faccia cattiva solo per convincermi a mollare cento marchi buoni,di quelli dell’ovest,in quattro e quattro otto,senza fare storie o litigare. Dovevano tornare nascondersi in fretta per il prossimo pollo straniero in arrivo. Si dedicavano infatti solo a stranieri in valuta estera.

In questa opportunità non vedevo l’ora di arrivare a Berlino Ovest,e quando iniziarono ad apparire i  cartelli di benvenuto ,scritti in inglese per le truppe USA, tirai un sospiro di sollievo.

Rientravo nell’Europa libera,o liberata o liberale.

Welcome,benvenuti, di qui e di la,e fuori dalle scatole,ero partito da Monaco di Baviera di mattino ed erano ormai  le sei  di sera passate quando approdai in Hotel in attesa di passare l’indomani alla Casa dello studente,dove avrei pernottato per i mesi del corso.

Il Muro lo ricordo bene.

In fondo, Berlino Ovest era una piccola città in stato di asfissia,l’attività economica agonizzante, ma l’ambiente era cordiale,poi avevamo compatrioti anche lì,ed erano i tempi della canzone.. Sono un italiano…

Visitai in quei mesi quello che c’era da vedere,avevo tempo,e mi compiacevo del passo dell’oca dei soldati russi di guardia alla porta di Brandeburgo,quando cambiavano le sentinelle.

C’erano soldati americani in abbondanza,pochi inglesi e francesi,e naturalmente russi.

Se l’erano divisa in quattro,ma i dispetti erano più tra i russi contro tutti,che non i tutti.. tra di loro.

A farla breve era un vero casino andare di là, a est,e soprattutto ai check-points,posti di controllo.

All’andata,era passabile.

Calcolavano a occhio quanto potevi mollare giù di valuta pregiata,ed eri benvenuto o quasi,al rientro,invece,quando pensavano che non ti avrebbero più rivisto,si potevano permettere di prenderti a calci nel sedere,non servivi più,ti avevano già spremuto.

Alt di qui,Alt di là,apri di qui,chiudi di là,accendi motore,spegni motore,arrivavano poi  con uno specchio con ruote, da infilare sotto l’auto a cercare qualcuno che si fosse nascosto sotto il pianale dell’auto,insomma era una tortura.

Scendi dall’auto,visto da timbrare,cani lupo,Kalaschnikov,per me il tutto era uguale a… nazisti…

Non ti sorridevano neanche a crepare.Ed erano tedeschi,non i soldati  russi,che invece erano dei bonaccioni,tutti ragazzi di leva.

In realtà,i russi, che a me sorridevano, sono un popolo descritto come l’orso che sonnecchia,e volevano umiliare il tedesco nel loro cuore,a Berlino,e sapete come è andata poi a finire,ma vedete,il regime è regime,e la povera gente fa pena dappertutto,e soprattutto la vendetta, non porta altro….che a vendetta,e meglio quindi, sarebbe mandar giù,e se puoi, perdonare o chiudere un occhio.

Ma i russi erano stati invasi due volte dai tedeschi in quarant’anni.E la prima volta,negoziando coi rivoluzionari che volevano chiudere il tutto in fretta,i tedeschi se ne erano approfittati alla grande,e la seconda fu addirittura peggio.

Quello che vedo ancora bene nella mia memoria,è il carcere di Spandau,ora demolito,per evitare rigurgiti nazisti, ci stava dentro Hess.Il demolire edifici storicamente compromettenti non è un buon segno.Anche le truppe naziste in ritirata..avevano l’abitudine di cercare di nascondere col tritolo i misfatti per i quali avrebbero potuto un giorno..se mai..essere chiamati a giudizio.

Anche al carcere c’erano i turni di guardia divisi per quattro nazionalità.Incredibile vedere quanti soldati si dessero il cambio per fare la guardia ad un ottantenne che,voglia di uscire,non ne aveva più.

Me lo girai con calma dal di fuori,pensando al passato,a Speer il ministro dell’industria che era già stato mandato a casa ed a quei pochi altri che l’avevano condiviso.

Che dire? Che Speer aveva organizzato il lavoro per gli schiavi,il lavoro forzato, anche per noi italiani dopo il 8 settembre,i nostri erano morti di fame e di stenti e di freddo,e lui a casa…

Il lago del Wansee circondato da boschetti magnifici, lido estivo dei berlinesi ,con la sua triste eredità della soluzione finale del problema ebraico, ivi decisa da quattro assassini in divisa.

Che vedere  il Reichstag mezzo ridotto a brandelli,con qualche mostra fotografica all’interno, non mi faceva tanta pena,e neppure dare un’occhiata al prato attorno,dove pareva avessero bruciato i resti del Fuhrer con signora e la famiglia Goebbels al completo.

Anche i figli di Goebbels avevo pensato,avvelenati dai genitori.

In breve, una gabbia di matti pericolosi.

Cosa si salvava era la Unter den Linden..la..sotto i tigli…un magnifico viale di tigli con prati attorno per amoreggiare sotto il sole,già ai tempi di Bismarck.

 E la vittoria alata,un diavolo di obelisco con la scultura della vittoria copiata da quella di Samotracia in cima, tutta color oro simbolo della vittoria di Sédan contro Napoleone III e l’altra precedente di Sadowa contro gli austriaci, l’incoronazione ad Imperatore del Kaiser Guglielmo I e l’unificazione tedesca del 1871,per mano del cancelliere Bismarck.

E sotto sotto…meglio tacere.

Gli anziani che conobbi dicevano di essere stati tutti socialisti e perseguitati,e che vivevano male anche nel settore ovest nel vedere una ex-capitale ridotta al ruolo di una città ultra marginale.

I castelli dei regnanti erano ad est,a Potsdam,ma ci andai in pullman per evitare di farmi rovistare l’auto in su ed in giu.

Castelli,chiese,musei,caserme del 1700,una meraviglia.

E viaggiare in gruppo ci faceva respirare,la maggioranza erano americani,e la gita organizzata a volte ha i suoi vantaggi,innanzi tutto per difenderti dagli attacchi di quelli che stavano di fuori come i diffidenti poliziotti della DDR che avevano sempre un controllo in più da farti in qualche piega del vestito,con la speranza condivisa di ..non rivederti più.

E per il momento..pare proprio che..non ci rivedemmo.. più.


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